27.08.2023 – DOMENICA XXI P.A. A – MATTEO 16,13-20 “…ma voi, chi dite che IO SIA…”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MATTEO 16,13-20

+ In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Parola del Signore

Mediti…AMO

Gesù dopo essere passato da Bethsaida, cittadina posta sulla riva occidentale del lago e patria di Pietro, Andrea e Filippo, dove aveva ridato la vista a un cieco (7, 22-26), ritorna in patria e precisamente a Cesarea di Filippo, cittadina situata alle falde orientali del monte Hermon, una città della Galilea situata alle sorgenti del Giordano.

Cesarea di Filippo era  situata a 40 chilometri da Betsaida, all’estremo limite settentrionale della Palestina, ai confini col mondo pagano. E’ alle frontiere del mondo dei credenti che Pietro proclama la sua fede in Gesù Messia.

Questa città rappresenta, tra quelle visitate da Gesù, la città più lontana da Gerusalemme (170 km) e dai centri di potere, una città che si trovava in territorio pagano, straniero (attualmente si trova in Siria, a soli 50 km da Damasco).

Una città moderna, giovanissima, fondata meno di vent’anni prima della visita di Gesù, dal TETRARCA FILIPPO, in onore dell’imperatore Tiberio Cesare.

Questi riferimenti storico-geografici non sono privi di significato. Gesù, infatti, sceglie questo luogo così periferico, così lontano dalla Città Santa e dal Tempio, così privo di storia e d’identità culturale, per porre ai discepoli “per la strada” (particolare non privo di significato) due domande-chiave sulla sua persona:

  1. “La gente, chi dice che io sia?” riguarda la percezione che le folle hanno del messaggio che Gesù è venuto ad annunciare; la seconda

  2. “Ma voi, chi dite che io sia?” riguarda invece più direttamente i discepoli, e soprattutto la relazione che finora, a metà del cammino, hanno saputo costruire con il loro Maestro.

Sembra un sondaggio d’opinione e infatti gli apostoli rispondono come se si trattasse veramente di questo.

Alcuni dicono Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia…” Neanche una risposta azzeccata; le sbagliano proprio tutte.

Allora chiede ai discepoli: “E voi chi dite che io sia?

E Pietro questa volta azzecca in pieno la risposta “…Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente“.

Magnifico Pietro che viene addirittura beatificato da Gesù, seduta stante “…Beato sei tu Simone figlio di Giona“.

Ma occorre stare bene attenti a ciò che dice immediatamente dopo, e cioè che né il sangue né la carne glielo hanno rivelato, MA IL PADRE SUO E NOSTRO.

Come dire “bravo Pietro hai risposto giusto ma non è farina del tuo sacco, è DIO che te lo ha suggerito“.

Ma, allo stesso tempo, non è un giudizio sminuente, quello de Signore, perché ci fa capire che Pietro, può ritenersi doppiamente beato, PERCHÉ DOPO AVER RICEVUTO LA BEATIFICAZIONE DAL FIGLIO GLI VIENE RIVELATO CHE IL SUGGERITORE ERA ADDIRITTURA IL PADRE CELESTE.

Ed ecco quindi il famoso segreto messianico, ormai lo sappiamo: il Signore proibisce ai Dodici di dire ad alcuno che Egli è il Cristo, perché non era ancora giunta la sua ora, l’ora del Calvario, l’ora in cui sarebbe diventato a pieno titolo il Cristo.

Tu sei il Cristo” apparentemente è la professione di fede più bella che ci si potesse attendere dal capo degli apostoli, tant’è vero che in MATTEO, c’è la dichiarazione da parte di Gesù DEL PRIMATO DI PIETRO SULLA CHIESA NASCENTE.

MARCO invece continua la sua narrazione con due rimproveri: il primo rivolto a tutti i discepoli, il secondo – certamente più duro – allo stesso Pietro.

ANCHE I DUE RIMPROVERI, DI FATTO, HANNO LO STESSO TENORE, PERCHÉ SONO ORIENTATI A FARE IN MODO CHE I DISCEPOLI NON PARLINO DI LUI ALLA GENTE IN MANIERA DISTORTA E FUORVIANTE, OVVERO “SECONDO LA MENTALITÀ DEGLI UOMINI“, CHE NOI SAPPIAMO È BEN DIVERSA DA QUELLA DI DIO.

Ma cerchiamo di riflettere bene, Fratelli e Sorelle.

La domanda di Gesù non mirava affatto a ottenere in risposta una formula dottrinale, tanto meno dogmatica, MA CHIEDEVA AI DISCEPOLI DI MANIFESTARE IL LORO RAPPORTO CON LUI, IL LORO COINVOLGIMENTO CON LA SUA VITA, LA FIDUCIA CHE RIPONEVANO IN LUI.

È una domanda che anche noi dobbiamo farci ogni giorno della nostra vita. Perché la nostra adesione a Gesù dipende proprio da ciò che viviamo nella conoscenza della sua persona. Chi è Gesù per me?, è la domanda incessante del cristiano, che cerca di non fare di Gesù il prodotto dei suoi desideri o delle sue proiezioni, ma di accogliere la conoscenza di lui da Dio stesso, contemplando il Vangelo e ascoltando lo Spirito santo.

La nostra fede sarà sempre parziale e fragile, ma se è “fede” che “nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), è fede vera, non illusione né ideologia.

Secondo Matteo qui i discepoli restano muti, ed è solo Pietro che proclama, con una risposta personale “…Tu sei il Cristo, il Messia, il Figlio del Dio vivente”.

Egli dice che Gesù non solo un maestro, non è solo un profeta, ma è il Figlio di Dio, in un rapporto intensissimo con Dio, che possiamo esprimere con la metafora padre-figlio.

In Gesù c’è ben più di un uomo chiamato da Dio come un profeta: C’È IL MISTERO DI COLUI CHE LA CHIESA, APPROFONDENDO LA PROPRIA FEDE, CHIAMERÀ SIGNORE (KÝRIOS), CHIAMERÀ DIO (THEÓS).

È vero che in ebraico l’espressione figlio di Dio (ben Elohim) era un titolo applicato al Messia, l’Unto del Signore (2Sam 7,14 e Sal 2,7 e 88,27-28), ma applicato anche al popolo di Israele (Es 4,22), MA QUI PIETRO CONFESSA CHIARAMENTE IN GESÙ L’UNICITÀ DEL FIGLIO DI DIO VIVENTE.

E, facciamo ancora attenzione, se in Marco e in Luca Pietro esprime la fede dell’intero gruppo dei discepoli (Mc 8,29 e Lc 9,20), qui invece parla a nome proprio, e per questo la risposta di Gesù è rivolta a lui solo “…Beato sei tu, Simone, figlio di Jonà, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”.

Pietro, proclamando Gesù come “CRISTO“, altro non fa’ che tradurre in greco il concetto ebraico di “MESSIA” inteso come leader politico, ossia lo stesso che pensavano le folle.

E, laddove ce ne fosse bisogno, la prova sta nel fatto che, quando Gesù rimprovera il gruppo e offre loro la spiegazione chiara di ciò che significhi essere Messia, PIETRO SI OPPONE A MUSO DURO E SI ERGE LUI STESSO A “EDUCATORE” DI GESÙ, “CATECHIZZANDOLO” IN MODO NON CERTO CLEMENTE.

Il verbo “rimproverare” (che Marco usa per ben tre volte in questo brano) è lo stesso che viene attributo a Gesù quando caccia i demoni “sgridandoli“…

Povero Pietro! Rimprovera Gesù come se avesse fatto un’affermazione “demoniaca” a proposito di se stesso e della sua missione.

E allora Gesù fa bene a rimetterlo al suo posto, e a dirgli che di satana, lì, ce n’era uno solo, ed era ben evidente chi fosse. E attraverso le folli parole di Pietro, Satana pareva arrivato “a pennello”, “per la strada”, A PORTARE VIA DAL CUORE DEI DISCEPOLI IL SEME DELLA PAROLA GETTATO POCO PRIMA DA GESÙ (facciamo bene attenzione, Fratelli e Sorelle, che è lo stesso MARCO che parla di satana come colui che porta via il seme gettato “per la strada” dal seminatore).

PER LA STRADA, OSSIA MENTRE SI ANNUNCIA IL VANGELO NELLE PERIFERIE DEL MONDO, OCCORRE FARE MOLTA ATTENZIONE, PER GLI SCHEMI MENTALI CHE ABBIAMO IN TESTA, QUANDO ANNUNCIAMO IL VANGELO, O PER L’IMMAGINE DISTORTA DEL MESSIA CHE ANNUNCIAMO AGLI ALTRI PENSANDO DI AVERE L’ESCLUSIVA INTERPRETAZIONE SU DIO.

Il Messia di Cesarea di Filippo, il Messia delle periferie è “altro” rispetto a ciò che pensano i discepoli e che pensiamo noi.

Innanzitutto, non si chiama Messia ma si chiama “Figlio dell’uomo“, dell’umanità; non appartiene ai profeti risuscitati del passato, perché ancora deve risorgere, e perché prima di risorgere deve “soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi e venire ucciso“.

Il Messia non pensa secondo gli uomini, che hanno un’immagine trionfante e gloriosa del Dio degli Eserciti, MA SECONDO DIO, DIETRO AL QUALE COMUNQUE BISOGNA STARE E CAMMINARE, ANCHE – E SOPRATTUTTO – QUANDO QUESTO SIGNIFICA RINNEGARE I PROPRIO IDEALI DI SUCCESSO, DI GLORIA E DI POTERE, PRENDENDO VOLONTARIAMENTE LA PROPRIA CROCE.

UNA CROCE CHE NON È GLORIA, MA PATIBOLO, MARCHIO INFAMANTE AFFIBBIATO DAI POTENTI A CHI SEGUE LA LOGICA DEL VANGELO: LA LOGICA DEI POVERI, DEGLI ULTIMI, DELLE PERIFERIE.

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!