«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 23,13-22
+ In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso». Parola del Signore
Mediti…AMO
Sant’Agostino nasce in Africa a Tagaste, nella Numidia in Algeria – il 13 novembre 354 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Dalla madre riceve un’educazione cristiana, ma abbraccia la filosofia aderendo al manicheismo.
Risale al 387 il viaggio a Milano, città in cui conosce sant’Ambrogio, il cui incontro si rivela importante per il cammino di fede di Agostino: ed è da Ambrogio che riceve il battesimo. Torna in Africa con il desiderio di creare una comunità di monaci, e dopo la morte della madre si reca a Ippona, dove viene ordinato sacerdote e vescovo.
Le sue opere teologiche, mistiche, filosofiche e polemiche riflettono l’intensa lotta che Agostino intraprende contro le eresie, a cui dedica parte della sua vita.
Per il suo pensiero, racchiuso in testi come «Confessioni» o «Città di Dio», ha meritato il titolo di DOTTORE DELLA CHIESA, e fa da ponte fra l’Africa e l’Europa.
“Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo…. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace”, scrive Agostino nelle “Confessioni”, perché la sua vita fu proprio così, in due fasi:
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prima l’ansia inquieta di chi, cercando la strada, commette molti errori;
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poi imbroccata la via, sente il desiderio ardente di arrivare alla meta per abbracciare l’amato.
Nelle “Confessioni” dove si dichiara gran peccatore fin da piccolo.
Agostino aveva 16 anni e viveva la sua adolescenza in modo molto vivace ed esuberante e mentre frequentava la scuola di un retore, cominciò a convivere con una ragazza cartaginese, che gli diede nel 372, anche un figlio, Adeodato.
Questa relazione sembra che sia durata 14 anni, quando nacque inaspettato il figlio, Agostino fu costretto “a darsi una regolata”, ed a concentrarsi negli studi, per i quali si trovava a Cartagine.
Le lagrime della madre Monica, cominciavano ad avere un effetto positivo, grazie ad esse, maturò la sua prima vocazione di filosofo.
Purtroppo la lettura della Sacra Scrittura non diceva niente alla sua mente razionalistica e la religione professata dalla madre gli sembrava ora “una superstizione puerile”, quindi cercò la verità nel manicheismo.
Il Manicheismo era una religione orientale fondata nel III secolo d.C. da Mani, che fondeva elementi del cristianesimo e della religione di Zoroastro, suo principio fondamentale era il dualismo, cioè l’opposizione continua di due principi egualmente divini, uno buono e uno cattivo, che dominano il mondo e anche l’animo dell’uomo.
Agostino però tra i manichei non trovò mai la risposta certa al suo desiderio di verità e dopo un incontro con un loro vescovo, Fausto, avvenuto nel 382 a Cartagine, che avrebbe dovuto fugare ogni dubbio, ne uscì non convinto e si allontanò dal manicheismo.
Agostino decise di trasferirsi a Roma, con tutta la famiglia, dove subì una malattia gravissima che lo condusse quasi alla morte, e nel contempo poté constatare che i manichei romani, se in pubblico ostentavano una condotta irreprensibile e casta, nel privato vivevano da dissoluti; disgustato se ne allontanò per sempre.
E Milano ebbe l’opportunità di ascoltare i sermoni di s.Ambrogio, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato s.Ambrogio all’episcopato, a dargli l’ispirazione giusta.
Un successivo incontro con s. Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo.
Nella Quaresima del 386, nella notte del sabato santo, riceve il Battesimo dalle mani di s. Ambrogio.
Dopo qualche mese trascorso a Roma per approfondire la sua conoscenza sui monasteri e le tradizioni della Chiesa, nel 388 ritornò a Tagaste, dove vendette i suoi pochi beni, distribuendone il ricavato ai poveri e ritiratosi con alcuni amici e discepoli, fondò una piccola comunità, dove i beni erano in comune proprietà.
Ma dopo un po’ l’affollarsi continuo dei concittadini, per chiedere consigli ed aiuti, disturbava il dovuto raccoglimento, fu necessario trovare un altro posto e Agostino lo cercò presso Ippona.
Trovatosi per caso nella basilica locale, in cui il vescovo Valerio, stava proponendo ai fedeli di consacrare un sacerdote che potesse aiutarlo, specie nella predicazione. Ma, accortisi della sua presenza, i fedeli presero a gridare “Agostino prete!”
E, la città di Ippona ci guadagnò, perché la sua opera fu fecondissima, e gettava le basi del rinnovamento dei costumi del clero. Scrisse anche una Regola, che poi nel IX secolo venne adottata dalla Comunità dei Canonici Regolari o Agostiniani.
Il vescovo Valerio nel timore che Agostino venisse spostato in altra sede, convinse il popolo e il primate della Numidia, Megalio di Calama, a consacrarlo vescovo coadiutore di Ippona e, nel 397 morto Valerio, egli gli successe come titolare.
Dovette lasciare il monastero e intraprendere la sua intensa attività di pastore di anime, che svolse egregiamente, tanto che la sua fama di vescovo illuminato si diffuse in tutte le Chiese Africane.
Egli fu maestro indiscusso nel confutare le eresie del suo tempo e i movimenti che ad esse si rifacevano. I suoi interventi illuminarono i pastori di anime dell’epoca, e determinarono l’orientamento della teologia cattolica in questo campo.
La sua dottrina e teologia e il suo pensiero da millenni ormai è oggetto di studio per la formazione cristiana, e le tante sue opere, dalle “Confessioni” fino alla “Città di Dio”, gli hanno meritato il titolo di Dottore della Chiesa.
Nel 429 si ammalò gravemente e morì il 28 agosto del 430.
Il suo corpo sottratto ai Vandali durante l’incendio e distruzione di Ippona, venne trasportato poi a Cagliari dal vescovo Fulgenzio di Ruspe, verso il 508-517 ca., insieme alle reliquie di altri vescovi africani.
Verso il 725 il suo corpo fu di nuovo traslato a Pavia, nella Chiesa di S. Pietro in Ciel d’Oro, non lontano dai luoghi della sua conversione, ad opera del pio re longobardo Liutprando († 744), che l’aveva riscattato dai saraceni della Sardegna.
Ma veniamo al testo evangelico odierno. Per capire la rivoluzione che porta il vangelo, è importante ricordarci da dove veniamo.
Quando l’uomo intuisce che deve esistere qualche divinità, la sua prima reazione è quella di averne paura, per cui inventa dei culti di adorazione e sacrifici per evitare che si arrabbino.
Poi inventa altri riti per ottenere qualche favore in guerre, per il raccolto, la salute, per la protezione.
MA ARRIVA GESÙ, E CI INVITA A PASSARE ATTRAVERSO DI LUI CHE E’ LA PORTA STRETTA, PER SEGUIRLO, FACENDOCI PICCOLI, AMANDO E SERVENDO DIO NEI NOSTRI FRATELLI.
Ma ci racconta anche che, questa porta si chiude, quando si pretende di avere diritto ad entrare, perché coloro asseriscono di essere sempre andati a messa ed hanno ascoltato la sua parola, CHE PERO’ NON HANNO MESSO IN PRATICA.
Tutto questo CI FA CAPIRE che non è la pratica religiosa che fa di noi dei cristiani, né “costruisce” la nostra FEDE, ma che il regno dei Cieli è aperto a tutti quelli che, IN CRISTO, VIA VERITÀ E VITA hanno amato, indipendentemente dall’osservanza delle pratiche e delle appartenenze religiose, perchè la Salvezza è universale.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!