31.08.2022 MERCOLEDI’ 22^ SETTIMANA P.A. C – LUCA 4,38-44 “È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”.
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagòga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva. Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo. Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». E andava predicando nelle sinagòghe della Giudea. Parola del Signore
Mediti…AMO
Gesù e i suoi primi quattro discepoli, usciti dalla sinagoga, vanno a casa di Pietro e Andrea.
Come c’era una dimensione pubblica della vita di Gesù, così ce n’era anche una privata: la vita vissuta con i suoi discepoli, o con i suoi amici, la vita in casa, dove si parlava, ci si ascoltava, si mangiava insieme e ci si riposava.
Anche queste sono dimensioni umane della vita di Gesù, alle quali spesso non prestiamo attenzione…
Pietro, avendo una suocera, era sposato, anche se non abbiamo notizie più precise: aveva figli? Era vedovo?
Forse sì, e lo si può dedurre dal fatto che non viene menzionata alcuna presenza femminile più giovane, ed è la suocera che deve alzarsi a servire (altrimenti sarebbe stata chiamata in causa LA MOGLIE di Pietro).
Ora, entrati in casa di Pietro e Andrea, si accorgono che nessuno li accoglie: dovrebbe essere compito della suocera di Pietro, ma una febbre la tiene a letto.
Gesù viene informato della cosa e subito si avvicina a questa donna. Anzi “…si china sopra di lei”.
E qui la simbologia si mette a brillare.
È bello questo star sopra chinati. È UN’IMMAGINE MATERNA DI UN DIO CHE SI PRENDE CURA, la prende per mano e la fa alzare.
Questi sono i gesti di Gesù che guariscono: non gesti di un guaritore, non gesti medici, né tantomeno gesti magici.
Ma Egli “…sgridò la febbre”, come negli esorcismi, DOVE GESÙ SGRIDA IL MALE, NON IL MALATO.
Qui sgrida la febbre.
Si prende cura dell’ammalato, non del male e sgrida il male. E la febbre la lasciò.
Gesù appare così come colui che fa rialzare, risuscita (viene usato il verbo EGHEÍRO, lo stesso usato per la resurrezione della figlia di Giairo (Mc 5,41) e per la stessa resurrezione di Gesù (Mc 14,28; 16,6) – ogni uomo, ogni donna dalla situazione di male in cui giace.
Egli dà “i segni” del regno di Dio veniente, dove “non ci sarà più la morte, né il lutto, né il lamento, né il dolore, quando Dio asciugherà le lacrime dai nostri occhi” (Ap 21,4; Is 25,8).
Il risultato è immediato “…subito, levatasi”.
Levarsi è la stessa parola che indica la resurrezione di Gesù. Vedremo perché. Ciò che avviene a questa donna è una vera resurrezione. Non solo si alza dal letto, ma si alza definitivamente. “E li serviva”.
IN QUESTA FRASE TROVIAMO IL SIGNIFICATO DI TUTTI I MIRACOLI.
Il fatto che essa si metta al servizio degli altri indica una guarigione MOLTO PIÙ PROFONDA DI QUELLA DALLA SEMPLICE FEBBRE DEL CORPO.
Ella è liberata da quella febbre che le impedisce di servire e la costringe a servirsi degli altri per essere servita.
Nel testo vediamo che la suocera di Pietro diventa “l’icona” di un’esistenza finalmente vivibile nella sua sostanza, che si fa “Diaconia”, servizio.
Ma attenzione, il servizio è la qualifica fondamentale di Gesù, che è venuto a servire e a dare la sua vita per tutti.
E il servire è la qualità fondamentale di Dio, che è Amore. E l’amore è servizio per l’altro.
È bello che nella casa, simbolo della chiesa, COLEI CHE RAPPRESENTA CRISTO, non è né Pietro che sarà il primo Papa, il primo discepolo – la pietra –, né Giacomo, né Giovanni, né Andrea – sappiamo che c’erano anche loro dagli altri Vangeli –, MA È UNA DONNA, VECCHIA, SUOCERA, MALATA.
E questo ci fa forse vedere anche la chiesa in modo diverso.
Quindi in questa donna avviene la vera resurrezione: passa da morte a vita PERCHÉ FINALMENTE AMA.
Nella sua prima lettere (1 Giovanni 3,14), il quarto evangelista dice “Sappiamo di essere passati da morte a vita perché amiamo i fratelli” e l’amore si manifesta non con le parole, ma con il servizio, con i fatti e la verità.
Ecco un primo insegnamento per noi.
Fin quando il male persiste non siamo in grado di servire il Signore.
Abbiamo bisogno che lui si chini su di noi e ci imponga le sue mani affinché le nostre febbri scompaiano per recuperare la salute dell’anima e del corpo.
Dobbiamo sentire in la forza divina delle sue mani per essere guariti.
“Servire” è una parola carica di significati nel Nuovo Testamento.
Gesù è il Servo di Dio e dei fratelli, il Giusto che per amore si fa carico del peso della debolezza altrui.
Il servirsi degli altri è il principio di ogni schiavitù nel male, il servire gli altri è il principio di ogni liberazione dal male.
È NEL SERVIRE CHE L’UOMO DIVENTA SÉ STESSO E RIVELA LA VERA IDENTITÀ DI DIO DI CUI È IMMAGINE E SOMIGLIANZA.
Con la parola “servire” il Nuovo Testamento intende l’amore fraterno concreto “non a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità” (1Gv 3,18).
Questa è la caratteristica specifica e fondamentale di Gesù, lasciata in eredità ai suoi discepoli prima di morire (Lc 22,24-27; Gv 13,1-17).
La liberazione che Gesù ci ha portato non ottiene il suo risultato nella semplice professione della fede, come fanno i demoni (Lc 4,34.41; Gc 2, 9), MA NEL SERVIRE CHE È LA VERA LIBERAZIONE DAL MALE PROFONDO DELL’UOMO, L’EGOISMO, CHE LO FA ESSERE IL CONTRARIO DI DIO CHE È AMORE (1Gv 4,8.16).
Alle tante domande ” Chi conta veramente nella Chiesa?
A chi dobbiamo guardare per imparare dal vivo il vangelo?
Dobbiamo guardare a quelle persone “insignificanti” per il mondo, ma tanto significative per i credenti, che servono con umiltà e nel nascondimento. Esse sono la presenza viva e costante del Signore in mezzo a noi: sono i nostri maestri di vita cristiana.
Anche alla fine della sua vita, Gesù chiamerà i suoi discepoli ad osservare una povera vedova che “dà tutta la sua vita“(Lc 21,4) perché imparino da lei la lezione fondamentale del suo vangelo.
E in questa scia, la suocera di Pietro è l’immagine della nuova comunità che non si raduna nella sinagoga, frequentata anche da indemoniati, da persone, cioè, che fingono senza essere davvero credenti, ma in casa.
Ed è bello che proprio la casa di Simone diventi il luogo dove vengono condotti i malati, che egli guarisce imponendo le mani su ciascuno.
La casa e il cortile sono la nuova dimensione della fede e anche noi, come la suocera, siamo guariti per servire, per aiutare il Signore Gesù nella sua missione di annuncio e di guarigione da ogni tenebra, da ogni ombra dell’anima.
La comunità dei cristiani è, allo stesso modo, guarita per servire i fratelli che premono alla soglia.
Perché è la soglia il luogo dell’evangelizzazione, il luogo dell’annuncio. La Chiesa, come ripete sempre Papa Francesco, è chiamata a diventare la soglia fra il mondo e Dio.
Perché la Parola di Dio non si adagi, non si sclerotizzi, non si abitui alla quotidianità e alla banalità.
Ma anche perché il discepolo resti sempre pronto a partire, divorato dal desiderio di RACCONTARE CON GIOIA, ad ogni uomo, LA MERAVIGLIOSA BELLEZZA DEL VOLTO DI DIO E DEL CUORE DI DIO.
Facciamo bene attenzione a notare che il segreto dell’energia guaritrice del Signore È LA SUA PREGHIERA INTENSA E SOLITARIA.
Quella preghiera prolungata che lo porterà ad una decisione: non resterà a Cafarnao dove ora è famoso, ma andrà per altri villaggi della Giudea.
E questo suo contatto notturno e silenzioso col Padre, è prezioso, perché gli dona la capacità di ascoltare e di accogliere coloro che si rivolgono a Lui.
Così è anche per noi: per dimorare nella fede, per servire, per poter guarire noi stessi e le persone che ci sono affidate SIAMO CHIAMATI A DEDICARE TEMPO ALLA PREGHIERA CONTINUA E ALLA ASSIDUA MEDITAZIONE DELLA PAROLA.
Dobbiamo solo cercare di stare attenti a non credere di avere Gesù in esclusiva, a credere di possederlo, E SOPRATTUTTO, DI POSSEDERE LA CONOSCENZA DELLE COSE E DEL PENSIERO DI DIO.
Come Gesù è sempre orientato a diffondere la Parola ovunque sia possibile, così dobbiamo fare anche noi, discepoli di questo Divin Maestro che non ha dove posare il capo.
Gesù ci mostra che la potenza di Dio esce dal tempio e si aggira per le case di Galilea dove accadono miracoli e guarigioni.
Gesù vuole sacralizzare il mondo, le case, gli ambienti. Prega nei luoghi deserti, prega nella notte. Attraversa il giorno incontrando persone, malati, bisognosi.
Impone le mani nelle strade come un sacerdote nel tempio, annuncia il Regno, ma MAI NELLO STESSO POSTO.
Il Vangelo di oggi è un vero un progetto pastorale, ma nel senso che di programma non c’è nulla.
Gesù non fa progetti a tavolino va dove la vita lo porta. E LA VITA È CIÒ CHE TI ACCADE, MENTRE SEI IMPEGNATO A FARE ALTRI PROGETTI.
Gesù guarda alla singola persona e desidera incontrare ciascuno nella sua irripetibile singolarità. Gesù è immagine di un Dio che chiama per nome e “sa contare fino ad uno”, come diceva acutamente il giornalista e saggista francese André Frossard (1915-1995).
Ogni uomo è importante agli occhi di Dio, non importa se ricco o povero, dotto o ignorante, sano o malato.
Ogni uomo ha un’infinita dignità ed è una risorsa per la società umana.
IN OGNI UOMO, INFATTI, RISPLENDE LA GLORIA DI DIO.
La Chiesa non esalta l’uomo acriticamente anzi riconosce le sue miserie e la sua costituiva fragilità ma annuncia che è “l’unica creatura che Dio ha voluto per sé stessa” (afferma nel grande documento conciliare “Gaudium et spes”, al n.24).
Il rispetto per ogni uomo è l’oggettivo fondamento per realizzare una società dal volto umano.
Questa sfida riguarda anche la comunità ecclesiale: non importa essere pochi o tanti, ciò che conta è riconoscere a ciascuno il suo valore. Usare le nostre mani per dare a ciascuno il suo posto, prendersi cura dei più deboli, a cominciare dai bambini non ancora nati.
Cristo è venuto a darci le sue mani: quelle mani che si impongono per guarire, che si muovono per benedire, che hanno la forza per sollevare, che sono capaci di condurre.
Mani protese verso Pietro per sollevarlo dai flutti del lago in tempesta, vi ricordate, quando vacilla nella fede.
Quelle mani poi forate dai chiodi, quando il dono doveva essere totale.
E allora, Fratelli e Sorelle, oggi chiediamo la GRAZIA di saper riconoscere lo splendore divino nascosto in ogni creatura, anche in quella che porta nella carne i segni della passione.
Il Signore non verrà a sedersi tra i sovrani della terra, accanto a quelli che opprimono gli uomini, ma instaurerà, in mezzo ai credenti e agli uomini che seguono onestamente i dettami della loro coscienza, lo stesso regime di vita, di pace, di santità che vige presso di lui in cielo.
Il regno di Dio è già instaurato e la strada per arrivarci è quella percorsa da Cristo. Egli è il salvatore e il liberatore nel senso più pieno e totale della parola.
Ha detto JORGE MARIO BERGOGLIO, Papa Francesco nell’ANGELUS dell’8 febbraio 2015, commentando questo brano:
- “Predicare e guarire: questa è l’attività principale di Gesù nella sua vita pubblica. Con la predicazione Egli annuncia il Regno di Dio e con le guarigioni dimostra che esso è vicino, che il Regno di Dio è in mezzo a noi. Venuto sulla terra per annunciare e realizzare la salvezza di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, Gesù mostra una particolare predilezione per coloro che sono feriti nel corpo e nello spirito: i poveri, i peccatori, gli indemoniati, i malati, gli emarginati. È il vero Salvatore: Gesù salva, Gesù cura, Gesù guarisce. L’opera salvifica di Cristo non si esaurisce con la sua persona e nell’arco della sua vita terrena; essa continua mediante la Chiesa, sacramento dell’amore e della tenerezza di Dio per gli uomini. Curare un ammalato, accoglierlo, servirlo, è servire Cristo: il malato è la carne di Cristo. Pertanto, ciascuno di noi è chiamato a portare la luce della Parola di Dio e la forza della grazia a coloro che soffrono e a quanti li assistono, familiari, medici, infermieri, perché il servizio al malato sia compiuto sempre più con umanità, con dedizione generosa, con amore evangelico, con tenerezza.”
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!