4 ottobre 2024 venerdì SAN FRANCESCO DI ASSISI – MATTEO 11,25-30 “Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.
“Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 11,25-30
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Mediti…AMO
Della nascita di Francesco non si conosce con certezza né il giorno, né il mese e neppure l’anno.
Comunemente, si accetta il 1182 come anno della sua venuta al mondo.
Sia alla nascita che al fonte battesimale, il padre Pietro di Bernardone dei Moriconi, era assente, e la madre, la nobil donna Pica Bourlemont, d’origine provenzale, gli mise il nome Giovanni. Era una famiglia della borghesia nascente della città di Assisi.
Al ritorno dal viaggio di lavoro in Francia, il padre lo chiamò Francesco.
Riceve la prima formazione in famiglia, specialmente dalla madre Pica, molto devota e pia.
Intorno ai 6 anni frequenta il primo grado di istruzione per 5 anni.
E molto probabile, invece, che, per la sua elevata condizione economica e per assicurarsi una qualsiasi apertura alla vita sociale o alla carriera militare, Francesco abbia frequentato anche un corso di formazione superiore, presso qualche abbazia vicina.
Da giovane aspirava a entrare nella cerchia della piccola nobiltà cittadina, per questo ricercò la gloria tramite le imprese militari, finché comprese di dover servire solo il Signore.
Si diede quindi a una vita di penitenza e solitudine in totale povertà, dopo aver abbandonato la famiglia e i beni terreni.
Nel 1209, in seguito a un’ulteriore ispirazione, iniziò a predicare il Vangelo nelle città, mentre si univano a lui i primi discepoli.
Accolse poi la giovane Chiara che diede inizio al Secondo Ordine francescano, e fondò un Terzo Ordine per quanti desideravano vivere da penitenti, con regole adatte per i laici.
Francesco morì la sera del 3 ottobre del 1226 presso la chiesa di Santa Maria degli Angeli ad Assisi.
È stato canonizzato da papa Gregorio IX il 16 luglio 1228, e Papa Pio XII ha proclamato lui e santa Caterina da Siena, Patroni Primari d’Italia, il 18 giugno 1939.
I resti mortali di colui che è diventato noto come il “Poverello d’Assisi”, sono venerati nella Basilica a lui dedicata ad Assisi, precisamente nella cripta della chiesa inferiore.
San Francesco ha veramente realizzato il Vangelo che la liturgia ci fa proclamare nella sua festa: ha ricevuto la rivelazione di Gesù con il cuore semplice di un bambino, prendendo alla lettera tutte le parole di Gesù.
Ascoltando il passo evangelico nel quale Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il regno, ha sentito rivolte a sé quelle parole, che diventarono la regola della sua vita.
Ed anche a quelli che lo seguirono egli non voleva dare altra regola, se non le parole del Vangelo, perché per lui tutto era contenuto nel rapporto con Gesù, nel suo amore.
Le stimmate che ricevette verso la fine della sua vita, sono proprio il segno di questo intensissimo rapporto, che lo identificava con Cristo.
Francesco fu sempre piccolo, volle rimanere piccolo davanti a Dio, e non accettò neppure il sacerdozio, per rimanere un semplice fratello, il più piccolo di tutti, per amore del Signore.
Anche per noi il giogo del Signore sarà dolce, se lo riceviamo dalle sue mani.
Nella lettera ai Galati, san Paolo, ci dà la possibilità di capire meglio alcuni aspetti di questo giogo, con due espressioni, che sembrano contradditorie, ma sono complementari.
Portare i pesi degli altri: questo è il giogo del Signore.
Ecco il giogo, che consiste nel caricarsi del peso degli altri, anche se farlo ci sembra duro.
E, per chi se ne è veramente caricato, IL GIOGO DIVENTA DOLCE.
Mi piace ricordare due fatti salienti della vita di Francesco.
Il Natale di Greccio
Amore e fantasia in Francesco vanno sempre insieme, per il suo animo naturalmente poetico. Lo si evidenzia principalmente nel Natale del 1223, in cui lo spirito poetico spinge Francesco a rappresentare l’evento storico dell’Incarnazione, che gli ricordava la discesa sulla terra dello stesso Dio, rivestito di umiltà povertà e innocenza, quasi a simboleggiare i tre voti della scelta esistenziale. Rappresentazione che spiritualmente si può leggere anche come un peana di ringraziamento per il dono ricevuto dell’approvazione della Regola dalla Chiesa, pochi giorni prima (29 novembre). Così, nel bosco di Greccio, Francesco rievoca per la prima volta la rappresentazione natalizia: nasce il Presepe! Della sua vita, forse, questo sembra l’“episodio più delicato e anche più ardito”, da cui prende inizio l’arte nuova della pedagogia “realistica”, sganciata dall’imperante simbolismo: la rievocazione dei fatti evangelici o la Bibbia dei poveri.
L’ “ultimo sigillo”
Il Natale non è disgiunto dalla Pasqua: ontologicamente la Pasqua precede e perfeziona il Natale.
Di conseguenza, il Natale rivissuto da Francesco non poteva non proiettarsi verso la Pasqua, che, per sé, è sempre preceduta dalla sofferenza della Croce. Così, senza saperlo, Francesco si prepara a ricevere il “sigillo” pasquale sul sasso della Verna. Le sue richieste di “sentire nell’anima” la Croce, e di provare “nel cuore” la gloria della risurrezione, vengono inaspettatamente assecondate dal Cristo, che, per lui, inventa il dono delle Stigmate. E così, Francesco, dal 14 settembre 1224, divenne un alter Christus. Il divin Poeta immortala l’evento con la terzina: “Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno / da Cristo prese l’ultimo sigillo / che le sue membra due anni portarono” (Paradiso, XI, vv. 106-108). Il termine “sigillo”, raffigurante l’Agnus Dei, secondo l’uso dei lanieri, garantiva l’autenticità della merce, soltanto dopo il terzo o “ultimo sigillo”. Applicato a Francesco voleva significare che, con le Stimmate, o “ultimo sigillo”, la sua santità non aveva bisogno di altra autenticazione. Dopo l’episodio delle Stimmate, Francesco è certamente stanco e sofferente. Il Vicario Generale, frate Elia, insieme al Vescovo Guido di Assisi cercarono di farlo riposare e curare. Venne ospitato a San Damiano da Chiara e le sue Sorelle. E qui, Francesco compose il suo capolavoro Il Cantico delle creature o, meglio, Il Cantico del Creatore.
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!