29.12.2023 – VENERDI’ V GIORNO FRA L’8^ DI NATALE – LUCA 2,22-35 “Luce per rivelarti alle genti”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

 Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo LUCA 2,22-35

+ Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» Parola del Signore

 

Mediti…AMO

I primi due capitoli del Vangelo di Luca non sono storia secondo il significato che noi diamo oggi alla storia.

Servono più che altro da specchio in cui i cristiani convertiti dal paganesimo, scoprirono che Gesù era venuto a compiere le profezie dell’Antico Testamento ed a rispondere alle aspirazioni più profonde del cuore umano.

Sono, quindi, simbolo e specchio di ciò che stava succedendo tra i cristiani del tempo di Luca.

Le comunità giunte dal paganesimo erano nate dalle comunità di giudei convertiti, ma erano diverse.

Il Nuovo non corrispondeva a ciò che l’Antico immaginava ed aspettava, ma era un “segno di contraddizione” (Lc 2,34), che causava forti tensioni ed era fonte di grande dolore.

Nell’atteggiamento di Maria, immagine del Popolo di Dio, Luca rappresenta un modello di come perseverare nel Nuovo, senza essere infedeli all’Antico.

Nel vangelo di oggi incontriamo Simeone, “uomo giusto e timorato di Dio”.

Si riconosce comunque che il suo nome deriva, in ebraico, dal verbo “sentire”: un dettaglio rivelatore poiché egli “sentiva” spesso la voce di Dio.

Fra i pochissimi che hanno avuto il coraggio di accogliere l’inaudito di Dio spicca il vecchio Simeone. Un devoto che aspettava la salvezza di Dio, la venuta del Messia.

E lo Spirito Santo non si accontentava di parlare a Simeone, ma “era su di lui” e ne faceva una persona retta e, insieme, ardente, che serviva Dio e il prossimo con venerazione e devozione.

Un uomo di età matura, che si definiva servo del Signore, e che aveva passato tutta la sua vita ad aspettare il “conforto d’Israele”, cioè il Consolatore, il Messia.

Non appena vide entrare nel tempio il Bambino Gesù, seppe immediatamente che la sua attesa era terminata. La sua visione interiore si schiarì improvvisamente e la pace del suo animo fu scossa.

E anche qui vi invito a leggere la simbologia dei gesti che caratterizzano le nostre azioni, e ne rivelano i pensieri.

SIMEONE PRESE TRA LE BRACCIA GESÙ, MOSTRANDO COSÌ CHE ERA PRONTO A CONDIVIDERE E A COMPIERE LA VOLONTÀ DIVINA.

La storia del vecchio Simeone ci insegna che la speranza, anche se non subito, si realizza sempre.

Anche se la forma non sempre corrisponde a ciò che noi immaginiamo.

Simeone aspettava il Messia glorioso di Israele.

Giungendo al tempio, in mezzo a tante coppie che portano i loro figli, lui vede una coppia giovane di Nàzareth.

Ed in questa coppia povera, con il loro bambino, vede la realizzazione della sua speranza e della speranza del popolo, e prorompe in quel meraviglioso canto, che la chiesa prega, in eterno, al declinar di ogni giorno:

  • I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele.”

Simeone ha finalmente visto il Cristo, e sa che la salvezza è arrivata, e prega Dio di accogliere il suo servo nella pace.

Il cantico di Simeone viene recitato o cantato nella Liturgia delle Ore, della Chiesa cattolica, tutti i giorni, nella preghiera di compieta secondo il rito romano.

Ma è bene ricordare che il Nunc dimittis è contenuto anche nel Libro della preghiera comune della Comunione Anglicana e viene cantato nel servizio serale degli Evensong associato al Magnificat.

E, nelle chiese luterane viene spesso cantato come inno di ringraziamento dopo la Comunione.

È un meraviglioso canto che ha sempre accompagnato sacerdoti, diaconi, uomini e donne, nel momento della morte.

E io credo che anche il Papa Benedetto XVI, uomo dei Vangeli, abbia ricordato il «Nunc dimittis, servum tuum Domine», nel momento di prendere la decisione di dimettersi, e ha rivolto le sue parole non solo a Dio, ma anche al mondo terreno.

Ma torniamo al testo.

Sono

Questo cantico chiarisce e completa il cantico di Zaccaria, riportato dallo stesso evangelista (Lc. 1,68-79).

Anche Zaccaria, infatti, benedice Dio perché, secondo la promessa fatta “per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo“, ha “redento il suo popolo“, che adesso può servirlo “senza timore in santità e giustizia“, non più cioè con l’atteggiamento dello schiavo costretto a prestare un servizio, ma compiendo una libera scelta di adesione a un progetto di amore.

Il cantico di Simeone ha una grande valenza teologica.

Vi troviamo definito, infatti, il significato della venuta di Cristo nel mondo: senza Cristo siamo schiavi, con Cristo siamo uomini liberi.

Cristo è il Liberatore, è colui che scioglie quelle catene che ci legano a questa terra.

Essendo Parola di Dio fatta carne, Egli è l’unica vera “lampada ai nostri passi”.

Solo Lui ci porta la “buona notizia” che la nostra esistenza, finalmente, ha una porta aperta sull’infinito.

Fratelli e Sorelle, questo fa si che la morte non sia più uno spauracchio, né il ladro che ci ruba l’esistenza, MA È LA PORTA DI ACCESSO AL REGNO SENZA TEMPO, DOVE GODREMO LA LIBERTÀ DEI FIGLI DI DIO (Rom. 8, 21).

La sofferenza non è più un sadico supplizio inflitto alle creature, ma il gradino necessario per salire la scala della purificazione.

Tutto adesso si rinnova e acquista nuova luce: la povertà e la ricchezza, il lavoro e lo svago, il potere e la sudditanza, il sesso e la castità.

La nascita di Gesù ci trasforma da schiavi in figli.

Colui che prima chiamavano “padrone” (dèspota) ora possiamo chiamarlo “papà” (abbà).

E, in qualità di figli, siamo messi a conoscenza dei progetti del Padre e siamo chiamati a dare la nostra collaborazione, libera e volontaria.

Non siamo più semplici esecutori di ordini e di precetti incomprensibili.

Senza Cristo l’umanità rimane priva di prospettive, non sa da dove viene e dove è diretta. E se così sfortunatamente la si vive, l’unico sbocco all’esistenza È LA TOMBA, vista come baratro senza fondo, dove tutto finisce per sempre.

Ma il Cristo, col suo messaggio, illumina la nostra esistenza e ci libera dalla sofferenza e dalla morte, che diventano così fenomeni contingenti e passeggeri, preordinati solamente a puntellare il nostro cammino verso il nostro fine ultimo: essere felici per sempre in Dio.

Senza Gesù Cristo è veramente dura: siamo e restiamo schiavi, automi subordinati a un destino oscuro e senza senso, come muli bendati che si affaticano a far girare la pesante macina della vita senza sapere perché lo fanno, sommersi dal buio da ogni lato.

Ecco allora, Fratelli e Sorelle, che il “Natale” di Gesù CI APRE GLI OCCHI e possiamo così vedere che, il disegno di Dio, nascosto per secoli, adesso diventa chiarissimo.

Dandoci la conoscenza del piano di salvezza preparato per noi dall’eternità, Cristo ci dà la possibilità di aderirvi.

E in questo modo ci rende liberi, perchè noi sappiamo che la libertà deriva dalla conoscenza.

Infatti, nessuno può scegliere ciò che non conosce.

Nessuno può compiere una libera opzione, se non ha piena scienza di tutte le alternative possibili.

E, chi è veramente libero, non può scegliere che il bene.

Perchè scegliere il male per sè stessi è una negazione implicita della libertà.

Sarebbe assurdo che qualcuno scelga il peggio, se ha la possibilità e la “libertà” di scegliere il meglio.

Chi opta per la soluzione peggiore, lo fa solo perché costretto, o perché è  reso schiavo daqualche condizionamento, il più grave dei quali è appunto la non conoscenza.

E vorrei concludere ricordando che da quando Gesù è nato, È SEMPRE NATALE, perchè, in eterno il SIgnore, nasce in noi e per noi.

Quella apparente, marginale notazione, “…oggi nella città di Davide”, significa UN OGGI ETERNO.

È L’ETERNO PRESENTE DI DIO CHE RADUNA NELL’ISTANTE DEL SUO ESSERCI, COME DIO E IN QUANTO UOMO, TUTTO IL TEMPO.

E CHE ATTIRA A S,É INCARNATO ED INNALZATO SULLA CROCE, TUTTI E TUTTO, E ABBRACCIA IN MODO ECUMENICO ED UNIVERSALE, L’INTERO CREATO E TUTTA L’UMANITÀ SENZA ECCEZIONI.

E, poiché il tempo si trasforma nell’oggi permanente dell’incarnazione del Verbo, il passato (Simeone), il presente (la piccola comunità domestica dove due o tre si incontrano nel nome del Signore “egli è presente”), ed il futuro (il bambino che è principio e fine, alpha ed omega), questo presente, ingigantito, accoglie (e non supera come fu interpretato erroneamente nel passato) NON SOLO IL PASSATO. MA ANCHE IL FUTURO NELLA FORMA DI UN BIMBO CHE CRESCE.

Il presente senza tempo, dilatato nello spandersi continuo dello spazio e delle galassie contiene il passato, la promessa dell’arrivo del Messia consolatore, ma anche il futuro del suo secondo avvento fra noi.

La conseguenza è che in quella soglia del tempo e dello spazio il presente del bimbo di Dio accoglie il passato e trasforma il presente in anticipazione del futuro, viviamo già nell’escaton, ma non ancora nella pienezza salvifica della sua consumazione nell’ultimo giorno.

L’ora di Simeone si trasforma, quindi, IN OGGI DI SALVEZZA: posso andare in pace, i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che è disposta per tutti i popoli.

E la definizione di salvezza è LUCE CHE ILLUMINA TUTTI, affinché possano vedere la gloria di Dio rivelata nella storia di Israele e nella persona di Gesù Cristo, CHE È LA SALVEZZA UNIVERSALE ATTESA E COMPIUTA.

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!