21.12.2021 MARTEDI’ FERIA PROPRIA ANNO C – Luca 1,39-45 “A cosa devo che la madre del mio Signore venga a me”

 

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

L’angelo se n’è appena andato, fine delle apparizioni, fine dello straordinario.

Come si sarà svegliata, Maria, il giorno dopo l’annuncio? Troppe le cose che sicuramente, le attraversano la mente.

E Giuseppe? Col passare dei giorni tutto si semplifica, Giuseppe viene, in gran segreto e le parla di sogni, di decisioni, di salvezza. Non può essere casuale. Allora decidono di fare l’unica cosa sensata: vogliono capire se e quanto è vero ciò che sta accadendo e vanno dalla cugina Elisabetta per vedere se davvero aspetta un bimbo.

Sono di fronte, le due donne. Entrambe in questa condizione per VIRTÙ DELLA GRAZIA E DELLA POTENZA DI DIO, che ha reso fecondo il loro grembo, uno vergine, l’altro sterile.

Entrambe portatrici di un figlio voluto da Dio, tende per due concepimenti sui quali dimora una straordinaria e unica vocazione da parte di Dio:

  • Il figlio di Maria si manifesterà come Messia, Figlio del Dio Altissimo, re sul trono di David (Lc 1,32-33);
  • il figlio di Elisabetta come colui che “camminerà davanti al Messia con lo spirito e la potenza di Elia” (Lc 1,17), profeta ripieno di Spirito santo ancor prima di nascere. Ecco dunque donne e due promesse.

È Elisabetta a parlare e fa il più bel complimento mai reso alla Madre di Dio: “…Beata colei che ha creduto”. E Maria lo ha fatto.

Si è fidata, perché ha lasciato spazio a Dio, ha lasciato che potesse agire nella sua vita.

Da suo canto, Elisabetta ha atteso un figlio per anni, poi ha iniziato a invecchiare, finché ha capito che il proprio corpo non poteva più generare.

E, insieme al grembo in lei si era spenta anche la speranza, e la povera donna si era chiusa in un silenzio cupo e dolente.

Improvvisamente un giorno, Zaccaria era tornato a casa scosso e radioso. Elisabetta sapeva bene che Dio compie cose impossibili, ma occorre fidarsi, credere.

Ma ciò che è successo alla sua piccola cugina supera ogni possibilità di immaginazione.

Maria è madre dell’umanità redenta perché è stata la prima a credere nel Dio dell’impossibile.

Che meraviglia queste due donne. Diverse per età eppure coinvolte dalla stessa follia di Dio:

  • una sarà la madre del Battista,
  • l’altra del Messia.

Danzano e ridono, cantano ubriacate dallo Spirito, perché tutto ciò che è accaduto è la realizzazione di ogni attesa, di ogni speranza, di ogni promessa.

DANZANO PERCHÉ ORA SANNO CHE ACCADE. HANNO LA PROVA CHE DIO È IN MEZZO A NOI.

La cugina, alla sua voce di saluto, esulta di gioia e con lei il bimbo che porta in grembo.

Maria è descritta dall’Evangelista Luca come la vera Arca Santa. Ed ecco la SIMBOLOGIA CHE INIZIA A BRILLARE:

  • Nell’Esodo Mosè aveva costruito sotto il comando di Dio l’Arca dell’Alleanza (Es 25,10-21); nell’Arca erano conservate infatti le due tavole della legge di Mosè, le tavole dell’Alleanza. Essa era per Israele luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.
  • Ma ormai il simbolo ha ceduto il posto alla realtà. Il tempo è compiuto! DIO NON ABITA PIÙ UN’ARCA, ABITA UNA PERSONA, UN CUORE: MARIA. Maria è l’arca dell’alleanza, perché ha accolto in sé Gesù; ha accolto in sé la Parola vivente, tutto il contenuto della volontà di Dio.

E ancora…

Elisabetta piena di Spirito Santo la benedice, benedice il frutto delle sue viscere e le chiede con meraviglia: “A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? “.

NELL’Antico testamento anche il re Davide nel trasferimento dell’Arca a Gerusalemme esclamò: “«Come potrà venire da me l’arca del Signore?» (2Sam 6,9).

Notiamo però una differenza: “l’arca del Signore” di Davide diventa “Madre del mio Signore- Kyrios” in Elisabetta.

Maria porta in sé il Salvatore! Non lasciamoci rubare lo stupore, la meraviglia di questa verità: Dio si è fatto carne nel grembo di una donna! Ha vissuto dentro di Lei come in un tabernacolo!

Tutto questo avviene nel frattempo, in due donne che parlano l’una all’altra, che si ascoltano e si rallegrano lodando Dio.

Il suono della voce di Maria raggiunge Elisabetta, che “canta” a lei e per lei.

E la confessione della FEDE di Elisabetta raggiunge Maria, che canta il Magnificat (Lc 1,46-55):

  • L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli.

Questa è la storia del Messia, del Figlio di Dio fattosi uomo tra di noi.

Di questo sono eloquente dimostrazione due donne, Elisabetta e Maria. DUE DONNE CAPACI DI FEDE NELLA PAROLA DEL SIGNORE, E DI COMUNICAZIONE VICENDEVOLE.

La storia di queste due donne ci dice come non sia irrilevante AVERE CAPACITA’ E BISOGNO DI COMUNICAZIONE.

DA ESSE DOBBIAMO TRARNE ESEMPIO per capire la necessità e l’urgenza di confidarci reciprocamente le attese.

Se pensassimo alla grazia di tanti nostri incontri, avremmo la possibilità di comunicarci momenti di bellezza, racconti dello Spirito, entusiasmo, gioia, consolazione, sostegno, fedeltà! I tanti accadimenti dello Spirito che sconvolgono la nostra vita!

Credo proprio che sarebbe una nuova pentecoste, una nuova primavera dello spirito… una nuova vita migliore…

E come non dire qualcosa dei due uomini implicati in questa storia?

  • Zaccaria è muto, afono per la sua poca fede;
  • Giuseppe pensa di ripudiare Maria in segreto (Mt 1,19).

Certamente non erano capaci di fede come le loro spose, ma non erano neppure capaci di relazione, di cura dell’altro e di carità, come invece lo sono queste due donne. Tra l’altro, la storia di Zaccaria, ci insegna che, non avendo creduto alle parole dell’angelo che annunciava nascita nel grembo di sua moglie, donna ormai sfiorita, divenne muto.

Come a dire che se non ci si affida a Dio, se la vita è segnata prepotentemente dalla diffidenza, non abbiamo più parole da dire, ma solo parole mute, che non dicono nulla a nessuno. E NULLA SI REALIZZA!

Il problema di questo nostro contesto storico è che abbiamo allontanato Dio dalla nostra vita. Ma abbiamo anche allontanato la sacralità dal nostro corpo. E non parliamo più della nostra “immagine di Dio”.

Scrive in merito, con grande dolore, un pastore protestante presbiteriano, teologo, psicanalista e poeta brasiliano, uno dei fondatori della TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, RUBEM AZEVEDO ALVES (1933-2014):

  • “Abbiamo pensato di incontrare Dio dove il corpo finisce: e l’abbiamo trasformato in bestia da soma, in esecutore di ordini, in macchina per il lavoro, in nemico da mettere a tacere, e così lo abbiamo perseguitato, al punto di far l’elogio della morte come via verso Dio, come se Dio preferisse l’odore delle tombe alle delizie del paradiso. E siamo diventati crudeli, abbiamo permesso lo sfruttamento e la guerra. PERCHÉ SE DIO SI TROVA AL DI LÀ DEL CORPO, ALLORA AL CORPO TUTTO PUÒ ESSERE FATTO” (Rubem A. Alves, Il canto della vita, Qiqajon, 2013, p. 11).

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!