27.06.2022 – LUNEDI’ XIII^ SETTIMANA P.A. C – MATTEO 8,18-22 “Seguimi”.
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MATTEO 8,18-22
In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti». Parola del Signore
Mediti…AMO
Dalla 10a Settimana del Tempo Ordinario fino alla 12a Settimana, per tre settimane, abbiamo meditato i capitoli da 5 a 8 del vangelo di Matteo.
Seguendo la meditazione del capitolo 8, il vangelo di oggi presenta le condizioni per seguire Gesù.
Gesù decise di andare all’altro lato del lago, e una persona chiese di poterlo seguire (Mt 8,18-22).
Nel momento in cui il Maestro decide di attraversare il lago, un dottore della legge si avvicina e dice “Maestro, ti seguirò dovunque andrai”.
Il testo parallelo di Luca (Lc 9,57-62), che abbiamo commentato da pochi giorni, tratta lo stesso tema, però in modo leggermente diverso.
Secondo Luca, Gesù aveva deciso di andare a Gerusalemme dove sarebbe stato condannato e messo a morte.
Nell’andare verso Gerusalemme, entrò nel territorio di Samaria (Lc 9,51-52), dove tre persone chiedono di seguirlo (Lc 9,57.59.61).
Nel vangelo di Matteo, che scrive per i giudei convertiti, la persona che vuole seguire Gesù è un dottore della legge.
Matteo, invece, insiste sul fatto che un’autorità dei giudei riconosce il valore di Gesù e chiede di seguirlo, di essere suo discepolo.
In Luca, che scrive per i pagani convertiti, le persone che vogliono seguire Gesù sono samaritani.
Luca mette l’accento sull’apertura ecumenica di Gesù che accetta anche i non giudei per essere i discepoli.
• “Maestro, ti seguirò dovunque tu vada” (8,19).
Queste sono le parole di uno scriba, che conosce bene la Legge.
L’insegnamento di Gesù lo affascina, i prodigi che egli compie fanno intuire che egli agisce con la potenza di Dio.
Quando la luce rischiara il giorno, certamente, non possiamo chiudere gli occhi.
E questo scriba decide allora di uscire allo scoperto e chiede a Gesù di poter diventare uno dei suoi discepoli.
Nelle sue parole vi è tutta la disponibilità e la prontezza di un uomo ben intenzionato.
Ma vi è anche tanta ingenuità.
E Gesù sa bene che non basta la disponibilità.
Non vuole smorzare il suo entusiasmo, ma neppure illuderlo.
Vuole semplicemente aprirgli gli occhi perché la sua scelta sia fatta con piena consapevolezza.
Sarebbe un inganno nascondere la verità o minimizzare la fatica che comporta la sequela.
Per questo gli dice “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.
Con questo modo di dire il Maestro si presenta come un uomo senza potere, che non ha neppure una casa.
Come gli animali che menziona.
Ne discende che non può offrire alcuna sicurezza a quelli che lo seguono.
Perché la sua unica ricchezza e la sua unica forza È L’AMORE.
La SUA PAROLA e le guarigioni sono il segno di un amore che si dona.
Fino a dare la vita.
Chi decide di stare con Lui è chiamato a vivere la stessa esperienza.
Ovvero a rinunciare al potere e alle cose del mondo, per vestirsi di quella carità che cambia il volto della storia.
Chi vuole essere discepolo di Gesù deve sapere bene ciò che fa.
Deve esaminare le esigenze e calcolare bene, prima di prendere una decisione (Lc 14,28-32).
• “Nello stesso modo, pertanto, se chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi avere, non può essere mio discepolo (Lc 14,33).
Subito, qualcuno che era già discepolo, gli chiede il permesso di poter seppellire suo padre deceduto:
• “Signore, permettimi prima di andare a seppellire mio padre”.
Con altre parole, chiede che Gesù ritardasse la traversata del lago a dopo la sepoltura del padre.
Seppellire i genitori era un dovere sacro dei figli (ce lo ricorda il Libro del Profeta Tobia, in Tb 4,3-4).
Di nuovo, la risposta di Gesù è molto esigente.
Il Maestro non ritarda il suo viaggio verso l’altra sponda del lago e dice al discepolo:
• “Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti”.
Teniamo presente che quando Elia chiamò Eliseo, questi gli permise di salutare i suoi parenti (1Re 19,20).
Gesù è molto più esigente. Per capire tutta la portata della risposta di Gesù è bene ricordare che l’espressione “Lascia i morti seppellire i loro morti” era un proverbio popolare usato dalla gente per indicare che non bisogna sprecare energie in cose che non hanno futuro e che non hanno nulla a che fare con la vita.
Un proverbio così non deve essere preso letteralmente.
Bisogna prendere in considerazione l’obiettivo per cui è stato usato.
Così, nel nostro caso, per mezzo del proverbio Gesù METTE L’ACCENTO SULL’ESIGENZA RADICALE DELLA VITA NUOVA A CUI CHIAMA E CHE ESIGE DI ABBANDONARE TUTTO PER SEGUIRE LUI.
Infatti, come anche i rabbini dell’epoca Gesù riunisce i discepoli e le discepole.
Tutti loro seguono Gesù.
Seguire era il termine che si usava per indicare il rapporto tra il discepolo ed il maestro.
Per i primi cristiani, “seguire Gesù”, significava tre cose molto importanti, legate tra di loro:
a) Imitare l’esempio del Maestro, in modo da ricreare il modello da imitare nella vita del discepolo e della discepola (Gv 13,13-15).
La convivenza quotidiana, infatti, permetteva un confronto costante e forgiava nella conoscenza del Regno e nella Sequela.
b) Partecipare al destino del Maestro: chi lo seguiva, doveva impegnarsi a stare con lui nelle privazioni (Lc 22,28), e nelle persecuzioni (Mt 10,24-25) e in croce (Lc 14,27). In poche parole doveva essere disposto a morire con lui (Gv 11,16).
c) Portare in ogni cristiano la vita di Gesù: Dopo Pasqua, la luce della risurrezione, il discepolato assume una terza dimensione:
“Vivo, ma non sono io, è Cristo che vive in me” dirà Paolo di Tarso alla sua comunità che è in Galazia (in Gal 2,20).
Si tratta della dimensione mistica del discepolato, frutto dell’azione dello Spirito.
I cristiani cercavano di rifare, nella loro vita, il cammino di Gesù che era morto in difesa della vita e risuscitò grazie al potere di Dio (Fil 3,10-11).
Fratelli e Sorelle carissimi, tutta la nostra vita è un percorso, un cammino, un passaggio di luce in luce, di gloria in gloria.
Siamo chiamati a passare all’altra riva, dove, storicamente, abitavano i pagani.
I discepoli sono tali solo affinché annuncino il Vangelo a chi non crede, a chi non sa, a chi ancora non conosce.
Siamo chiamati a passare all’altra riva, a non credere di sapere, a non stare fermi sulle nostre posizioni, anche quelle sante, anche quelle di fede.
Per passare all’altra riva insieme al Signore Gesù dobbiamo avere allora il coraggio di fuggire la visione di una fede che diventa nido, rifugio, fuga dal mondo violento che ci mette in difficoltà.
Troppe volte le nostre parrocchie, invece di diventare un porto di mare che offre rifugio alle tante vite in difficoltà, diventano dei piccoli luoghi dove le persone sono ripiegate su loro stesse, incapaci di essere testimoni di alcunché.
Per diventare discepoli il Signore ci chiede di lasciare il gruppo in cui si sta bene ma che rischia di diventare un gran cimitero, senza idee, senza scosse, senza sussulti, senza novità di vita.
Il Signore ha bisogno di persone che, come lui, non abbiano dove posare il capo, che sappiano osare, andare oltre, andare oltre le simpatie e le parentele, le logiche dello star bene nel gruppo dei pari, per costruire un modo alto e altro di essere umanità attraverso l’esperienza della Chiesa.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!