30.07.2023 – DOMENICA XVII TEMPO P.A. A – MATTEO 13,44-52 “…vende tutti i suoi averi e compra quel campo”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 13,44-52
+ In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Parola del Signore
Mediti…AMO
NELLA BIBBIA, GESÙ CI RACCONTA IL SOGNO DI DIO, IN TANTI MODI DIVERSI. E, uno dei modi che troviamo, soprattutto negli insegnamenti di Gesù Cristo, sono le parabole, piccole storie, esempi, che il Signore usa per trasmettere una verità determinante per la nostra salvezza.
Ad esempio, la parabola del seminatore descrive i quattro tipi di cuore in cui può arrivare il seme della Parola di Dio e, in base a che tipo di cuore uno ha, lo stesso seme può produrre frutto, oppure no.
Vi ricordo comunque, Fratelli e Sorelle, che le parabole sono insegnamenti che Gesù ha dato, PER RIVELARE LA VERITÀ, a chi ha un cuore disponibile ad accoglierla.
E il vangelo di questa domenica ci presenta le ultime parabole raccolte da Matteo nel capitolo tredicesimo, detto appunto il “discorso parabolico”.
Come nelle precedenti parabole, Gesù non fa ricorso a idee astratte ma ci consegna delle immagini, affinché gli ascoltatori possano accogliere facilmente la parola, la conservino nel cuore e, ricordandola, la attualizzino nel loro quotidiano.
Queste immagini mirano ancora una volta a far comprendere la dinamica del regno dei cieli, il modo in cui Dio può regnare ed effettivamente regna in quanti sono capaci di ritornare a lui, di convertirsi e di aderire alla buona notizia portata da Gesù Cristo.
Delle tre parabole odierne le prime due sono inseparabili, mentre la terza, a livello tematico, sembra una ripresa della parabola del buon grano e della zizzania (Mt 13,24-30.36-43).
Gesù dice “…Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”.
C’è dunque un tesoro nascosto, a lungo ignorato e sotterrato in un campo, certamente per proteggerlo da eventuali rapine. Ma io credo che dobbiamo comprendere che, se è stato nascosto, lo è stato affinché venisse ritrovato al tempo opportuno.
E, in questo contesto, il contadino che lavora quel campo, arandolo, si imbatte nel tesoro, lo dissotterra e, colto da grande stupore, agisce come un uomo accorto: SUBITO NASCONDE NUOVAMENTE IL TESORO, POI METTE IN VENDITA TUTTO CIÒ CHE POSSIEDE, CERTAMENTE VALUTATO MOLTO POCO RISPETTO AL TESORO SCOPERTO.
E, con il denaro ricavato può dunque comprare quel campo, così da diventare proprietario anche di quel tesoro preziosissimo.
La parabola è semplice, comprensibilissima, perché “l’altra cosa”, significata dal tesoro, È PROPRIO IL REGNO DEI CIELI, unica realtà che giustifica la vendita di tutto ciò che si ha, per poter prendere parte ad esso.
Durante i secoli, e ancora oggi in vari posti del mondo, tante persone nascondevano i loro oggetti preziosi in un campo. Così, erano al sicuro da eventuali ladri che sarebbero potuti entrare in casa.
Possiamo facilmente immaginare la scena di questa parabola.
Un uomo aveva un grande tesoro, e per nasconderlo dai ladri, lo ha sotterrato nel suo campo, senza dirlo a nessuno.
Ma un giorno, come succederà ad ognuno di noi, quell’uomo muore, e nessuno sa che c’è un tesoro nascosto nel campo, che viene venduto ad altri, i quali non sanno che c’è un grande tesoro nel campo.
Passano tanti anni e un giorno, un uomo, che non è il proprietario, sta scavando nel campo che non è ovviamente il suo, e trova questo tesoro.
Visto che il campo non è suo, non può avere il tesoro, perciò, lo ricopre accuratamente. Egli sa che per potere avere il tesoro, deve possedere il campo.
Perciò, egli va, e per avere abbastanza soldi di potere comprare il campo, vende tutto quello che ha. Sa che, per ottenere questo tesoro, deve abbandonare ogni altra cosa che ha.
E lo fa con gioia, perché sa bene che il tesoro vale infinitamente più di tutto quello che aveva mai avuto.
Fratelli e Sorelle, il punto centrale di questa parabola è molto chiaro. Ricevere la salvezza, ovvero, entrare nel regno di Dio, è un tesoro che vale più di qualsiasi cosa, anzi, vale così tanto che se serve, conviene perdere e abbandonare qualsiasi cosa che abbiamo, qualsiasi rapporto, qualsiasi posizione, qualsiasi bene, qualsiasi privilegio, per poter avere la vita eterna. Perché avere la vita eterna vuol dire AVERE CRISTO CHE DIMORA PERSONALMENTE NELLA NOSTRA VITA.
Vuol dire avere la vita eterna adesso e per sempre, avere la salvezza eterna, per l’anima, e alla risurrezione, anche per il corpo, vuol dire avere il privilegio di essere utile a Dio per l’opera di portare altri alla salvezza. Solo questo tesoro può veramente soddisfare il cuore, e lo soddisfa completamente, perché ci dona quella pace di cui abbiamo bisogno e che, come quel tesoro rinvenuto, dura per sempre.
Ma io vorrei farvi notare un’altra cosa in questa parabola. Un contrasto fra questa parabola e quella che viene subito dopo.
Questa parabola, NON DICE CHE L’UOMO CERCAVA UN TESORO, DICE SOLO CHE L’UOMO LO TROVA.
È successo così con l’Apostolo Paolo, che non stava assolutamente cercando Cristo. PIUTTOSTO STAVA IN VIAGGIO PER COMBATTERE CONTRO GESÙ CRISTO, ANDANDO A DAMASCO PER ARRESTARE I CREDENTI A DAMASCO, QUANDO GESÙ CRISTO TROVA LUI. Ecco allora che quel giorno, Paolo ha trovato un tesoro che non cercava.
TANTE PERSONE OGGI NON STANNO CERCANDO IL TESORO DELLA SALVEZZA, E NEANCHE SANNO CHE NE HANNO BISOGNO.
La nostra responsabilità –E LA MIA, da DIACONO, IN PARTICOLARE- è quella di proclamare la verità a tutti, non solamente a coloro che ci chiedono di Dio, ma anche a coloro che non stanno cercando Dio.
PERCHÉ DIO SI FA TROVARE ANCHE DA CHI NON LO STA CERCANDO.
Ci sono tanti esempi nella Bibbia di persone che trovano Cristo senza averLo cercato, perché Dio ha fatto arrivare loro la Sua Parola, per mezzo di altri che avevano creduto. Tra i tanti, c’è la donna Samaritana, al pozzo di Giacobbe. Lei non cercava Cristo, ma Egli si è presentato a lei come Messia, e lei ha creduto in Lui.
Anche l’uomo cieco, in Giovanni 9,1-7, non cercava Gesù, ma è stato Gesù a cercare lui:
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“…1 Passando vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». 3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. 4 Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. 5 Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6 Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”.
In seguito, Gesù si rivela all’uomo come il Messia, e l’uomo crede in Lui e viene salvato.
Ma cerchiamo ora di attualizzare il messaggio che oggi la Parola ci veicola.
Scrive l’evangelista “«…il regno dei cieli»”, un’espressione tipica di Matteo, che significa il regno di Dio. Cioè non un regno nell’aldilà, ma il regno “al di qua”, ovvero UN’ALTERNATIVA ALLA SOCIETÀ CHE GESÙ CI PRESENTA, che è “…simile a un tesoro”,.
Il termine tesoro apre e chiude il brano liturgico di oggi, “nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia”, letteralmente “per la gioia”.
Se lo abbiamo compreso significa che abbiamo trovato, nel messaggio di Gesù, NELL’ALTERNATIVA DI SOCIETÀ, la risposta al desiderio della nostra pienezza di vita, per la gioia.
Non consiste nel lasciare qualcosa, ma nel trovare tutto. E qui non si parla di una ricompensa esterna, ma di una pienezza interiore.
Quindi l’immagine del regno che Gesù presenta è quella di aver trovato nell’alternativa di società e nel suo messaggio, la risposta al desiderio di pienezza di vita che ogni uomo si porta dentro. Questo è fonte di gioia.
Il rischio c’è, e l’abbiamo visto nei vangeli, ed è quello di lasciare senza trovare, allora si cerca di recuperare quello che si è perduto.
Come quando Pietro dice “Ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, che cosa ne avremo?”
Ma chi lascia e trova questo tesoro, perché lo trova questo tesoro, ha una gioia incontenibile, una gioia che è la caratteristica del credente.
Ugualmente la seconda parabola. “Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose”, il mercante è uno che se ne intende di affari, “trovata una perla di grande valore …”, ne capisce l’importanza e tutto il resto perde valore.
Anche Paolo nella lettera ai Filippesi scrive “Quello che per me era un guadagno l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura”.
Quindi Gesù invita a vedere nel suo messaggio la pienezza di vita alla quale ogni uomo aspira.
E quando si trova questa pienezza di vita tutto il resto perde valore. La terza parabola è differente e parla del risultato di questa scelta.
“Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere …”, L’EVANGELISTA NON SCRIVE “DI PESCI”, È UN’AGGIUNTA DEL TRADUTTORE.
Perché non scrive “di pesci” anche se di questi si tratta?
PERCHÉ SI RIFÀ ALLA MISSIONE DEI DISCEPOLI AD ESSERE PESCATORI DI UOMINI. GESÙ LI CHIAMA A PESCARE GLI UOMINI.
Non scrive pesci perché pescare un pesce significa tirare fuori dal suo habitat naturale nell’acqua dove hanno la vita per dargli la morte.
Mentre, al contrario, pescare un uomo significa invece tirarlo fuori da ciò che può dargli la morte per dargli la vita.
“Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via …»”, ecco qui l’evangelista non adopera il termine “cattivi”, che può indicare un giudizio, con un significato morale.
L’evangelista adopera il termine “marcio”, perché i pescatori non danno un giudizio morale sui pesci, i buoni e i cattivi, ma si trovano quelli che sono pieni di vita, e quelli che invece sono già morti in stato di avanzata putrefazione.
E’ la stessa espressione che Gesù ha usato per l’albero, un albero marcio che non può che produrre frutti cattivi. QUINDI NON È UN GIUDIZIO QUELLO DI GESÙ, MA UNA CONSTATAZIONE, tradizionalechi ha pienezza di vita e chi è invece nella putrefazione della morte.
L’accoglienza del messaggio di Gesù conduce l’uomo ad una pienezza di vita tale che è quella definitiva; il rifiuto di questo messaggio, vivere soltanto per sé, porta alla morte definitiva, alla putrefazione della propria esistenza.
Le due parabole del tesoro nascosto e della perla preziosa hanno come sfondo biblico la ricerca della sapienza, che attira per il suo valore incomparabile, superiore ad ogni tesoro (Is 33,6 e Pr 2,4; 8,19).
Entrambe sottolineano la preziosità del regno annunziato da Gesù e al tempo stesso la sua natura misteriosa e nascosta.
Esse contengono un appello ai discepoli affinché non si lascino sfuggire il momento propizio: dopo aver lasciato tutto per ottenere il regno, essi non devono lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà che esso comporta.
Collocandole tra la spiegazione della parabola della zizzania e di quella della rete (vv. 41-42 e 49-50), nelle quali appare una dura minaccia nei confronti dei malvagi, Matteo intende sottolineare la forza di attrazione insita nel regno.
ALL’ORIGINE DELL’ADESIONE A ESSO NON DEVE ESSERCI DUNQUE LA PAURA DEL GIUDIZIO FINALE MA L’ENTUSIASMO PER UNA REALTÀ CHE AFFASCINA E ATTIRA PIÙ DI QUALSIASI ALTRA COSA.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!