«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA 12,49-53
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Parola del Signore
Mediti…AMO
Dopo le tre parabole sulla vigilanza prosegue la lettura continua del vangelo di Luca.
Siamo di fronte a una serie di detti di contenuto variegato, con un invito deciso e forte a prendere una decisione, perchè «…il tempo si è fatto breve, è necessario scegliere, convertirsi e portare frutto».
Ecco, quindi, che nel Vangelo odierno Gesù toglie qualche illusione ai suoi discepoli.
Egli è venuto a portare la pace, anzi “è lui la nostra pace“, come scrive Paolo agli Efesini, ma la pace che egli porta non è come quella del mondo.
Il suo messaggio di pace è contro una certa pigra tranquillità che sfugge gli sforzi, che evita da vile ogni conflitto.
Ecco perché dice “…pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione“.
Davanti a lui non si può rimanere neutrali: bisogna prendere posizione e allora si creano conflitti in noi e attorno a noi, ci si trova di fronte a degli avversari “…si divideranno tre contro due e due contro tre…“.
Ecco allora che questi pochi versetti del Vangelo di Luca non possono essere letti come uno dei semplici insegnamenti di Gesù.
SI TRATTA PIUTTOSTO DI UN CONDENSATO DEL SUO PENSIERO E DELLA SUA PASSIONE PROFETICA.
Alla luce di questo pensiero divino, il cristiano deve saper guardare le cose in faccia, e combattere coraggiosamente per la verità, per il regno dell’amore, contro i vizi che lo ostacolano.
Come recita un motto che in molti a San Biagio conosciamo “…vive chi arde“.
In amore – come anche in guerra – non valgono le mezze misure.
Ogni coscienza arriva al capolinea di una scelta radicale, non può abdicare alla responsabilità di determinarsi in merito alla cosiddetta “opzione fondamentale“.
È la scelta della vita, il momento in cui si diventa “grandi“.
Gesù ci ha insegnato che è possibile uniformare tutto il proprio vissuto in riferimento ad un ideale, quando questo ideale nasce da un incontro concretamente sperimentato.
Nessuno potrebbe arrivare al punto da distaccarsi da suo padre, da sua madre, da sua suocera, addirittura da suo figlio, se non fosse febbricitante, accalorato sotto l’effetto di quell’amore dalla temperatura altissima che si chiama Spirito Santo.
Solo quando il nostro cuore destandosi avverte il crepitio scoppiettante del fuoco, possiamo dire di vivere veramente: abbiamo raggiunto il clima ideale, e riusciamo a scaldare anche chi ci sta intorno.
Gesù si rende conto che la sua avventura umana sta volgendo al termine: stanno tutti tramando per sbarazzarsi di lui, per farlo fuori.
Ancora una volta, l’ennesima, l’uomo, piuttosto che accettare la verità, anche se scomoda, preferisce ammazzare i profeti.
Luca, mentre scrive, descrive una realtà che ha sotto gli occhi: le prime persecuzioni hanno bussato alla porta dei seguaci di Gesù e tutti vivono sotto la tensione di un mondo che stenta ad accogliere il messaggio evangelico.
Eppure, molti preferiscono subire l’avversione della propria famiglia piuttosto che rinnegare l’appartenenza al Rabbì.
Il Vangelo nasce sotto il segno della contraddizione e sotto il segno della contraddizione cresce e si diffonde.
Potremmo quasi dire che il dramma dell’alleanza fra Dio e il popolo continua nella storia: DIO SI RACCONTA, SI SVELA, PARLA DEL SUO AMORE “DI FUOCO” ALL’UOMO, E L’UOMO DICE “NO, GRAZIE“.
E, Gesù, liberatore dell’uomo, viene rifiutato, spazzato via.
La croce sarà dunque l’ultimo segno della sconfitta di Dio?
Il paradosso della morte di Dio segna il crinale della conversione dell’umanità: DUNQUE DIO SI LASCIA UCCIDERE? IL SUO AMORE È COSÌ FOLLE?
Certo che no!!!!!
Quando sant’ IGNAZIO, fondatore dei Gesuiti, uomo di Dio, innamorato di Dio, inviò i suoi dodici compagni ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini del mondo allora conosciuti, disse loro, il giorno della partenza “…andate, e incendiate il mondo“.
Incendiari sì, MA D’AMORE.
La tradizione cristiana ci trasmette, nel Vangelo apocrifo di Tommaso, un’altra traccia del desiderio ardente di Gesù “Chi è vicino a me è vicino al fuoco; chi è lontano da me è lontano dal regno”.
L’impazienza apocalittica di Gesù e la sua voglia di vedere che il fuoco che gli brucia dentro possa espandersi, dilagare e diventare incendio d’amore, di giustizia e di solidarietà, hanno attraversato tutta la sua vita.
La sua fedeltà a Dio congiunse la “pazienza e l’impazienza” dei profeti, ma il Vangelo qua e là lascia trasparire la sofferenza di Gesù per chi non sa decidersi, per chi resta indifferente, per chi pensa solo a sé.
Tutto l’insegnamento delle parabole è un invito a scegliere, ad accendere il fuoco della passione per la giustizia…
Noi cristiani dovremmo essere gli eredi di questo “desiderio” di Gesù.
Dovremmo essere i portatori e diffusori di questo incendio.
Purtroppo, guardando la storia, dobbiamo riconoscere che le chiese cristiane, nel loro insieme, troppe volte hanno soffocato la fiamma della libertà, hanno gettato acqua gelida su chi si avventurava nei sentieri impervi della ricerca, del dissenso dal potere, della contestazione in nome del Vangelo.
Ma c’è di peggio: è quella chiesa che vive gingillandosi nelle sue devozioni, goduriosa del suo possesso della verità, sazia di sé, sicura della salvezza.
È la chiesa che dorme sonni di “beata” inconsapevolezza, traballante e scossa da quel mare in tempesta, che è la post-modernità e il post-cristianesimo, che ci condanna al vuoto della solitudine.
Il fuoco davvero si è spento.
Anzi, molti pastori sono diventati custodi zelanti di comunità assonnate e sempre pronti a correre per spegnere eventuali fuochi di nuove esperienze pastorali, di ricerche teologiche che mettano in crisi la tranquillità istituzionale.
Una parola di incoraggiamento ci viene dal Cardinale Ettore Scola, il quale, dopo aver dolorosamente premesso che LA SOCIETÀ POSTMODERNA IN EUROPA SI È ALLONTANATA DAL CRISTIANESIMO CHE NON È PIÙ, SOCIOLOGICAMENTE, LA RELIGIONE CIVILE DOMINANTE.
«Ma non è detto – scrive il cardinale– che sia venuto il tempo del “Post-cristianesimo”. Grazie a Dio, ancora oggi ci sono donne e uomini che continuano ad attendere l’Altro che venga loro incontro, liberandoli da sé stessi e restituendoli a sé stessi, continuando a salvarli con la sua esistenza.
Grazie a Dio, Gesù Cristo continua a diventare “carne”, nel tempo e nella storia, nel cammino attraverso i secoli eterni.
Un Padre della Chiesa, SAN PIETRO “CRISOLOGO”, ovvero “dalle PAROLE D’ORO” (406-450, vescovo di Ravenna, sepolto nel Duomo di Imola- spiegò in maniera molto efficace IL MISTERO DELL’INCARNAZIONE, le eresie di Ario e di Eutiche, il Credo apostolico. Ha inoltre dedicato una serie di omelie alla Vergine Maria e a san Giovanni Battista.), scrive nei suoi “Discorsi”:
- “Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l’amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi.”
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!