28 aprile 2024 DOMENICA 5’ DI PASQUA B – GIOVANNI 15,1-8 “Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 15,1-8

+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

E’ la quinta domenica “di” Pasqua; ossia la quinta volta che torna lo stesso ed unico giorno di Pasqua.

Ed è così per tutte le domeniche, che si ripetono fedelmente, come segno della fedeltà di Dio, e tornano, anche se tante volte siamo noi ad essere assenti; affinché POSSIAMO RESTARE NEL GIORNO DI PASQUA E INCONTRARE GESÙ RISORTO.

Per questo gli antichi cristiani ripetevano “…SINE DOMINICO NON POSSUMUS – non possiamo vivere senza la domenica”, ossia “…non possiamo vivere senza incontrare Gesù risorto“.

Questa frase è stata pronunciata dai Martiri di Abitene (Tunisia), nel 303 d.C. quando l’imperatore Diocleziano, dopo anni di relativa calma, scatena una violenta persecuzione contro i cristiani, ordinando che “si dovevano ricercare i sacri testi e santi Testamenti del Signore e le divine Scritture, perché fossero bruciati; si dovevano abbattere le basiliche del Signore; si doveva proibire di celebrare i sacri riti e le santissime riunioni del Signore” (Atti dei Martiri, I).

Ad Abitene un gruppo di 49 cristiani, contravvenendo agli ordini dell’Imperatore, si riunisce settimanalmente in casa di uno di loro per celebrare l’Eucaristia domenicale.

È una piccola bellissima comunità cristiana.

Vengono sorpresi durante una loro riunione in casa di Ottavio Felice, e vengono arrestati e condotti a Cartagine davanti al proconsole Anulino per essere interrogati.

Al proconsole, che chiede loro se possiedono in casa le Scritture, i Martiri confessano con coraggio che le custodiscono nel cuore, rivelando così di non voler distaccare in alcun modo la fede dalla vita.

E il loro stesso martirio si  così trasforma in una liturgiaeucaristica”.

Potremmo, allora, sul loro esempio, applicare anche alla domenica e ai giorni della settimana questa meravigliosa parabola odierna della vite e i tralci, somigliando la vite alla domenica e i tralci agli altri giorni.

Quest’ultimi restano senza frutto se non sono vivificati dallo spirito che riceviamo nella santa liturgia della domenica.

Restare nella domenica, ossia conservare nel cuore quello che vediamo, ascoltiamo e viviamo nella santa liturgia, vuol dire rendere più fruttuosi i giorni della settimana.

E, “rimanere” in Gesù, è un tema particolarmente caro all’apostolo Giovanni, che nella sua prima lettera afferma “…chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui“.

E nella parabola della vite i tralci i termini “rimanere” e “dimorare” ne sono il cuore.

Nei discorsi di addio del Vangelo secondo san Giovanni (capitoli 13-17) l’evangelista prende spunto dalle parole di Gesù per riflettere sulla vita dei credenti, dal tempo dell’Ascensione fino al ritorno del Signore.

Egli si riconosce talmente legato al Signore attraverso lo Spirito di Dio che parla ai suoi ascoltatori e ai suoi lettori usando l’“io” di Cristo.

Per mezzo della sua voce, il Signore rivela a coloro che credono in lui qual è la loro situazione, ordinando loro di agire in modo giusto.

È durante la festa liturgica delle domeniche che vanno da Pasqua alla Pentecoste che la Chiesa propone alla lettura questi discorsi, per mostrare ai credenti cos’è importante per la loro vita.

Attraverso questo paragone rurale, il Signore ci rivela oggi che tutti quelli che gli sono legati mediante la fede vivono in vera simbiosi, come i tralci della vite.

E come i tralci, che sono generati e nutriti dalla vite stessa, anche noi cristiani siamo legati in modo vitale a Gesù Cristo, nella Chiesa.

Vi sono molte condizioni perché la forza vitale e la grazia di Cristo possano portare i loro frutti nella nostra vita: ogni tralcio deve essere liberato dai germogli superflui, deve essere sano e reagire in simbiosi fertile con la vite.

In che senso?

Per mezzo del battesimo, Cristo ci ha accolti nella sua comunità, dove siamo stati liberati dai nostri peccati, grazie ALLA PAROLA SACRAMENTALE DI CRISTO, E AL DONO DELLA SUA GRAZIA.

Ecco perché noi non daremo frutto se non restiamo attaccati alla vite per sempre.

Ma c’è anche un problema, ovviamente.

Anche coloro che “portano frutto“, conoscono il momento della potatura, ovvero il tempo di quei tagli che bisogna fare, appunto come accade nella vita naturale, affinchè possiamo essere “senza macchia” (Ef 5, 27).

Il testo ovviamente non vuol dire che Dio manda dolori e sofferenze ai suoi figli migliori per provarli o purificarli.

No, non è in questo che va intesa la potatura, il Signore non ha bisogno di intervenire con le sofferenze per migliorare i figli.

La verità va ricercata nel fatto che la vita spirituale è sempre un cammino di crescita, che incontrèrà, prima o poi, le sue difficoltà.

Ognuno di noi ha l’esperienza della crescita in se stesso di frutti buoni assieme a sentimenti cattivi, ad abitudini egoistiche, ad atteggiamenti freddi e violenti, come di pensieri malevoli, e spinte di invidia e di orgoglio.:.

E’ qui che si deve potare, e non una volta sola, perché sempre si ripresentano questi sentimenti, seppure in modi diversi.

E, voi lo sapete bene, Fratelli e Sorelle, non c’è età della vita che non esiga cambiamenti e correzioni, e quindi potature.

E’ la condizione per portare frutto per non seccarsi.

Questi rami che hanno in se’ la morte, NECESSARIAMENTE, IN NOI, DEBBONO ESSERE TAGLIATI E BRUCIATI.

Forse quella sera i discepoli non capirono,e magari, si sono chiesti “…ma che vuol dire rimanere con LUI, se sta per andarsene?

Molto si dovrebbe dire a proposito del verbo “menein”, “rimanere”, che solo nella pagina del vangelo di oggi appare sette volte.

Nel Quarto vangelo ricorre trentatré volte (contro le sole due nel vangelo di Marco), a dire l’importanza teologica di tale espressione, che compare per la prima volta sulla bocca del Battista, per descrivere lo Spirito che “rimane” su Gesù (Gv 1,32).

Ci soffermiamo invece sull’altra simbolica, quella della vite.

Lo storico Giuseppe Flavio, nel libro quindicesimo delle “Antichità giudaiche”, racconta che entrando nel Tempio di Gerusalemme, appena passate le porte d’ingresso al santuario, si poteva assistere a uno spettacolo mozzafiato «In cima a tutto, sotto i fregi, si estendeva una vite d’oro con grappoli pendenti, una meraviglia, per dimensioni e lavorazione, a vedere con quanto prezioso materiale l’opera era stata effettuata».

Forse quell’installazione si trovava nel luogo più sacro dell’ebraismo perché Israele è spesso rappresentata, nel Primo Testamento, come una vite (o una vigna), come si legge in Os 10,1-2, Is 5,1-7, o Ger 2,21.

Nel Salmo 80,9 si dice che il Signore ha «sradicato una vite dall’Egitto», esprimendo la cura con cui Dio si è occupato del suo popolo.

Fratelli e Sorelle, in verità, Gesù indicava una via semplice per restare con lui.

SI RIMANE IN LUI SE LE “SUE PAROLE RIMANGONO IN NOI”.

E’ la via che intraprese Maria, sua madre, la quale “…serbava nel suo cuore tutte queste cose“.

E’ la via che scelse Maria la sorella di Lazzaro, che rimase ai piedi di Gesù.

E’ LA VIA MAESTRA CHE DOBBIAMO PERCORRERE NOI: RIMANERE NEL CUORE DI DIO, ATTRAVERSO IL SACRIFICIO DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO, GRAZIE ALL’AIUTO DELLO SPIRITO SANTO.

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!