31 luglio 2024 Mercoledì S.IGNAZIO DI LOYOLA– MATTEO 13,44-46 “…vende tutti i suoi averi…e la compra”.
“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 13,44-46
+ In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Parola del Signore
Mediti…AMO
IGNAZIO DI LOYOLA, grande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, nacque ad Azpeitia, un paese basco, nel 1491.
Era avviato alla vita del cavaliere, la conversione avvenne durante una convalescenza, quando si trovò a leggere dei libri cristiani.
All’abbazia benedettina di Monserrat fece una confessione generale, si spogliò degli abiti cavallereschi e fece voto di castità perpetua.
Nella cittadina di Manresa per più di un anno condusse vita di preghiera e di penitenza; fu qui che vivendo presso il fiume Cardoner decise di fondare una Compagnia di consacrati.
Papa Paolo III nel 1538 diede l’approvazione canonica alla COMPAGNIA DI GESÙ, da Ignazio fondata, che fu da subito animata da zelo missionario: i Preti Pellegrini, o Riformati (solo in seguito assunsero il nome di Gesuiti) vennero inviati in tutta Europa, e poi in Asia e nel resto del mondo, portando ovunque il loro carisma di povertà, carità e obbedienza assoluta alla volontà del Papa.
Da solo in una grotta prese a scrivere una serie di meditazioni e di norme, che successivamente rielaborate formarono i celebri Esercizi Spirituali.
Il 31 luglio 1556 Ignazio di Loyola morì. Fu proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV.
La personalità di sant’Ignazio è molto ricca e complessa, per cui ne consideriamo solo due aspetti: la grazia che egli aveva di trovare Dio in tutto e la ricerca perseverante della volontà di Dio, nella luce di Cristo.
Ignazio ha avuto la grazia di vedere Dio in tutto; di contemplarlo nella creazione, nella storia, di trovarlo non soltanto nelle cerimonie religiose ma nelle azioni di ogni giorno e in ogni circostanza: dicono che egli si commuoveva fino alle lacrime davanti a un fiorellino, perché in esso vedeva la bellezza di Dio.
E incoraggiava i suoi compagni a vedere in tutto la gloria di Dio, a trovare Dio in tutto, ad amare Dio in tutto.
Trovare Dio in tutto è un segreto molto importante per la vita spirituale.
Dio non è un essere solitario, che se ne sta in cielo: è un Dio presente in tutto, e non solo presente, ma che agisce in tutto, e sempre con il suo amore.
La ricerca di Dio per sant’Ignazio era una realtà e non un sogno indistinto, non lo cercava con l’immaginazione e la sensibilità; voleva realmente trovarlo e per questo ricercava in tutto la volontà di Dio.
Era un uomo riflessivo, che studiava, esaminava e cercava con pazienza la soluzione più giusta.
Ignazio confidava di poter trovare la volontà di Dio mediante la preghiera, nelle consolazioni e nelle desolazioni dello spirito.
Quando si trattava di cose importanti egli rifletteva per settimane intere, pregava, offriva la Messa, per trovare quello che Dio voleva.
Così la ricerca di Dio era molto concreta, e altrettanto concreto il suo vivere con Dio.
Egli ebbe un desiderio ardente di conoscere Cristo intimamente, di amarlo, di servirlo per sempre con tutto se stesso.
E ricevette la risposta del Padre, a La Storta, in una visione che lo colmò di gioia “Io voglio che tu mi serva“.
Servire il Padre e il Figlio, il Padre per mezzo del Figlio fu la felicità di sant’Ignazio, in un amore totale: trovare Dio e trovarlo nell’essere compagno di Cristo.
Ma veniamo al testo evangelico che oggi la Liturgia ci regala.
Il Vangelo che ci è stato annunciato è un pressante invito ad accogliere il mistero del regno dei cieli. L
e due parabole sottolineano la decisione del contadino e del mercante di vendere ogni cosa per puntare tutto sul tesoro che hanno scoperto.
Nel primo caso si tratta di un contadino che casualmente lo trova nel campo dove sta lavorando.
Non essendo di sua proprietà deve acquistarlo se vuole entrare in possesso del tesoro.
Di qui la decisione di rischiare tutti i suoi averi per non perdere l’occasione davvero eccezionale.
Il protagonista della seconda parabola è un ricco trafficante di preziosi che da esperto conoscitore ha individuato nel bazar una perla di raro valore.
Anche lui decide di puntare tutto su quella perla, al punto da vendere tutte le altre.
Di fronte a queste scoperte, per ambedue inaspettate, la scelta è chiara e decisa.
Certamente si tratta di vendere tutto quello che si possiede, ma l’acquisto è impareggiabile.
Si chiede un “sacrificio”, come ad esempio suggerisce il Vangelo nell’episodio del giovane ricco, ma il guadagno è enormemente superiore, perché il “Regno dei cieli” vale questo sacrificio.
Le due parabole, infatti, ci dicono che questo regno è tanto prezioso da convincere chiunque a stravolgere la propria vita. In ognuno di noi c’è un sogno e Dio offre ad ogni persona la possibilità di realizzarlo.
Il sogno che alberga dentro di noi si chiama libertà, avventura, mettersi in gioco, rischiare continuamente: e cioè vincere la paura che ci attanaglia per lanciarci verso nuove mete, per fare un salto verso l’Infinito.
È questo l’ideale che il vangelo continuamente ci propone, il quale purtroppo spesso è offuscato da tante sovrastrutture che il tempo e i cristiani stessi hanno contribuito a mettere in piedi.
Regno dei cieli, dunque, non ha niente a che fare con le istituzioni che, per associazione di idee, ci vengono in mente, ma è linguaggio umano per indicare una realtà che ci sovrasta; è metafora per indicare la pienezza di vita che si può trovare solo mettendosi sotto la SIGNORIA DI DIO.
Ma attenzione, Fratelli e Sorelle, questa parabola contiene una bella notizia: esiste un tesoro che dà alla vita umana un valore incomparabile.
Il tesoro non è qualcosa ma “Qualcuno”, È LA PERSONA STESSA DI GESÙ.
Ma questo tesoro è nascosto in un campo, non è visibile, non risplende in modo così evidente da far dire a tutti: ECCOLO.
E allora ci chiediamo “…Signore, perché hai nascosto il tesoro? Perché ti nascondi? Perché non ti mostri in modo chiaro per dare a tutti la possibilità di trovarti senza fatica?”.
Lo ha fatto perché Dio ama e chi ama non impone nulla.
Il Padre celeste non vuole dare una luce che abbaglia perché non vuole togliere quella libertà che Lui stesso ha dato ai suoi figli.
LUI DESIDERA CHE LA RISPOSTA DELL’UOMO SIA DETTATA UNICAMENTE DALL’AMORE.
Non dobbiamo essere costretti dagli eventi ma, in tutta libertà, riconoscere, accogliere e abbracciare il Mistero con tutto l’ardore della nostra umanità.
QUESTA PARABOLA LASCIA INTRAVEDERE IL DRAMMA DELLA LIBERTÀ.
Dinanzi al mistero della vita vi sono tre possibilità:
- Tanti possono attraversare il campo vita, senza mai scoprire il tesoro che Dio ha nascosto.
- Tanti altri possono scoprirlo ma non hanno il coraggio di vendere tutto per ottenere quel tesoro che vale più di tutte le altre cose.
- Ma vi sono anche quelli che hanno il coraggio di vendere tutto.
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!