… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MATTEO 13,47-53
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Terminate queste parabole, Gesù partì di là. Parola del Signore
Mediti…AMO
Gesù conclude le parabole con un’affermazione che stupisce: loda lo scriba che, diventato discepolo, tira fuori dal suo tesoro cose vecchie e cose nuove.
A chi si riferisce?
Forse Matteo parla dei farisei come Nicodemo o degli scribi che hanno accolto la Parola del Maestro e si sono convertiti e questo è possibile.
Oppure, sostengono alcuni, si riferisce ad alcuni della classe sacerdotale, come sembra essere Giovanni l’evangelista
Molti esegeti, invece, vedono nell’affermazione finale del Vangelo di oggi una sorta di autoritratto dell’evangelista Matteo: è lui lo scriba che sa trarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.
Matteo, in effetti, che la tradizione ci consegna come un pubblicano, era, probabilmente, piuttosto uno studioso delle Scritture, attento conoscitore della Bibbia.
L’ultima immagine che Gesù utilizza per descrivere il Regno di Dio ha molto a che fare con la nostra vita quotidiana: le nostre comunità, come le reti del pescatore, pescano ogni genere di pesci.
È vero: la gente viene in chiesa per ragioni molto diverse, non sempre esemplari.
E noi, invece, viviamo con insofferenza il fatto che nella nostra comunità di appartenenza, ci siano cristiani che giudichiamo poco seri o troppo antiquati o fanatici.
Questa evidenza rovina l’idea di Chiesa pura e santa che inconsciamente portiamo nel cuore, la Chiesa dei perfetti, la Chiesa dei migliori CHE NON È MAI STATA L’IDEA DI CHIESA CHE CRISTO HA VOLUTO.
E poi smettiamola con l’idea di dividere sempre il mondo separando i buoni (e casualmente ci siamo anche noi fra questi…) e i malvagi.
Un’idea che non appartiene al Figliuolo di Dio.
Il confine passa dentro di noi, nelle nostre anime: grano e zizzania CRESCONO DENTRO DI NOI, NON ATTORNO A NOI.
Perciò facciamo come ha saputo fare Matteo, scriba per il Regno, cerchiamo di valutare sempre con intelligenza le novità assoluta che Gesù è venuto a portare, senza cadere nelle solite visioni miserrime, che portiamo nella testa.
Nella sua saggezza, invece, lungo i secoli, la Chiesa ha voluto abitare in mezzo alla gente e fare della parrocchia il volto povero e popolare del Vangelo.
Smettiamola di sognare una Chiesa composta da primi della classe perché -come ho già detto- non è ciò che vuole il Signore Gesù.
Ma torniamo nel testo.
È la seconda volta nella stessa giornata che Gesù parla di un raccolto che avverrà alla fine dei tempi: la prima l’abbiamo avuta con l’esempio dei mietitori, del fatto che ci sarà una selezione tra grano e zizzania, di una fornace, di “pianto e stridore di denti”.
Qui, nel secondo racconto, cambiano gli elementi, ma non il risultato anche se qualcosa di profondamente diverso c’è.
Da sempre i commentatori hanno posto la parabola della rete in connessione a quella delle zizzanie, ma le azioni in cui le due si svolgono sono in altrettanti ambienti opposti:
• nel primo, il campo, abbiamo la Chiesa nella quale purtroppo si annidano seme e operatori estranei alla Parola di Dio e la inquinano;
• nel secondo, la rete, è raffigurato il mondo esterno, nel quale operano ogni sorta di elementi, positivi e negativi, utili e inutili.
Prima di saltare alle conclusioni, guardiamo i componenti del racconto a partire dalla “…rete gettata nel mare” che non va intesa come una normale rete da pesca, ma del tipo a strascico: il greco “saghéne” indica infatti quella rete che veniva gettata nell’acqua a semicerchio e poi trainata dalle barche per i due capi fino a quando non si riempiva di ciò che riusciva a raccogliere, NON SOLO DI PESCE.
Nei versi in esame della nostra versione abbiamo una traduzione non proprio corretta, ma che piuttosto cerca di orientare il lettore costringendolo a fare riferimento alla parabola della zizzania, cui però, nell’insegnamento che ci offre, è indubbiamente collegata.
Il testo originale infatti non riporta “ogni genere di pesci”, ma semplicemente “(cose) di ogni genere” esattamente come i pescatori non “raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi”, ma “raccolgono le cose buone nelle loro ceste e buttano via ciò che non vale nulla”.
Quindi l’attenzione degli addetti non si concentra solo sulla selezione dei pesci commestibili o meno, ma anche su quanto viene raccolto nello strascico, che viene valutato per essere tenuto o gettato.
Da sottolineare la posizione dei pescatori che “si mettono a sedere” prima di operare, con la quale Gesù dà all’immagine un senso di calma, di lavoro di persone esperte, di gesti studiati e di conoscenza, attenzione e cura perché nulla deve andare sprecato.
Questi saggi “lupi di mare”, cercano ciò che è utile e buttano via “ciò che non vale nulla”, cioè “ciò che è guasto, corrotto”.
Fratelli e Sorelle, facciamo bene attenzione.
Ricordiamoci che il compito della chiesa È LA MISSIONE, raffigurata nel brano evangelico, attraverso l’immagine della pesca, affidata alla responsabilità dei discepoli (Mt 4,19), ma l’incarico della cernita, immagine della separazione dei malvagi dai buoni, è affidata agli angeli (Mt 13,41).
Contro ogni tendenza integrista, che sogna una comunità credente di separati e di puri, Gesù annuncia che il tempo presente è l’ambito della tolleranza e della pazienza senza tendenze discriminatorie.
DUNQUE COMPITO DELLA CHIESA È LA MISSIONE, NON IL GIUDIZIO.
Gesù termina il suo discorso con una domanda: “Avete capito tutte queste cose?”
La risposta unanime degli Apostoli fu “SÌ”.
E, viatori, sulle strade del tempo, siamo NOI, oggi, CHE DOBBIAMO RISPONDERE CON FEDE E CORAGGIO LO STESSO “SI”.
La risposta dei discepoli, CHE, COME HO DETTO, VALE ANCHE PER NOI, è importante non solo per la salvezza personale, ma anche per la missione nella Chiesa.
Essi, MA ANCHE NOI, dobbiamo insegnare ciò che abbiamo udito. E possiamo farlo con la stessa autorità di Gesù, solo se ciò che il Maestro ci ha insegnato, lo avremo davvero capito e lo avremo veramente creduto e praticato.
Il cristiano resta per tutta la vita un discepolo, il cui esame deve ancora venire.
Nell’immagine del padrone di casa ci si rivolge particolarmente a quelli che sono attivi nella predicazione e nella catechesi.
Essi devono distribuire il nuovo e l’antico. L’incarico costa fatica e non può essere preso alla leggera.
Riprendiamo allora in mano anche gli scritti dell’Antico Testamento, in gran parte dimenticati nella predicazione.
In essi si trovano tante cose importanti da ricordare, che ci aiutano e ci scuotono.
Ma il solo ricordo non basta: ad esso va aggiunta una esegesi guidata dallo Spirito, come fa Matteo nel suo vangelo.
LA PAROLA VIVENTE, INCARNATA, DI DIO, CHE È GESÙ, viene seminata nella terra del mondo per far germinare e crescere il popolo di Dio.
E non abbiate timore… Il discernimento ultimo tra i buoni e i cattivi è già operato in questo mondo dall’adesione o dal rifiuto nei confronti di Cristo.
E, soprattutto, cerchiamo di fare chiarezza sui modelli evangelici e sui ruoli.
E, per farlo, prendo spunto da una vecchia catechesi di Padre Raniero Cantalamessa, il quale sosteneva che la chiesa e i cristiani nel corso dei secoli si sono adagiati sul ruolo di pastori e NON HANNO NON PIÙ PRESO IN CONSIDERAZIONE QUELLO DEI PESCATORI.
Sappiamo che spesso Gesù usa l’immagine del mare, della pesca o dei pescatori.
Tutti ricordiamo quell’imperativo ai pescatori di Galilea: d’ora in poi sarete pescatori di uomini.
Il Regno stesso è una rete gettata in mare.
E chi sono i pescatori che gettano la rete?
Pietro e compagni, ma anche tutti noi scribi divenuti discepoli del Regno.
Cosa ci suggerisce tutto questo? A mio avviso, questo ci suggerisce che oggi è tempo di ritornare in mare.
LA NOSTRA VITA DA CRISTIANI DOVREMMO GIOCARCELA PIÙ NEL MARE DEL MONDO CHE NEI RECINTI DELLE SACRESTIE.
Come diceva un vecchio cantautore, Pierangelo Bertoli, nella sua stupenda canzone “PESCATORE”, che parla di un pescatore che affronta ogni giorno le fatiche del mare per mandare avanti la famiglia “…IL MARE CI ASPETTA PER RICOMINCIARE”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!