27.11.2022 – DOMENICA 1′ SETTIMANA DI AVVENTO A – Matteo 24,37-44 “Vegliate, per essere pronti al suo arrivo”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo Matteo 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Con questa prima domenica di Avvento inizia il nuovo cammino spirituale dell’anno liturgico 2022/2023, un tempo di GRAZIA particolare che il Signore ci dona ogni anno, per prepararci degnamente alla solennità del Natale, che ormai è alle porte.

La parola Avvento ha la sua origine dal latino “Adventus” che NON significa “Venuta“, ma è una traduzione del greco parousìa che significa, invece, “presenza” o meglio ancora “arrivo”, cioè “presenza iniziata”.

Nell’antichità era usato abitualmente per parlare della presenza di un re o di un sovrano o del Dio del culto, che dona ai suoi il tempo della «parousìa».

Avvento significa quindi presenza iniziata, presenza di Dio stesso.

E questo tempo ci ricorda perciò due cose diverse:

  1. anzitutto, che la presenza di Dio nel mondo è già incominciata, che egli è già misteriosamente presente;
  2. in secondo luogo, che la sua presenza è appena iniziata, non è ancora completa: essa deve ancora crescere, divenire, maturare.

La sua presenza è già iniziata ed è per mezzo di noi credenti che egli vuol essere presente nel mondo.

Mediante la nostra Fede, la nostra speranza ed il nostro amore, egli vuol far risplendere continuamente la sua luce nella notte del mondo.

Quelle luci, che noi accendiamo nelle notti buie di questa stagione invernale, sono conforto ed ammonimento al tempo stesso: certezza incoraggiante che «la luce del mondo» è già spuntata nell’oscurità della notte di Betlemme ed ha trasformato la notte infausta del peccato umano nella fausta notte del perdono divino di questo peccato.

Attenzione però che questa luce, vuole e può continuare a risplendere, solo se splende in coloro che, in quanto cristiani, continuano l’opera di Cristo nel cammino nei secoli.

La luce di Cristo vuole illuminare la notte del mondo mediante IL NOSTRO ESSERE-LUCE.

E la sua presenza iniziata deve crescere ulteriormente per opera nostra, fino al suo ritorno definitivo nella Gloria…

E questo può avvenire solo se la vigilanza, a cui siamo richiamati nel tempo di Avvento, viene da noi svolta a 360’, proprio perché non sappiamo il giorno né l’ora, in cui il Signore verrà.

Perché la venuta, dice Gesù nella pagina di Matteo, sarà come ai tempi del diluvio.

È interessante notare come l’evangelista Matteo, riferendosi al tempo del diluvio, non accenni, come invece fa il libro della Genesi, alla malvagità e alla violenza di quella generazione.

Infatti, scrive il libro della Genesi “…la malvagità era grande sulla terra, ogni disegno concepito nel cuore non era altro che male, la terra per causa loro era piena di violenza“.

Ebbene la generazione del diluvio, nella redazione del vangelo di Matteo, non viene rimproverata per la sua malvagità e violenza.

Essa fa le cose che fanno tutti, le cose che appartengono al nostro vivere quotidiano “Mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito“.

Il rimprovero dunque non può essere evidentemente per queste cose, ma è per quello che segue.

È scritto infatti “…e non si accorsero di nulla, finché non venne il diluvio e inghiottì tutti“.

E come essa, anche la nostra è una generazione che non si accorge di nulla, perché non mette attenzione e lucidità nelle cose che fa, ragion per cui viene inghiottita dagli eventi.

Ecco allora che ciò che viene rimproverato è questa indifferenza, questa incoscienza, del vivere senza sospetto, senza discernimento. E così non ci rendiamo conto che ECCE DOMINUS VENIET. PROPE EST DOMINUS. Ecco il Signore verrà. Il Signore è vicino.

Avvento, quindi, come tempo di attesa, di riconciliazione e perdono, sospinti in questo cammino di conversione dalle parole stesse di Gesù Cristo nella sua prima venuta tra noi.

La venuta di Cristo è l’arrivo del volto misericordioso di Dio Padre che in Gesù Cristo, Verbo Incarnato ci mostra tutta la tenerezza di un Dio che è perdono ed amore.

La vita umana deve essere esattamente un tempo di “avvento”, cioè un’attesa e una preparazione alla Sua nuova ultima e definitiva venuta.

Anche se a questa vita “ci abbiamo fatto il callo”, come si suol dire.

E a nulla serve che ogni domenica, la Parola di Dio viene proclamata nella comunità cristiana perché il giorno del Signore sia illuminato dalla luce che promana dal mistero pasquale.

Nella celebrazione eucaristica c’è infatti un vero dialogo tra Dio e il suo popolo.

Nella proclamazione delle Letture, infatti, si ripercorre la storia della nostra salvezza attraverso l’incessante opera di misericordia che viene annunciata.

Dio parla ancora oggi con noi come ad amici, si “intrattiene” con noi per donarci la sua compagnia e mostrarci il sentiero della vita.

La sua Parola si fa interprete delle nostre richieste e preoccupazioni e risposta feconda perché possiamo sperimentare concretamente la sua vicinanza.

Una Parola che è forte ed incisiva per chi vuole cambiare vita ed è seriamente intenzionato a rompere con il passato di peccato.

Ci ammonisce l’Apostolo Paolo (Romani capitolo 13) “…è ormai tempo di svegliarci dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestiamoci invece del Signore Gesù Cristo”.

E questo cambiamento di vita lo facciamo vivendo intensamente la comunione con il corpo e sangue di Cristo, quando ci accostiamo al sacramento dell’Eucaristia e al tempo stesso quando scopriamo e contempliamo la stessa Presenza Divina del Cristo Risorto nella carne dei poveri, dei sofferenti.

Il giudizio finale sulla nostra esistenza terrena sarà sulla qualità della nostra condivisione di vita con chi ha fame, con chi ha sete, con il nullatenente, con l’immigrato, con l’ammalato, con il carcerato.

Modalità attraverso le quali Cristo si è fatto presente negli incontri della nostra vita e ha interpellato il nostro modo di ESSERE CARITA’ VISSUTA.

Dirà infatti, quello che avete fatto loro «…l’avete fatto a me» (Mt 25, 45b).

Non saremo giudicati per quante volte siamo andati a Messa o per quante Adorazioni Eucaristiche abbiamo fatto.

Perché, come ci raccontava evangelicamente il compianto Vescovo di Molfetta, Don Tonino Bello, nella sua indimenticabile opera “STOLA E GREMBIULE”, la Comunione eucaristica senza la lavanda dei piedi è incompleta.

Ecco allora che siamo chiamati, Fratelli e Sorelle, «a rivestirci del Signore Gesù Cristo oggi, qui ed ora» griderà Paolo di tarso ai cristiani che vivono a Roma (in Rm.13,14a).

E noi, ci rivestiamo di Cristo, QUANDO DIAMO TESTIMONIANZA AL MONDO DELLA NOSTRA GIOIA DI ESSERE UNITI NELLA CARITÀ.

Allora diventiamo la vera Chiesa voluta dal Padre, diventiamo il corpo di Cristo, luce del mondo con Lui, NOSTRO PASTORE E CAPO.

E, la bellezza del rivestirci di Cristo con la nostra appartenenza ecclesiale la contempliamo attraverso quell’immagine simbolica del tempio di Gerusalemme che cantava, oltre un millennio fa, il grande Profeta Isaia, indicando quel «…monte del tempio del Signore, che sarà elevato sulla cima dei monti, e ad esso affluiranno tutte le genti» (Is.2,2).

In questo canto c’è l’annuncio profetico della Chiesa, che viene paragonata al tempio.

E di quella Chiesa, di quella bella costruzione che dovrebbe diventare un punto di riferimento per tutti i popoli della terra, NOI SIAMO PIETRE LE VIVE.

Lo diventiamo veramente se irradiamo, tra noi, la luce di quella Comunione, che è frutto dell’azione dello Spirito che ci unisce al Padre con il Figlio.

E per far ciò, Fratelli e Sorelle, è ora che ci svegliamo da quel torpore spirituale che opprime la nostra anima e la nostra vita.

È tempo di gettare “alle ortiche” le opere del peccato. È tempo di agire onestamente, evitando tutti quei comportamenti deplorevoli da un punto di vista morale, che ogni giorno siamo affaccendati a porre in essere: orge, ubriachezze, furti, omicidi, impurità di ogni genere, litigi, gelosie e Dio solo sa cos’altro.

E, nella nostra poca sapienza, siamo disponibili a tutte le venute, alle più illusorie promesse, disposti ad accogliere le più utopistiche ideologie di redenzione sociale e culturale, e non riusciamo a credere ad una realtà in cammino nel segno delle beatitudini evangeliche.

Questo Avvento ci invita -grazie a Dio- a vivere con la fede il tempo di attesa che caratterizza la vita cristiana e lo stesso cammino della Chiesa.

Siamo chiamati, Fratelli e Sorelle, a diventare imitatori di Gesù, della sua bontà e del suo perdono verso tutti.

Ogni giorno dobbiamo imparare a fare spazio nella nostra vita al bene e al bello, a non chiudere il cuore agli altri, a non escludere nessuno dalla nostra vita.

Questo significa vivere il tempo dell’attesa.

Vivere un’attesa operosa, impegnata, così che, quando il Signore verrà, ci riconoscerà proprio perché gli assomiglieremo.

Madre Teresa di Calcutta si sentiva una matita nelle mani di Dio. Ed era felice di essere usata da lui.

Incontrava gli ammalati e i poveri, e loro vedevano nel suo sorriso, nel suo cuore e nel suo abbraccio, il sorriso, il cuore e l’abbraccio di Dio. Madre Teresa somigliava davvero a Gesù! Ha vissuto tutta la sua vita attendendolo e preparandosi con gioia a quell’incontro.

Diceva un grande sacerdote, che ho avuto il privilegio di conoscere, IL SERVO DI DIO, Don Oreste Benzi (1925-2007, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII^):

  • “Entriamo in un tempo forte, il tempo della venuta di Cristo che culmina con il Santo Natale, ma ci saranno quattro settimane di forte preparazione perché il Cristo, che è già nei nostri cuori, rinasca e risplenda. Viene Gesù! Tutte e quattro le settimane avranno una musichetta di sottofondo, che è questa: «Vegliate e pregate, vegliate e pregate», trasformate ogni realtà in un centro di preghiera. Alla fine direte: «Che bel Natale!»”.

E vorrei concludere con un monito che mi riporta sempre alla realtà.

Il caro sant’Agostino, Vescovo di Ippona, usava spesso un’espressione “Timeo Dominum fuentem”, “Ho paura del Signore che passa”, non perché avesse paura di chissà cosa Dio potesse fargli, ma del non accorgersi del passaggio di Dio nella sua giornata e, quindi, nella sua esistenza.

Ci aiuti e ci insegni il Signore del Tempo e della Storia ad essere vigilanti e a poter scorgere il suo sopraggiungere nella nostra vita, ed a vivere questo tempo per desiderare e attendere quel Dio che viene, usando una immagine evangelica, come un ladro.

Ma un ladro particolare, che viene nel tempo delle stelle, in silenzio, senza rumore e clamore, senza apparenza, che non ruba niente, MA INVECE CHE DONA TUTTO.

Si accorgono di lui i desideranti, i pastori, quelli che vegliano col cuore, al lume delle stelle.

Quelli dagli occhi profondi e trasparenti che sanno vedere quanto dolore e quanto amore, quanto Dio c’è, incamminato nel mondo.

MA ANCHE DIO, FRA LE STELLE, COME UN DESIDERANTE, ACCENDE LA SUA LUCERNA E ATTENDE, SENZA STANCARSI MAI, CHE –FINALMENTE– IO MI INCAMMINI VERSO CASA.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!