«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 6,52-59
+ In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. Parola del Signore
Mediti…AMO
E finalmente arriviamo nel brano che amo più di tutti, pur se so che NON SI PUO’ fare una graduatoria a scalare.
Il Quarto Evangelo non riporta il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia nel Cenacolo, come invece gli altri TRE Evangeli, ma è proprio qui che si legge, in filigrana, la tradizione viva DELLA CHIESA GIOVANNEA CHE CELEBRAVA LA MEMORIA DI QUELL’ULTIMA CENA, a Kèfar Nàhum, a Cafàrnao, sulle rive nord-occidentali del lago di Tiberiade.
Città nota come la CITTA’ DELL’ANNUNZIO DELL’AUCARISTIA.
Ma è l’unico evangelo che ci dà il profondo significato dell’Eucaristia stessa.
Infatti in Gv 6,11.23, appare per due volte il verbo “EUCHARISTEIN” (ringraziare, rendere grazie).
Nella traduzione italiana diventa un sostantivo e questo le fa perdere tutto quel simbolismo che invece la fa brillare.
Nel nostro Vangelo emerge particolarmente il tema della carne e del sangue.
“Ego Eimì”, “Io sono“, è l’autoaffermazione a mezzo della quale Gesù rivendica la propria condizione divina, ovvero quella di essere “…il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno“.
Gesù garantisce che mettersi alla sua sequela, è ciò che permette all’uomo di avere la vita eterna.
LUI, GESÙ, IL FIGLIO DI DIO, SI FA PANE perché quanti lo accolgono E, A LORO VOLTA, SONO CAPACI DI FARSI PANE SPEZZATO PER GLI ALTRI, DIVENTINO ANCH’ESSI FIGLI DI DIO.
Ben lo esprimeva con solo tre parole, che sono una pennellata di significazione sul quadro della storia, Tertulliano, un padre della Chiesa «Caro cardo salutis» ovvero «La carne è il cardine della salvezza».
PRIMA DI ESSERE UN LIMITE, IL CORPO È UNA POSSIBILITÀ.
Con il corpo noi siamo nel mondo come oggetti e soprattutto come soggetti. Infatti la condizione attuale dei nostri corpi di carne è la cartina al tornasole di una “questione antropologica” che ha nel corpo la sua particolare visibilità.
E, nel corpo c’è prima, di tutto, il segno permanente della nostra “creaturalità”.
Cioè in prima battuta riconosciamo il fatto che non ci siamo fatti da noi stessi, ma siamo stati generati da altri. Che c’era un tempo in cui non c’eravamo e ci sarà un tempo in cui non ci saremo mai più.
La nascita e la morte, che riguardano prima di tutto l’inizio e la fine del nostro corpo vivente, ne sono i riferimenti ineludibili.
Proveniamo da altri, non siamo artefici di noi stessi, non siamo i padroni della nostra esistenza, non ci siamo fatti da noi.
E nemmeno coloro che ci hanno dato la vita sono i padroni e i detentori della nostra, per il semplice motivo che i nostri genitori vivono delle nostre stesse condizioni di vita: anche loro, esattamente come noi, sono nati e moriranno, prima o dopo di noi.
Siamo stati chiamati dal nulla all’esistenza, questo è il punto.
Proveniamo da altro e siamo destinati ad altro, questa è la verità.
Anche se il nostro tempo cerca di convincerci CHE SIAMO FIGLI DI NOI STESSI E CHE IL NOSTRO CORPO È A NOSTRA COMPLETA DISPOSIZIONE, E CHE POSSIAMO ANCHE COCCOLARE QUELLA MALSANA IDEA, CHE, IN MODO RICORRENTE CI SUSSURRA CHE POTREMMO EVITARE LA MORTE.
Delirio SATANICO, direbbero alcuni teologi.
Bisogna allargare gli orizzonti e spalancare la visione, ritornando ad una sana e santa antropologia.
Proprio i PRIMI PADRI DELLA CHIESA, di fronte al fatto che Dio ha preso un corpo di carne in Gesù, hanno coniato l’espressione “Caro cardo salutis”, ovvero che la carne è il cardine della salvezza.
Ripartire dalla considerazione della nostra carnalità dell’esistenza può essere un toccasana per questi nostri confusi tempi.
Dobbiamo imparare a risentirci FIGLI DI DIO, e a credere che la nostra esistenza ha a che fare con qualcosa di misterioso, che noi non possiamo controllare né orientare, ma che è più grande di noi.
Qualcosa che non sta sotto il nostro controllo: siamo immersi in una realtà che ci precede, ci accompagna e ci attende.
E che ci chiede di essere anche interpretata attraverso un discernimento da fare all’interno della nostra stessa esistenza. È qualcosa che, comunque la mettiamo, ci trascende da ogni direzione.
Per noi cristiani ciò indica riconoscere nell’uomo LA SUA SINGOLARITÀ ASSOLUTA, CHE TROVA NEL CORPO DI CARNE UNA CONFERMA INEQUIVOCABILE DELLA SUA UNICITÀ IRRIPETIBILE.
E questo perché:
- ogni persona umana è personalmente desiderata da Dio, amata incondizionatamente e definitivamente,
- è necessaria ed insostituibile nel suo progetto di salvezza,
- ed ha una “vocazione”, una chiamata a realizzarsi in Cristo.
Meglio ancora: si può affermare che, più che “avere” una vocazione, ogni essere umano, buono o cattivo, sano o malato, quali che siano le sue qualità o difetti e limiti, e anche le sue colpe, IL CRISTIANO “È” UNA VOCAZIONE, è egli stesso una chiamata, alla quale DEVE DARE CORPO E ANIMA.
Si tratta, allora, di un modo di affrontare L’INTERO MISTERO DELL’ESSERE UMANO NELLA SUA TOTALITÀ, COME IRRIDUCIBILMENTE UNITO A DIO.
Perché siamo corpo, siamo stati chiamati alla vita, e ogni vita è vocazione. Il corpo di carne è il “minimo comune denominatore” della VOCAZIONALITÀ DELL’ESISTENZA.
La sua fragilità è un appello all’amore e alla cura, al reciproco sostegno e alla dedizione gratuita, alla convivialità gioiosa e alla fraternità operosa.
Solo così correggeremo il tendenziale neo gnosticismo della nostra epoca che ci relega tutti davanti a uno schermo illudendoci di vivere la vita.
E vinceremo la tentazione neo pelagiana che oggi seduce molti, CONVINCENDOLI DI ESSERE ARTEFICI SOLITARI DEL LORO DESTINO.
E in questo terribile scenario, tornando nel testo propostoci oggi dalla Liturgia, per ritrovare e ricentrare la nostra esistenza in Dio, abbiamo un mirabile aiuto, ineguagliabile.
Un aiuto che nessun’altro potrebbe darci “…il pane che io darò è la mia carne, per la vita del mondo“. GESÙ ADOPERA PROPRIO IL TERMINE “CARNE” PER INDICARE LA DEBOLEZZA DELL’UOMO.
Quello che Gesù sta dicendo è molto importante: la vita di Dio non si può rendere visibile e manifestare se non dentro alla realtà umana.
Ecco la mirabile realtà: DIO SCENDE, NEL TEMPO E NELLA STORIA, PER INCONTRARE L’UOMO, basta accorgersene.
Certo, ben difficile è per l’antico ebraismo: un Dio che prima era dipinto come un padrone che pretende doni, ORA SI DONA FINO A MANIFESTARSI NELL’UOMO FACENDOSI ALIMENTO PER LUI.
Questo è inaccettabile ancora oggi per alcune chiese che basano tutto il loro potere sulla separazione tra Dio e gli uomini per farsi mediatrici, PUR SAPENDO CHE L’UNICO MEDIATORE TRA DIO E L’UOMO È CRISTO.
Fratelli e Sorelle, troppo ce ne sarebbe da dire, e non abbiamo in questa sede, né il tempo, né la possibilità.
Il vangelo però qui è chiaro perché parla di ciò che le comunità devono fare, di ciò che ognuno deve fare: CIBARSI DI QUELLA PAROLA ATTRAVERSO LA CARNE DEL NOSTRO FRATELLO, RICORDANDOCI CHE QUALUNQUE COSA CHE FACCIAMO AL PIÙ PICCOLO TRA DI NOI, L’ABBIAMO FATTA AL SIGNORE DEL TEMPO E DELLA STORIA, AL QUALE TUTTO DOBBIAMO.
Perché dobbiamo farlo?
PERCHÉ DIO È IN MEZZO A NOI E VIVE IN NOI
E PERCHE’ L’UOMO HA “LA VOCAZIONE”, la CHIAMATA da parte di DIO
e, in questa vocazione è chiamato a costruire il Regno di Dio, “hic et nunc”.
Scrive il Catechismo della Chiesa cattolica, al n.1394:
- “Come il cibo del corpo serve a restaurare le forze perdute, l’Eucaristia fortifica la carità che, nella vita di ogni giorno, tende ad indebolirsi (…). Donandosi a noi, Cristo ravviva il nostro amore e ci rende capaci di troncare gli attaccamenti disordinati alle creature e di radicarci in lui”.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!