28.01.2023 SABATO SAN TOMMASO D’AQUINO –Mc 4,35-41 “Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo Mc 4,35-41

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Memoria di san Tommaso d’Aquino, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e DOTTORE DELLA CHIESA, quindi Frate Domenicano, dotato di grandissimi doni d’intelletto, trasmise agli altri con discorsi e scritti la sua straordinaria sapienza.

Tommaso d’Aquino rappresenta una delle colonne del pensiero filosofico occidentale e offre l’esempio di un ricercatore che ha saputo vivere intensamente ciò che stava al centro dei suoi studi: IL MESSAGGIO DI CRISTO.

Per questo egli è ancora oggi un testimone profetico, che ci ricorda come parola e azioni debbano sempre corrispondere. Tommaso è noto per la sua monumentale opera teologica e filosofica, in particolare per quel prezioso lavoro di intessitura tra i classici del pensiero e la tradizione cristiana.

La sua eredità di fatto è diventata parte integrante del patrimonio di fede e ha contribuito a modellare il volto della Chiesa. Nato nel 1224 a Roccasecca (Frosinone) e divenuto domenicano nel 1244, studiò a Montecassino, Napoli, Colonia, Parigi dove cominciò anche l’impegno dell’insegnamento. Morì a Fossanova nel 1274.

Tommaso rappresenta uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Socrate, Platone e Aristotele, e poi passati attraverso il periodo ellenistico, specialmente in autori come Plotino.

Fu allievo di sant’Alberto Magno, che lo difese quando i compagni lo chiamavano “il bue muto” dicendo: «Ah! Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un’estremità all’altra della terra!».

Il 29 settembre 1273 egli partecipò al capitolo della sua provincia a Roma in qualità di definitore. Ma alcune settimane più tardi, mentre celebrava la messa nella cappella di San Nicola, Tommaso ebbe una sorprendente visione tanto che dopo la messa non scrisse, non dettò più nulla e anzi si sbarazzò persino degli strumenti per scrivere.

Reginaldo da Piperno, che non comprendeva ciò che accadeva, Tommaso rispose dicendo: «Non posso più. Tutto ciò che ho scritto mi sembra paglia in confronto con quanto ho visto».

«San Bonaventura, entrato nello studio di Tommaso mentre scriveva, vide la colomba dello Spirito accanto al suo volto. Ultimato il trattato sull’Eucaristia, lo depose sull’altare davanti al crocifisso per ricevere dal Signore un segno. Subito fu sollevato da terra e udì le parole: “Bene scripsisti, Thoma, de me quam ergo mercedem accipies? E rispose Non aliam nisi te, Domine”. Anche Paolo fu rapito al terzo cielo, e poi Antonio e tutta una serie di santi fino a Caterina; il volo, il levarsi in aria indica la vicinanza con il cielo e con Dio, con archetipo nelle figure di Enoch e Elia.»
(Il piccolo Tommaso e l'”appetito” per i libri in L’Osservatore Romano, 28 gennaio 2010)

Alla fine di gennaio del 1274 Tommaso e il socius si misero in viaggio per partecipare al concilio che Gregorio X’ aveva convocato per il 1º maggio 1274Lione.

Dopo qualche giorno di viaggio arrivarono al castello di Maenza, dove abitava sua nipote Francesca. È qui che si ammalò e perse del tutto l’appetito. Dopo qualche giorno, sentendosi un po’ meglio, tentò di riprendere il cammino verso Roma, ma dovette fermarsi all’abbazia di Fossanova per riprendere le forze.

Tommaso rimase a Fossanova per qualche tempo e tra il 4 e il 5 marzo, dopo essersi confessato da Reginaldo, ricevette l’eucaristia e pronunciò, com’era consuetudine, la professione di fede eucaristica. Il giorno successivo ricevette l’unzione dei malati, rispondendo alle preghiere del rito. Morì di lì a tre giorni, mercoledì 7 marzo 1274, alle prime ore del mattino dopo aver ricevuto l’Eucaristia.

Le spoglie di Tommaso d’Aquino sono conservate nella chiesa domenicana a Tolosa. La reliquia della mano destra, invece, si trova a Salerno, nella chiesa di San Domenico; il suo cranio si trova invece nella concattedrale di Priverno, mentre la costola del cuore nella Basilica concattedrale di Aquino.

Ma veniamo al testo del vangelo di oggi.

Il brano descrive la tempesta sul lago e ci mostra Gesù che dorme nella barca. Le nostre comunità, molte volte, si sentono come barche perse nel mare della vita, senza molta speranza di poter raggiungere il porto.

E allo stesso modo, Gesù ci sembra si sia addormentato nella nostra barca, perché non ci libera quasi mai dalle nostre difficoltà e persecuzioni. Dinanzi a questa situazione di disperazione, Marco raccoglie diversi episodi che rivelano il modo in cui Gesù è presente nella comunità.  Nelle parabole rivela il mistero del Regno presente nelle cose della vita (Mc 4,1-34).

Poi comincia a rivelare il mistero del Regno presente nel potere con cui GESU’:

  • svolge la sua opera benedetta, a favore dei discepoli, a favore della gente, e favore degli emarginati,
  • vince il mare, simbolo del caos (Mc 4,35-41), perché in lui agisce una forza creatrice,
  • vince e scaccia il demonio (Mc 5,1-20) perché è in Lui un potere che libera da satana,
  • vince l’impurità e la morte (Mc 5,21-43), perché in Lui agisce il potere della vita.

Di conseguenza l’uomo, pellegrino sulle strade dei secoli, non deve temere mai, perché Gesù è con lui. È questo il senso del passaggio sulla tempesta calmata che meditiamo nel vangelo di oggi. Ma cerchiamo di fare il punto della situazione.

Dopo aver annunciato alle folle alcune parabole, da una barca appena scostata dalla spiaggia, Gesù decide di passare all’altra riva del mare di Galilea, per andare verso una terra abitata dai pagani. E questo perché Gesù, pur sentendosi “inviato prima alle pecore perdute della casa di Israele”, vuole annunciare la misericordia di Dio anche “alle genti”, anche in quella terra straniera e non santa.

Ma attenzione, vi ricordate del profeta Giona, chiamato da Dio ad andare a Ninive, città simbolo delle genti pagane, che fugge, in direzione opposta (Gn 1,1-3). GESÙ INVECE, INVIATO DA DIO, VA TRA I PAGANI.

I discepoli, dunque, iniziano la traversata del lago, “prendendo con sé Gesù” (espressione unica, perché di solito è Gesù che prende con sé i discepoli: è sufficiente ripercorrere i versetti di Mc 9,2 e 10,32 e 14,33). Il Maestro è stanco per la lunga giornata di predicazione, e sulla barca cerca un pagliericcio su cui distendersi per riposare.

Ma alla Sua volontà si oppone il mare, luogo dove le forze del male si scatenano in tempesta.

Fratelli e Sorelle, mai si dimentichi che per gli ebrei il mare era:

  • il grande nemico, vinto dal Signore quando fece uscire il suo popolo dall’Egitto (Es 14,15-31);
  • la residenza del Leviathan, il mostro marino (Gb 3,8; Sal 74,14);
  • il grande abisso che, quando scatenava la sua forza, impauriva i naviganti (Sal 107,23-27).

Ed ecco che la potenza del demonio si manifesta in una tempesta di vento, che getta le onde nella barca e tenta di affondarla. È NOTTE, È L’ORA DELLE TENEBRE, E LA PAURA SCUOTE QUEI DISCEPOLI, CHE NON RIESCONO PIÙ A GOVERNARE LA BARCA E IL NAUFRAGIO SEMBRA ORMAI INEVITABILE, EPPURE GESÙ, A POPPA, DORME SERENAMENTE…

E, i discepoli, in preda all’angoscia, al vedere Gesù addormentato decidono di svegliarlo e gridano “Maestro, non t’importa nulla che siamo perduti?”.

Essi lo chiamano maestro, e con parole brusche contestano il suo NON INTERVENIRE IN LORO FAVORE.

Parole che nella versione di Matteo diventeranno una preghiera “Signore (Kýrios), salvaci, siamo perduti!” (Mt 8,25) e in quella di Luca una chiamata “Maestro, maestro, siamo perduti!” (Lc 8,24).

Di fronte a questa mancanza di fede, Gesù sgrida il vento ed esorcizza il mare, “dicendogli: ‘Taci, calmati!’. E subito il vento cessò e vi fu grande bonaccia”.

Questo miracolo operato da Gesù, ha una grande portata simbolica, perché ognuno di noi nella propria vita vive, o ha vissuto, ore di tempesta. In queste situazioni, quando durano a lungo, si ha l’impressione che l’invisibilità di Dio sia in realtà un suo dormire, un non vedere, un non sentire le grida e i gemiti di chi si lamenta.

Ed ecco che, la poca fede fa gridare ai credenti “Dio dove sei? Perché dormi? Perché non intervieni?” (Sal 35,23; 44,24; 59,6, ecc.). tutti lo facciamo, anche se magari crediamo di avere una fede matura, essendo cristiani adulti, nella prova interroghiamo COMUNQUE Dio sulla sua presenza, e talvolta a dubitiamo pure della sua capacità di essere il nostro Salvatore.

La sofferenza, l’angoscia, la paura, la minaccia alla nostra esistenza personale o comunitaria ci rendono simili ai discepoli sulla barca della tempesta.

Anche noi come loro, siamo discepoli senza fede, senza adesione a Gesù: lo seguono, lo ascoltano, ma non mettono in lui piena fiducia…

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!