30.09.2023 – SABATO SAN GIROLAMO – LUCA 9,43-45 “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA 9,43-45
+ In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento. Parola del Signore
Mediti…AMO
SAN GIROLAMO, dal greco hieronymos (“sacro nome”), è un PADRE DELLA CHIESA che ha posto al centro della sua vita la Bibbia: l’ha tradotta nella lingua latina, l’ha commentata nelle sue opere, e soprattutto si è impegnato a viverla concretamente nella sua lunga esistenza terrena, nonostante il ben noto carattere difficile e focoso ricevuto dalla natura.
Viene raffigurato anziano, con la barba lunga e bianca con accanto un libro e spesso con un leone che, secondo la leggenda, diventa mansueto e suo amico inseparabile, dopo che il santo gli estrae dalla zampa ferita una dolorosissima spina.
Ma rimane un benefattore delle intelligenze e la Chiesa lo venera come uno dei suoi padri più grandi.
Nato da famiglia ricca, riceve il battesimo a Roma, dove va a studiare.
Studierà per tutta la vita, viaggiando dall’Europa all’Oriente con la sua biblioteca di classici antichi, sui quali si è formato. Nel 375, dopo una malattia, Gerolamo passa alla Bibbia, con passione crescente.
Qui, papa Damaso I lo incarica di rivedere il testo di una diffusa versione latina della Scrittura, detta Itala, realizzata non sull’originale ebraico, bensì sulla versione greca detta dei Settanta.
A Roma fa anche da guida spirituale a un gruppo di donne della nobiltà.
E intanto scaglia attacchi durissimi a ecclesiastici indegni (un avido prelato riceve da lui il nome “Grasso Cappone”).
Alla morte di Damaso I (384), va in Palestina con la famiglia della nobile Paola.
Vive in un monastero a Betlemme, scrivendo testi storici, dottrinali, educativi e corrispondendo con gli amici di Roma con immutata veemenza. Perché così è fatto.
E poi perché, francamente, troppi ipocriti e furbi inquinano ora la Chiesa, dopo che l’imperatore Teodosio (ca. 346-395) ha fatto del cristianesimo la religione di Stato, penalizzando gli altri culti.
Intanto prosegue il lavoro sulla Bibbia secondo l’incarico di Damaso I.
Ma, strada facendo, lo trasforma in un’impresa mai tentata.
Sente che per avvicinare l’uomo alla Parola di Dio bisogna andare alla fonte.
E così, per la prima volta, traduce direttamente in latino dall’originale ebraico i testi protocanonici dell’Antico Testamento.
Rivede poi il testo dei Vangeli sui manoscritti greci più antichi e altri libri del Nuovo Testamento.
Gli ci vorrebbe più tempo per rifinire e perfezionare l’enorme lavoro. Ma, così come egli lo consegna ai cristiani, esso sarà accolto e usato da tutta la Chiesa: nella Bibbia di tutti, Vulgata, di cui le sue versioni e revisioni sono parte preponderante, la fede è presentata come nessuno aveva fatto prima dell’impetuoso Gerolamo.
E impetuoso rimane, continuando nelle polemiche dottrinali con l’irruenza di sempre, perfino con sant’Agostino, che invece gli risponde con grande amabilità. I suoi difetti restano, e la grandezza della sua opera pure. Gli ultimi suoi anni sono rattristati dalla morte di molti amici, e dal sacco di Roma compiuto da Alarico nel 410: un evento che angoscia la sua vecchiaia.
Girolamo nacque a Stridone verso il 347 da una famiglia cristiana, che gli assicurò un’accurata formazione, inviandolo anche a Roma a perfezionare i suoi studi.
Ricevuto il battesimo verso il 366, si orientò alla vita ascetica e, recatosi ad Aquileia, si inserì in un gruppo di ferventi cristiani, da lui definito quasi «un coro di beati» (Chron. Ad ann. 374) riunito attorno al Vescovo Valeriano.
La meditazione, la solitudine, il contatto con la Parola di Dio fecero maturare la sua sensibilità cristiana.
Nel 382 si trasferì a Roma: qui il Papa Damaso, conoscendo la sua fama di asceta e la sua competenza di studioso, lo assunse come segretario e consigliere; lo incoraggiò a intraprendere una nuova traduzione latina dei testi biblici per motivi pastorali e culturali.
Alcune persone dell’aristocrazia romana, soprattutto nobildonne come Paola, Marcella, Asella, Lea ed altre, desiderose di impegnarsi sulla via della perfezione cristiana e di approfondire la loro conoscenza della Parola di Dio, lo scelsero come loro guida spirituale e maestro nell’approccio metodico ai testi sacri. Queste nobildonne impararono anche il greco e l’ebraico.
Dopo la morte di Papa Damaso, Girolamo lasciò Roma nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa, silenziosa testimone della vita terrena di Cristo, poi in Egitto, terra di elezione di molti monaci (Contra Rufinum 3,22; Ep. 108,6-14). Nel 386 si fermò a Betlemme, dove, per la generosità della nobildonna Paola, furono costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i pellegrini che si recavano in Terra Santa, «pensando che Maria e Giuseppe non avevano trovato dove sostare» (Ep. 108,14).
La preparazione letteraria e la vasta erudizione consentirono a Girolamo la revisione e la traduzione di molti testi biblici: un prezioso lavoro per la Chiesa latina e per la cultura occidentale.
E’ interessante rilevare i criteri a cui il grande biblista si attenne nella sua opera di traduttore.
Girolamo, inoltre, commentò anche parecchi testi biblici.
Per lui i commentari devono offrire molteplici opinioni, «in modo che il lettore avveduto, dopo aver letto le diverse spiegazioni e dopo aver conosciuto molteplici pareri – da accettare o da respingere –, giudichi quale sia il più attendibile e, come un esperto cambiavalute, rifiuti la moneta falsa» (Contra Rufinum 1,16).
Ringraziamo Dio per il grande dono della Scrittura: è un dono del suo amore, un dono antico e sempre nuovo che dobbiamo sfruttare nella fede.
Nel Vangelo Gesù ci dice appunto che il nostro tesoro è contemporaneamente antico e nuovo.
E ogni epoca è invitata a discendere in questa miniera inesauribile per trovare nuove ricchezze, e le trova davvero.
Sappiamo che la Scrittura si studia bene soltanto nella fede.
Non bisogna disprezzare lo studio faticoso degli scienziati, perché i loro sforzi sono necessari per far penetrare la fede in tutti i settori della vita e di ogni epoca.
Ma Dio ha rivelato i tesori della Scrittura non soltanto agli intelligenti, ma anche a chi è meno dotato, mediante la fede, luce divina.
Siamo dunque riconoscenti al Signore per questo tesoro che tutti noi utilizziamo e aiutiamo ad approfondirlo insieme agli studiosi, perché la scienza aiuta a comprendere le Scritture, ma ancor più aiuta la santità.
Ma vediamo il testo evangelico.
Sa perché vede, sa perché è così abituato ad abitare la propria interiorità da leggere il cuore delle persone che gli stanno davanti.
“Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini” (9,44).
La parola di Gesù sferza con durezza ogni illusione e ogni forma di ingenuo entusiasmo, egli annuncia chiaramente che la sua missione non si compie tra gli onori ma passa attraverso l’infamia della croce.
L’EVANGELISTA NON RIPORTA SOLTANTO LE PAROLE DEL MAESTRO MA SOTTOLINEA IL TONO DI RIMPROVERO.
mettetevi nelle orecchie”, come a dire “...aprite bene le orecchie”.
La FEDE non ci immerge nel mondo delle favole ma ci apre gli occhi sulla realtà.
Il male accompagna il cammino dell’umanità. NON È GESÙ CHE FABBRICA LA CROCE, SONO GLI UOMINI CHE RIFIUTANO LA VERITÀ DI DIO, A FABBRICARLA E AD ERIGERLA.
La croce è SI l’icona del peccato, segno visibile di un potere che cerca di soffocare la luce, MA È ANCHE ICONA DI UN AMORE CHE NON FUGGE DINANZI AL MALE E NON SI NASCONDE NEI FRAGILI COMPROMESSI.
Un amore che abbraccia tutti, anche coloro che ci crocifiggeranno.
Fratelli e Sorelle, morire e risorgere, è morire all’uomo vecchio che c’è in noi, per risorgere con Cristo e seguirlo nella sua destinazione che è il Paradiso.
Non è una via facile, perché bere il suo calice vuol dire SALIRE SULLA CROCE, PER ESSERVI INCHIODATI INSIEME A LUI.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!