26.08.2023 -SABATO XX SETTIMANA P.A. A – MATTEO 23,1-12 “…Dicono e non fanno”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MATTEO 23,1-12

+ In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». Parola del Signore

Mediti…AMO

Nel vangelo secondo Matteo, dopo diversi scontri e controversie tra Gesù e scribi, sacerdoti, farisei (Mt 21,23-22,46), durante il suo ultimo soggiorno a Gerusalemme, egli pronuncia un lungo discorso, il penultimo, prima di quello escatologico.

Si tratta di una raccolta di invettive e di ammonizioni indirizzate da Gesù proprio a quei suoi avversari che tante volte lo avevano contraddetto, gli avevano teso tranelli, lo avevano messo alla prova, lo avevano calunniato e insidiato con giudizi e complotti.

Questo discorso, registrato al capitolo 23, è duro, e può meravigliarci di trovarlo sulla bocca di chi con misericordia perdonava i peccatori, mangiava con loro e li faceva sentire amati da Dio, anche se non meritavano tale amore.

Gesù – possiamo dire – attacca i legittimi pastori del suo popolo, i dirigenti, quelli che erano riconosciuti esperti delle sante Scritture, che erano ritenuti maestri e modelli esemplari per i credenti.

Sia però chiaro che queste sue parole vanno a colpire vizi religiosi non solo giudaici ma anche cristiani!

E si faccia attenzione: Gesù non fa di tutta l’erba un fascio, non si scaglia contro i tutti i farisei, tutti i sacerdoti, tutti i maestri, ma contro coloro che in quel preciso tempo dominavano, erano al comando; contro quelli che lo accuseranno, lo perseguiteranno e, dopo averlo condannato, lo consegneranno ai pagani per l’esecuzione capitale.

Dopo Mosè, molti e diversi sono stati i maestri, dotati di un magistero per il popolo, ma quanti in quel momento storico (30 d.C.) erano i dirigenti e le guide religiose, abitualmente insegnavano in modo conforme alla tradizione ma in loro non c’era coerenza di comportamento, perciò mancavano di autorità.

Predicavano ai fedeli ma in realtà non osservavano quanto dicevano. Erano persone divise, che con le labbra dicevano una cosa ma con il cuore ne pensavano altre (Mt 15,8; Is 29,13).

are e osservare sono le espressioni con cui il popolo ha scelto il Signore, ha ripudiato gli idoli e ha sancito con lui l’alleanza: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo e lo ascolteremo” (Es 24,7), ovvero “lo comprenderemo nella misura in cui lo metteremo in pratica”.

Tale promessa doveva valere tanto più per i capi del popolo del Signore, e invece costoro esaurivano la realtà nella sua proclamazione verbale. In profondità non ascoltavano, perché chi ascolta il Signore obbedisce.

Ma essi preferivano sentire la parola del Signore per predicarla senza invece ascoltarla, senza fare l’esperienza della faticosa realizzazione della volontà di Dio attraverso un intelligente discernimento e un’azione piena di carità. 

Dunque, questi rimproveri non vanno applicati generalizzando, ma vanno ripetuti per noi cristiani, noi che nella chiesa svolgiamo una funzione e sovente siamo ritenuti “uomini e donne di Dio”, secondo il linguaggio corrente.

Il rischio di rendere vano il Vangelo, diventando come i religiosi descritti nel Vangelo di oggi, è sempre presente.

Un pericolo costante da cui guardarsi bene, per il quale occorre fare discernimento.

Anche se siamo solo catechisti o educatori, anche solo se intorno a noi sanno che siamo dei cristiani, DOBBIAMO VIGILARE SU NOI STESSI PER NON ESSERE DIVORATI DAL DEMONE DELL’APPARENZA.

DA QUEL DEMONE CHE CI FA METTERE IN VISTA RISPETTO AGLI ALTRI, RENDENDOCI SOLO ATTENTI A NON SFIGURARE, ANCHE DAVANTI A DIO.

Invece Dio chiede CONTINUA E INFINITA AUTENTICITÀ, costi quel che costi.

Nel Vangelo Cristo ci insegna che il Padre PREFERISCE IL FIGLIO RIBELLE MA SINCERO A QUELLO FALSAMENTE DEVOTO.

Ricordiamocelo.

Ecco perché l’infinita misericordia di Gesù per i peccatori, si ferma per una sola specie di colpa: la superbia di chi si crede giusto.

Ovviamente si ferma se questi non si ravvede.

Perché? Perché gli altri peccati, di per sé, non chiudono l’anima all’amore misericordioso di Dio, anzi possono essere occasione di una più sincera apertura alla misericordia divina.

I peccatori sanno di meritare i castighi di Dio e di aver bisogno di perdono; invece LA SUPERBIA CHIUDE L’ANIMA E NON CONSENTE ALLA GRAZIA DI PENETRARE.

E, di conseguenza, L’AMORE MISERICORDIOSO DI DIO SI TROVA IMPOTENTE DI FRONTE ALL’UOMO ORGOGLIOSO, CHE RITIENE DI NON AVER BISOGNO DI PERDONO NÉ DI COMPASSIONE, PERCHÉ ERRONEAMENTE, DENTRO DI SE PRETENDE DI MERITARE SOLO AMMIRAZIONE E ONORE.

Perciò Gesù critica quelli che fanno tutto “per essere ammirati dagli uomini”, che amano posti d’onore, primi seggi, saluti…

Fratelli e Sorelle, non dimentichiamo mai che “Dio resiste ai superbi” dice il Libro dei Proverbi, perché quando i doni di Dio vengono pervertiti dalla superbia, nel senso cHE INVECE DI SERVIRE ALLA VITA DI CARITÀ SERVONO SOLTANTO A NUTRIRE LA VANA COMPIACENZA DELLA PERSONA IN SE STESSA, non c’è altro rimedio se non la resistenza di Dio, per costringere la persona a rinunciare alla superbia.

Per questa ragione Gesù insisteva tanto SULL’UMILTÀ e diceva “Chi si innalzerà sarà abbassato e chi abbasserà sarà innalzato”.

LUI STESSO HA PRESO RISOLUTAMENTE LA VIA DELL’UMILIAZIONE, PER INSEGNARCI QUALE SIA LA STRADA PER RAGGIUNGERE AUTENTICAMENTE L’AMORE DI DIO.

Lui, che è di condizione divina, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce, ricorda San Paolo ai Filippesi.

E Gesù menziona alcuni “status symbol”, TANTO AMATI PERCHÉ UTILI A CREARE CONSENSO.

Quelli che il Signore aveva chiesto come segni (’ot), diventati filatteri (tephillin, da tephillah, “preghiera”), anziché ricordare a chi li portava il Dio liberatore (Es 13,9.16 e Dt 6,8 e 11,18), finivano per essere sempre più vistosi perché gli altri li ammirassero (come quelli che tirano fuori dalle tasche in mezzo agli altri un rosario, per essere considerati uomini o donne di preghiera).

Non solo, COSTORO ALLARGAVANO ANCHE LE FRANGE, CIOÈ I FIOCCHI (TZITZIT) NEL LORO MANTELLO DI PREGHIERA, NON PER RICORDARSI DI DIO (NM 15,37-41), MA PER FARSI AMMIRARE COME UOMINI DI PREGHIERA.

È la perversione di strumenti dati da Dio per confermare la fede e l’ascolto la sua parola e invece divenuti, attraverso un meccanismo perfido, strumenti per ricevere applausi e onori.

Perché chi fa così “…ama i posti d’onore nei banchetti, i primi seggi nelle sinagoghe, i saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati ‘maestri’ dalla gente”.

Fratelli e Sorelle, quando si esercita l’autorità, si è facilmente preda di queste tentazioni: si è ossessionati dalle vesti, si è abbigliati come quelli che stanno nei palazzi del potere (Mt 11,8 e Lc 7,25), e magari si afferma di comportarsi così solo per dare gloria a Dio e prestigio alla chiesa, PROFESSANDO UNA FALSA UMILTÀ.

Ma facciamo bene attenzione “a non fare di tutta l’erba un fascio”, perché noi sappiamo, grazie a Dio, che sotto vestiti ricercati e orpelli sontuosi si nascondono tantissimi ecclesiastici umilissimi o poveri e santi: non si tratta dunque di dare giudizi sulle persone, MA DI INDICARE DATI OGGETTIVAMENTE IN CONTRADDIZIONE CON IL MODO DI VIVERE DI GESÙ, RICHIESTO A CHI FA RIFERIMENTO AL SUO NOME. D’altra parte, è sempre valida l’osservazione del Cardinale domenicano Yves Marie-Joseph CONGAR (1904-1995):

  • Si può beneficiare ordinariamente di privilegi senza arrivare a pensare che sono dovuti? O vivere in un certo lusso esteriore senza contrarre certe abitudini? E essere onorati, adulati, trattati in forme solenni e prestigiose, senza mettersi moralmente su un piedistallo? È possibile comandare e giudicare, ricevere uomini in atteggiamento di richiesta, pronti a complimentarci, senza prendere l’abitudine di non più veramente ascoltare? Si può trovare davanti a sé dei turiferari senza prendere un po’ il gusto dell’incenso? E qual è il luogo migliore per apparire se non i pranzi e le cene con quelli che in questo mondo contano? Cene e ricevimenti che forniscono un autocompiacimento egocentrico, occasioni nelle quali risuonano grandi e altisonanti titoli onorifici, svolazzanti fasce colorate… Allora il titolo era “rabbi”, “maestro” (non ancora termine tecnico per indicare gli attuali rabbini); oggi ce ne sono molti di più, mediati dalla mondanità più banale: SI PENSI PER ESEMPIO A “ECCELLENZA”, TITOLO ESTRANEO NELLA CHIESA FINO AL SECOLO SCORSO E POI MUTUATO DAL FASCISMO, CHE CHIAMAVA “ECCELLENZA” I PREFETTI…

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!