34 DOMENICA T.O. N.S.G.C. CRISTO RE DELL’UNIVERSO – Gv 18,33-37 “sono forse io Giudeo?”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Giovanni 18,33-37

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

IL SENSO DELLA SOLENNITA’ ODIERNA

Nell’ultima domenica dell’anno liturgico celebriamo la solennità di Cristo Re dell’Universo: a lui appartengono la gloria ed il potere.

La solennità di Cristo re dell’universo, originariamente collocata all’ultima domenica di ottobre, era stata istituita nel 1925, al termine dell’Anno Santo, per affermare la sovranità di Cristo in contrapposizione ai sovrani terreni e per affermarne la superiorità anche sociale.

Con il Concilio Vaticano II la solennità è stata opportunamente collocata a conclusione dell’anno liturgico e con la forte sottolineatura del carattere spirituale del regno di Cristo, non in concorrenza con poteri umani ma superiore ad essi, non nel domino ma nel servizio all’uomo.

Il Cristo in questa domenica ci vuole far comprendere cosa significa la sua regalità e la sua potenza, che non si basano sulla forza di governare, ma sul dare testimonianza alla verità. Solo la verità infatti ci annuncia il grande amore di Dio per noi.

Infatti per festeggiare la Solennità di Cristo, re dell’universo, la Chiesa non ci propone il racconto di una teofania splendente, ma, al contrario, la scena straziante della passione secondo san Giovanni, in cui Gesù umiliato e in catene compare davanti a Pilato, onnipotente rappresentante di un impero onnipotente.

Scena in cui l’accusato senza avvocato è a due giorni dal risuscitare nella gloria, e in cui il potente del momento è a due passi dallo sprofondare nell’oblio.

Chi dei due è re? Poco importa, perché i giochi sono fatti.

Ciò che conta è il dialogo che avviene questi due uomini, che rimane come insegnamento.

Pilato infatti, da buon pagano, non capisce niente, né dei Giudei, né di Gesù (Gv 18,35), né del senso teologico del dibattito ed è irritato dal comportamento degli Ebrei ottusi (non avevano nemmeno accettato di portare la loro divinità nel Pantheon, dove i Romani mettevano anche gli dèi delle popolazioni occupate) (Gv 18,38).

  • Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

Questa domanda – nel versetto successivo al testo liturgico – così emblematica che non attende risposta, ci consegna la confusione di Pilato.

Non c’è né ironia né disprezzo ma ci tramanda il senso della incomprensione di Pilato e di tanti politici dopo di lui, che non hanno capito nulla né della regalità né della verità.

Lo scontro tra Gesù e Pilato non è un dialogo filosofico sulla verità; è un interrogatorio tragico dentro un vero processo.

L’intero Vangelo di Giovanni, dall’inizio alla fine, è segnato dall’idea dello scontro tra la luce e le tenebre, tra la fede e l’incredulità, tra Gesù e il mondo.

Ora siamo all’epilogo, all’ultima udienza. Dietro Pilato, che rappresenta l’impero romano e i giudei, c’è il mondo che si oppone al Figlio di Dio e che sembra vincere: Gesù è catturato, condannato, caricato della croce, crocifisso.

Ma con il Figlio di Dio è la verità di Pilato ad essere rovesciata; è il mondo ad essere giudicato e condannato.

Il Figlio ci assicura “Abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!”, e muore in croce squarciando le tenebre del peccato e della durezza del cuore dell’uomo.

Ed è l’agnello immolato, la vittima, a vincere con la resurrezione.

L’agnello è immolato ma, infatti, rimane ritto in piedi, è l’unico vincitore.

Anche i fatti sono a rovescio.

Più che consegnato dai Giudei nelle mani di Pilato è Gesù che si consegna alla volontà del Padre.

E, IRONIA DELLA SORTE, LAVANDOSENE LE MANI, È LO STESSO PILATO A CONSEGNARE IL FIGLIO AL PADRE, PER LA SALVEZZA DEL GENERE UMANO.

E lo fa, Pilato, perché in tutta questa vicenda, HA CAPITO UNA COSA. QUESTO GESU’ NON È UN PERICOLO PER ROMA.

Mentre per Gesù conta una sola cosa, ed è la VERITÀ (Gv 18,37).

Quella verità a cui ha reso testimonianza in tutta la sua vita:

  • la verità sul Padre,
  • la verità sulla vita eterna,
  • la verità sulla lotta che l’uomo deve condurre in questo mondo,
  • la verità sulla vita e sulla morte.

Tutti campi essenziali, in cui la menzogna e l’errore sono mortali. Ecco cos’è essere re dell’universo: entrare nella verità e renderle testimonianza (Gv 8,44-45).

Finalmente l’inconoscibile è svelato; LA VERITÀ È L’AMORE DEL PADRE, RIVELATO NEL FIGLIO.

LA VERITÀ È DIO-AMORE DISTESO TUTTO SULLA CROCE.

Il cristianesimo è incompatibile con il potere del mondo perché il Crocifisso è la sconvolgente testimonianza della potenza dell’amore del Padre.

E la domanda di Pilato resta l’interrogativo più profondo che tiene sospeso ogni uomo, fino a quando, illuminato dallo Spirito Santo, non alza lo sguardo A COLUI CHE HANNO TRAFITTO e comprende CHE LA VERITÀ È LA PASQUA DI GESÙ.

Tutti noi siamo chiamati a condividere la sua regalità, se “ascoltiamo la sua voce” (Gv 18,37). È veramente re colui che la verità ha reso libero (Gv 8,32).

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

Siamo all’ultima domenica dell’anno liturgico e può essere questa l’occasione di fare una sintesi di quanto il vangelo di Marco e quello di Giovanni (cap. 6) ci hanno donato nel corso dell’anno.

Che Gesù è il Figlio di Dio ci è stato annunciato da uno straniero, da un pagano che ha visto un uomo morire in croce, e che il pane è perfetto non quando è cotto a puntino, lievitato al punto giusto, dorato e croccante, ma quando gliene manca un pezzo perché è stato condiviso con chi era nel bisogno.

Ci è stato annunciato nel discorso sul Pane di Vita quando in estate abbiamo ascoltato il capitolo 6 del vangelo di Giovanni.

L’anno che termina allora speriamo sia stato come un tuffo, un’immersione (il significato della parola Battesimo) nell’amore di Dio; speriamo sia stato come un dirci che questo amore non è scontato, ma si deve riflettere nella freschezza dell’amore vicendevole che gli uomini sono chiamati a donarsi, per mettere la loro vita l’uno nelle mani dell’altro.

Forse sta proprio qui la confusione in Pilato, le sue perplessità, il suo stupore di fronte uno che di regale non ha proprio nulla. Di fronte a Gesù chissà che Pilato non abbia anche tirato un sospiro di sollievo, perché aveva compreso che il Nazzareno non avrebbe mai potuto usurpare il suo potere!

Gesù mostrava una regalità rovesciata, diversa. Era un re senza sudditi che lo proteggevano, come si conviene ad un re.

Ma con il figlio di Dio non funziona così, perché è Lui che difende noi, che lotta, che vince, senza eserciti, né con la violenza, né con la forza.

Vince semplicemente testimoniando la verità Vivendo una vita autentica e non recitando una parte.

Ma Gesù è il più grande dei re di questo mondo, perché annuncia, rivela il volto d’amore di Dio, e ciò è quanto di più distante ci possa essere dal binomio re=potere politico.

Gesù è Re non perché comanda, ma perché ama al punto da dare la vita. È un vero re che vuole il bene per suo popolo: infatti dona -PER AMORE- la vita a chi incontra, perché gli comunica la vita stessa di Dio.

E proprio questa è la risposta alla domanda di Pilato “…che cosa hai fatto?

E Cristo risponde… semplicemente questo: con parole, gesti, segni, scelte, vi ho comunicato, vi ho trasmesso -con amore e per amore- la vita di Dio!

Sulla croce Cristo Figlio di Dio, allora, ci inculca la logica dell’amore e del servizio e la sua stessa agonia ci ragguaglia del fatto che solamente il dono di sé può trasformare e redimere, e proprio in tutto questo egli TESTIMONIA E RENDE VISIBILE la sua regalità.

Cristo è DI DIRITTO IL RE DELL’UNIVERSO.

Certamente lo è PERCHÉ PARTECIPE DELL’ETERNITÀ DIVINA ACCANTO AL PADRE E ALLO SPIRITO SANTO E PERTANTO FORTE DELLA REGALITÀ DI DIO, CHE È UNIVERSALE E INDISCUSSA:

Egli è Dio perché Figlio consustanziale al Padre e allo Spirito Santo.

Ma la sua regalità si VEDE soprattutto nella sofferenza e nella morte di croce.

ED È RAPPRESENTATA QUELLA CORONA DI SPINE, CHE ESPRIME IL DOLORE CHE COMPORTA QUESTO REGNARE A VANTAGGIO DELL’UOMO.

Per Cristo REGNARE e SERVIRE sono due concetti CHE CI PARLANO DELL’AMORE.

La VERA REGALITA’ non sarà mai esercitata quando MANCANO queste prerogative, perché chiunque è a capo di una nazione in realtà DEVE ESSERE IN MEZZO A TUTTI COME COLUI CHE SERVE (Lc 22, 26).

Quale governo o quale regime di autorità terrena non è preposta – IN UN MODO O NELL’ALTRO- alla persecuzione del bene comune e della giustizia?

Anche il più spietato dei dittatori deve esercitare sul suo popolo un ruolo di tutela dell’ordine e della giustizia. Non importa quali siano i sistemi.

C’è però da dire che quando questo non si realizza con la convinta volontà di amare e di servire coloro che ci sono sottomessi qualsiasi regime è destinato a fallire.

Qualsiasi autorità è destinata a soccombere a sé stessa qualora persegue ogni fine, tranne quello di avere a cuore il bene dei sottoposti.

Questi due uomini, Pilato e Gesù, sono uno di fronte all’altro.

E rappresentano il confronto di due poteri opposti:

  • Pilato, circondato di legionari armati, è dipendente dalle sue paure;
  • Gesù, libero e disarmato, dipende solo da ciò in cui crede. Un potere si fonda sulla verità delle armi e della forza, l’altro sulla forza della verità.

Chi dei due uomini è più libero, chi è più uomo?

È libero ED È RE, SOLO chi dipende UNICAMENTE DA CIÒ CHE AMA, perché la verità lo ha reso libero.

  • “Dunque tu sei re? Il mio regno però non è di questo mondo”.

Torna in ballo la differenza cristiana che Gesù aveva già consegnato ai suoi discepoli:

  • voi siete nel mondo, ma non del mondo. I grandi della terra dominano e si impongono, tra voi non sia così”.

Il suo regno è differente non solo perché riguardi l’aldilà, ma perché propone la trasformazione di «questo mondo».

I regni della terra, si combattono, perché il potere di quaggiù ha l’anima della guerra e di conseguenza, si nutre di violenza.

Invece Gesù non ha mai assoldato mercenari, non ha mai arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da prigioniero.

«Metti via la spada», aveva detto a Pietro. Altrimenti la ragione sarà sempre del più forte, del più violento, del più crudele.

Dove si fa violenza, dove si abusa, dove il potere, il denaro e l’io sono aggressivi e voraci, Gesù dice: non passa di qui il mio regno.

I servi dei re combattono per i loro signori. Nel mio regno no! Anzi è il re che si fa servitore dei suoi: non sono venuto per essere servito, ma per servire.

Ecco perché Gesù è autenticamente Re, per questo è nato, per questo è venuto al mondo.

La SUA regalità dà il suo pieno significato alla sua vita e alla morte. Non è entrato nella vita come re, MA LO È DIVENTATO PROPRIO NELLA MORTE, QUANDO L’INCARNAZIONE HA RAGGIUNTO LA SUA PIENEZZA.

ALLORA LA VERITÀ È FINALMENTE RIVELATA, PERCHÉ EGLI STESSO È LA VERITÀ (Gv 14,6).

Questa è la buona notizia!

  • “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce

Con la sua morte e resurrezione Gesù annuncia in pienezza la verità a coloro che si mettono in ascolto di lui: “affinché per l’annunzio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami” (DV proemio)

 

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!