27.09.2022 – MARTEDI’ SAN VINCENZO DE’ PAOLI – LUCA 9,51-56 “Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo LUCA 9,51-56

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO

Nella storia della cristianità, fra le innumerevoli schiere di martiri e santi, spiccano in ogni periodo storico delle figure particolari, che nel proprio campo di apostolato, sono diventate dei colossi, su cui si fonda e si perpetua la struttura evangelica, caritatevole, sociale, mistica, educativa, missionaria, della Chiesa.

E fra questi suscitatori di Opere, fondatori e fondatrici di Congregazioni religiose, pastori zelanti di ogni grado, ecc., si annovera la luminosa figura di san Vincenzo de’ Paoli, che fra i suoi connazionali francesi era chiamato “Monsieur Vincent”.

Nato a Pouy in Guascogna il 24 aprile 1581, fu ordinato sacerdote a 19 anni. Nel 1605 mentre viaggiava da Marsiglia a Narbona fu fatto prigioniero dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi. Venne liberato dal suo stesso «padrone», che convertì. Da questa esperienza nacque in lui il desiderio di recare sollievo materiale e spirituale ai galeotti. Alla sua scuola si formarono sacerdoti, religiosi e laici che furono gli animatori della Chiesa di Francia, e la sua voce si rese interprete dei diritti degli umili presso i potenti. Promosse una forma semplice e popolare di evangelizzazione. Fondò i Preti della Missione (Lazzaristi) e insieme a santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità (1633). Diceva ai sacerdoti di S. Lazzaro: «Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto». Per lui la regina di Francia inventò il Ministero della Carità. E da insolito «ministro» organizzò gli aiuti ai poveri su scala nazionale. Morì a Parigi il 27 settembre 1660 e fu canonizzato nel 1737.

Impegnato alacremente nella missione fondò nuove comunità, che dovevano far vita comune, rinunziare alle cariche ecclesiastiche, e predicare nei villaggi di campagna; inoltre occuparsi dell’assistenza spirituale dei forzati e insegnare il catechismo nelle parrocchie nei mesi estivi. Intanto i missionari si erano spostati nel priorato di San Lazzaro, da cui prenderanno anche il nome di “Lazzaristi”. In seguito Vincenzo accettò che i suoi Preti della Missione o Lazzaristi, riuniti in una Congregazione senza voti, si dedicassero alla formazione dei sacerdoti, con Esercizi Spirituali, dirigendo Seminari e impegnandosi nelle Missioni all’estero come in Madagascar, nell’assistenza agli schiavi d’Africa.

Quando morì nel 1660, la sola Casa di San Lazzaro, aveva già dato 840 missioni e un migliaio di persone si erano avvicendate in essa, per turni di Esercizi Spirituali. La feconda predicazione nei villaggi, suscitò la vocazione all’apostolato attivo, prima nelle numerose ragazze delle campagne poi in quelle della città; desiderose di lavorare nelle ‘Carità’ a servizio dei bisognosi, ma anche consacrandosi totalmente.

Vincenzo de’ Paoli intuì la grande opportunità di estendere la sua opera assistenziale, lì dove le “Dame della Carità” per la loro posizione sociale, non potevano arrivare personalmente. Affidò il primo gruppo per la loro formazione, ad una donna eccezionale s. Luisa de Marillac (1591-1660) vedova Le Gras, era il 29 novembre 1633; Luisa de Marillac le accolse in casa sua e nel luglio dell’anno successivo le postulanti erano già dodici. La nuova Congregazione prese il nome di “Figlie della Carità”; i voti erano permessi ma solo privati ed annuali, perché tutte svolgessero la loro missione nella più piena libertà e per puro amore; l’approvazione fu data nel 1646 dall’arcivescovo di Parigi e nel 1668 dalla Santa Sede. Ancora oggi le Figlie della Carità, costituiscono la Famiglia religiosa femminile più numerosa della Chiesa.

Attraverso l’Opera degli Esercizi Spirituali, i Preti della Missione divennero di fatto, i più prestigiosi e qualificati formatori dei futuri sacerdoti, al punto che l’arcivescovo di Parigi dispose che i nuovi ordinandi, trascorressero quindici giorni di preparazione nelle Case dei Lazzaristi. Più tardi, nel priorato di San Lazzaro, l’Opera degli Esercizi Spirituali si estese a tutti gli ecclesiastici che avessero voluto fare un ritiro annuale e anche a folti gruppi di laici.

Fu riformatore della predicazione, fino allora barocca, introducendo una semplice tecnica oratoria: della virtù scelta per argomento, ricercare la natura, i motivi di praticarla, ed i mezzi più opportuni. Per lui apostolo della carità fra i prigionieri ed i forzati, re Luigi XIII, su suggerimento di Filippo Emanuele Gondi, istituì la carica di Cappellano capo delle galere (8 febbraio 1619), questo gli facilitò il compito e l’accesso nei luoghi di pena e di partenza dei galeotti rematori; dal 1640 il compito passò anche ai suoi Missionari e alle Dame e Figlie della

Nei dodici capitoli delle “Regulae”, Vincenzo ha condensato lo spirito che deve distinguere i suoi figli come religiosi: la spiritualità contemplativa del pensiero del card. de Bérulle, sotto la cui direzione egli rimase per oltre un decennio; l’umanesimo devoto di s. Francesco di Sales, suo grande amico, del quale lesse più volte le opere spirituali e l’ascetismo di s. Ignazio di Loyola, del quale assimilò il temperamento pratico; elaborando da queste tre fonti una nuova dottrina spirituale.

Le virtù caratteristiche dello spirito vincenziano, secondo la Regola dei Missionari, sono le “cinque pietre di Davide”, cioè la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione e lo zelo per la salvezza delle anime.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

Gesù, che si dirige coraggiosamente verso Gerusalemme, esprime la sua decisione totale di fare la volontà del Padre, morendo per amore sulla croce. Il verbo “sarebbe stato tolto dal mondo” indica il compiersi del disegno di Dio.

Questa lunga camminata è simbolo, nello stesso tempo, del viaggio che le comunità stanno facendo.

Loro cercano di svolgere un passaggio difficile dal mondo giudeo verso il mondo della cultura greca.

Simbolizzava anche la tensione tra il Nuovo e l’Antico che si chiudeva sempre più in sé stesso.

E simbolizza anche la conversione che ognuno di noi deve vivere, cercando di seguire Gesù.

Durante il viaggio, i discepoli e le discepole cercano di seguire Gesù, senza tornare indietro. Non sempre ci riescono.

Gesù dedica molto tempo ad istruire coloro che lo seguono da vicino. Un esempio concreto di questa istruzione lo abbiamo nel vangelo di oggi.

All’inizio del viaggio, Gesù esce dalla Galilea e porta con sé i discepoli verso il territorio dei samaritani. Cerca di formarli affinché siano in grado di capire l’apertura verso ciò che è nuovo, verso l’“altro”, il differente.

È interessante un particolare che l’odierna traduzione non ci permette di cogliere, relativo al fatto che Gesù decide di andare a Gerusalemme.

Il testo greco dice letteralmente …”Quando si completarono i giorni della sua assunzione (rapimento), Gesù volse risolutamente la sua faccia verso Gerusalemme”.

L’espressione assunzione evoca il profeta Elia rapito in cielo (2Re 2,9-11). L’espressione volgere la faccia evoca il Servo di Yahwè (Is 50,7) che diceva “…rendo la mia faccia dura come pietra sapendo di non restare deluso”.

Ma, al contempo, evoca anche un ordine che il profeta Ezechiele (21,7) ricevette da Dio “Volgi la faccia verso Gerusalemme!”.

Usando queste espressioni Luca suggerisce che camminando verso Gerusalemme, inizia un’opposizione più dichiarata di Gesù contro il progetto dell’ideologia ufficiale del Tempio di Gerusalemme.

L’ideologia del Tempio voleva un Messia glorioso e nazionalista. Gesù vuole essere un Messia Servo.

Durante il lungo viaggio, questa opposizione crescerà ed alla fine, termina nell’assunzione (rapimento) di Gesù. L’assunzione di Gesù è la sua morte in Croce, seguita dalla risurrezione.

Gesù viene tolto dal mondo dagli uomini ed elevato fino al cielo da Dio.

LA STESSA PAROLA ESPRIME LE DUE FACCE DI UN’UNICA REALTÀ, VISTA RISPETTIVAMENTE COME AZIONE DELL’UOMO E COME AZIONE DI DIO.

L’uomo compie il sommo male togliendo di mezzo il Figlio di Dio e Dio compie il sommo bene innalzandolo a sé nella gloria.

Gesù è l’inviato del Padre che accoglie tutti e proprio per questo non viene accolto (quasi) da nessuno.

Il peccato di tutti è il non accogliere la piccolezza di Dio in Gesù; è questa piccolezza la sua vera grandezza!

Giacomo e Giovanni si sentono associati con Gesù, ma non capiscono che l’unico suo potere è l’impotenza di uno che si consegna per amore.

Egli non porta il fuoco che brucia i nemici, ma l’amore che li perdona. Lo zelo senza discernimento, principio di tutti i roghi di tutti i tempi, è esattamente il contrario dello Spirito di Cristo. Giovanni, più tardi (At 8,15-17), ritornerà in Samaria con Pietro, e invocherà sugli stessi samaritani l’Amore del Padre e del Figlio: il fuoco dello Spirito, l’unico che Dio conosce e che il discepolo deve invocare sui nemici.

Gesù è la misericordia che vince il male non solo dei samaritani, ma anche e prima ancora, dei suoi discepoli. Egli rivela un Dio di compassione e di tenerezza, ignoto a tutti, ai vicini e ai lontani.

Anche se a lunga scadenza, l’impotenza di un Dio che ama avrà l’ultima parola, perché l’ultima parola è Amore.

Certamente, le lunghe camminate che piacciono a noi sono quelle che conducono verso il successo, verso la gloria, verso il benessere. La camminata di Gesù verso Gerusalemme, significa invece, andare incontro alla morte, verso la disfatta totale.

È difficile rassegnarsi alla morte sempre e comunque. Per i discepoli, per i seguaci di Cristo, quegli annunci reiterati, li hanno gettati nello sbigottimento.

Non possono e non vogliono credere che il seguire Gesù possa significare un fallimento totale delle loro aspettative e dei loro sogni di grandezza.

Non si rassegnano all’idea che il Figlio di Dio, che compie prodigi e risuscita i morti, debba poi lui stesso soccombere alle trame degli uomini.

Al rifiuto degli apostoli segue quello degli abitanti di un villaggio, dove sono giunti i discepoli, come messaggeri, per preparare la venuta del Cristo. «Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme».

Il motivo del rifiuto è lo stesso che scandalizza gli apostoli. È lo scandalo della croce che, prima ancora di essere innalzata, già sconvolge le menti dei deboli.

Ci vuole fede grande e fortezza incrollabile per comprendere il piano divino di salvezza.

E, concludo, regalandovi un piccolo esercizio di pazienza, laddove intendeste crescere in questo nostro comune cammino di conoscenza della PAROLA DI DIO.

Nei dieci capitoli che descrivono il viaggio fino a Gerusalemme (Lc 9,51 a 19,28), Luca, costantemente, ricorda che Gesù è in cammino verso Gerusalemme (Lc 9,51.53.57; 10,1.38; 11,1; 13,22.33; 14,25; 17,11; 18,31; 18,37; 19,1.11.28).

Raramente, dice per dove Gesù andava. Solo qui all’inizio del viaggio (Lc 9,51), in mezzo (Lc 17,11) ed alla fine (Lc 18,35; 19,1), si sa qualcosa riguardo al luogo dove Gesù stava andando.

Ciò vale per le comunità di Luca e per tutti noi. Ciò che è sicuro è che dobbiamo camminare. Non possiamo fermarci. Ma non sempre è chiaro e definito per dove passiamo.

Ciò che è sicuro è l’obiettivo, PER OGNUNO DI NOI: GERUSALEMME.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!