26.07.2023 – MERCOLEDI’ SANTI GIOACCHINO ED ANNA – MATTEO 13,1-9 “…il seminatore uscì a seminare”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MATTEO 13,1-9

+ Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Parola del Signore

Mediti…AMO

Facciamo l’elogio degli uomini illustri” dice il Siracide, ma sappiamo ben poco dei genitori di Maria: anche per loro si verifica la legge del segreto, del silenzio, del nascondimento che Dio ha applicato alla vita di Maria e alla maggior parte della vita storica di Gesù.

Su Gioacchino e Anna, genitori di Maria, infatti, non ci sono riferimenti nella Bibbia e non si possiedono notizie certe.

Quelle giunte fino a oggi sono ricavate da testi apocrifi come il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello pseudo-Matteo, oltre che dalla tradizione.

I Vangeli apocrifi parlano delle loro difficoltà ed è logico pensare che certamente Dio li ha chiamati a partecipare al mistero di Gesù, di cui hanno preparato l’avvento; però ora rimane loro solo la gioia e la gloria di essere stati genitori della Madonna.

E un incoraggiamento alla nostra fiducia: DIO È BUONO E NELLA STORIA DELL’UMANITÀ, STORIA DI PECCATO E DI MISERICORDIA, CIÒ CHE RESTA ALLA FINE È LA GIOIA, È IL POSITIVO CHE EGLI HA COSTRUITO IN NOI.

Gioacchino e Anna sono stati prescelti in un popolo eletto sì, ma di dura cervice, perché in questo popolo fiorisse Maria, meraviglioso fiore di santità, e da lei Gesù.

E la più grande manifestazione dell’amore misericordioso di Dio.

Diciamo al Signore la nostra riconoscenza e la nostra gioia: noi siamo coloro che hanno la beatitudine di vedere “…quello che molti profeti e giusti hanno desiderato vedere“.

La parola definitiva di Dio è stata pronunciata in Cristo e noi possiamo contemplare il suo mistero, ancora nella fede, ma già compiuto in lui.

Anna pare fosse figlia di Achar e sorella di Esmeria, madre di Elisabetta e dunque nonna di Giovanni Battista.

Gioacchino viene tramandato come uomo virtuoso e molto ricco della stirpe di Davide, che era solito offrire una parte del ricavato dei suoi beni al popolo e una parte in sacrificio a Dio.

Entrambi vivevano a Gerusalemme, dove si erano sposati, e non hanno figli per oltre vent’anni.

Non generare prole, per gli ebrei, in quest’epoca è segno della mancanza della benedizione e del favore di Dio.

Perciò, un giorno, nel portare le sue offerte al Tempio, Gioacchino viene redarguito da un tale Ruben (forse un sacerdote o uno scriba), che lo accusava di essere indegno per non avere procreato, e che, di conseguenza, secondo lui non aveva il diritto di presentare le sue offerte.

Gioacchino, umiliato e sconvolto da quelle parole, decide di ritirarsi nel deserto e per quaranta giorni e quaranta notti dove aveva implorato Dio, fra lacrime e digiuni, di dargli una discendenza.

Anche Anna aveva trascorso molti giorni in preghiera chiedendo a Dio la grazia della maternità.

Le suppliche di Gioacchino e Anna lassù vennero ascoltate. Un angelo appare separatamente a entrambi e li avverte che stanno per diventare genitori.

L’incontro sulla porta di casa fra i due, dopo l’annuncio dell’Angelo, si arricchisce di dettagli leggendari.

Il bacio che i due sposi si sarebbero scambiati è stato tramandato dinanzi alla Porta Aurea di Gerusalemme, il luogo in cui, secondo una tradizione ebraica, si manifestava la presenza divina e si sarebbe manifestato l’avvento del Messia.

Ampia l’iconografia di tale bacio davanti alla nota porta che i cristiani ritengono quella attraverso la quale Gesù avrebbe fatto il suo ingresso nella Città Santa la Domenica delle Palme.

Era accaduto che, mentre devotamente Anna pregava, un angelo le era apparso dicendole «Anna, Anna, il Signore ha accolto la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua prole in tutto il mondo».

Gioacchino avvisato da un angelo del concepimento, torna dall’amata moglie.

Miracolosamente nasce una figlia che i genitori chiamano Maria “Prediletta del Signore” o “Amata da Dio”.

La bimba viene cresciuta tra le affettuose premure del papà e le amorevoli attenzioni della mamma, nella casa che si trovava nei pressi della piscina di Bethzaeta. Qui, nel XII secolo, i crociati hanno costruito una chiesa, ancora oggi esistente, dedicata ad Anna che ha educato la figlia alle arti domestiche.

Anna e Gioacchino allevano con amore Maria e, rispettando la promessa fatta a Dio, quando compie tre anni la conducono al Tempio, consacrandola al suo servizio.

In seguito, la affidano a Giuseppe, suo promesso sposo.

Di Gioacchino gli apocrifi non riferiscono altro, mentre su Anna aggiungono che sarebbe vissuta fino all’età di 80 anni.

Le sue reliquie sarebbero state custodite a lungo in Terra Santa, poi traslate in Francia e tumulate in una cappella scavata sotto la cattedrale di Apt.

Il ritrovamento e l’identificazione, successivamente, sarebbero stati accompagnati da alcuni miracoli.

Il culto ai nonni di Gesù si è sviluppato prima in Oriente, poi in Occidente e nel corso dei secoli la Chiesa li ha ricordati in date diverse.

Nel 1481 Papa Sisto IV introduce la festa di Sant’Anna nel Breviario Romano, fissando la data della memoria liturgica al 26 luglio, tramandata come giorno della morte.

Nel 1584 Gregorio XIII inserisce la celebrazione liturgica di Sant’Anna nel Messale Romano estendendola a tutta la Chiesa.

Nel 1510 è Giulio II, invece, a inserire nel calendario liturgico la memoria di San Gioacchino il 20 marzo, poi più volte spostata nei secoli successivi.

Con la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, nel 1969, i genitori di Maria sono stati “ricongiunti” in un’unica celebrazione il 26 luglio.

Ma ora veniamo al testo del Vangelo odierno.

La prima parabola che Gesù racconta è in sé molto semplice, e ha per protagonista un seme, anzi, tanti semi che cadono nella terra.

Le immagini sono così immediate che viene spontaneo accostare la descrizione dei vari terreni alle esperienze della propria vita, come già sappiamo ha fatto la prima comunità cristiana, inserendo la spiegazione all’interno del Vangelo stesso (vv.18-23).

CIASCUNO DI NOI, INFATTI, SA COSA SIGNIFICHI SENTIRSI STRADA, SEMPLICEMENTE UN “LUOGO DI TRANSITO” DOVE LE PERSONE VENGONO E PRENDONO QUEL CHE SERVE, LASCIANDOCI VUOTI E INCAPACI DI COMPRENDERE E DI SENTIRCI COMPRESI.

Abbiamo fatto l’esperienza di essere terreno sassoso, che accoglie qualcosa con entusiasmo e speranza, per poi sperimentare che è durata poco, che alla luce del sole non ne valeva la pena e ci ha portato solo delusione, facendoci sentire pietra dura dove nulla può veramente mettere radici.

Per non parlare dei rovi e del senso di soffocamento, di stanchezza e di impotenza di fronte alle molte preoccupazioni, impegni e responsabilità, per affrontare i quali anche le migliori intenzioni non bastano.

Gesù, che ci conosce meglio di noi stessi, ci dice che queste esperienze non sono inutili, che lui non è estraneo e lontano a nessuna di esse.

Per questo le chiama “terreno”, cioè luogo e tempo che può sempre accogliere un seme, la forza feconda della Parola e della Presenza divina.

La buona notizia del Vangelo è che per ogni terreno, per ogni situazione, per ogni giornata e avvenimento c’è un seme, anzi c’è un’abbondanza di semi, di Parole di vita pronte a germinare proprio lì dove siamo, dando significato e risultato allo sforzo di essere migliori, alla fatica di cercare comunque il meglio.

Certo, siamo chiamati a crescere per diventare sempre più terreno buono dove il seme dà frutto, ciascuno secondo le proprie capacità.

Ma, prima di tutto, siamo chiamati ad accorgerci che qualunque siano le vicende della vita che stiamo affrontando, la premura e la provvidenza divina non ci fanno mancare un germe fecondo, ricco di potenzialità impensabili, perché anche in quella circostanza il Regno di Dio possa realizzarsi in noi, attraverso di noi.

Il Signore si prende cura di tutti, gioisce per il terreno buono ma continua a guardare con speranza anche quello pieno di sassi e inciampi e proprio su di esso esce a seminare.

Non dobbiamo temere, la Parola non si esaurisce: c’è sempre un’altra parte di seme che ci attende, dovunque, per germogliare.

Ma questa parabola vuol dire anche  che ci sono delle difficoltà. E, al di là di esse, nella semina il contadino sa che viene il frutto, per cui semina anche sul sentiero, e anche in mezzo ai rovi e ai sassi che impediscono la crescita, MA SA ANCHE CHE IL RISULTATO GLOBALE SARÀ SORPRENDENTE.

E questa è una sapiente metafora della vita dell’uomo, nel quale ci sono sempre questi tre terreni.

Ciascuno di noi è una via percorsa, ciascuno di noi ha un cuore di pietra, ciascuno di noi ha i rovi.

Si tratta di notare bene queste che sono le difficoltà e vedere come la Parola entra in queste e le vince.

Mai dobbiamo dimenticare, Fratelli e Sorelle, ché il frutto, deve essere prodotto anche nelle difficoltà concrete della vita.

E il frutto cresce, non al di là del campo seminato, ma all’interno di questo campo pieno di ogni genere di difficoltà.

L’uomo è quella terra, creata bella, per accogliere QUEL SEME CHE È LA PAROLA DI DIO.

L’uomo non è creato secondo nessuna specie, ma diventa “della specie” della Parola che ascolta, ascoltando la Parola di Dio.

E, ascoltandola, diventa figlio, diventa “della specie di Dio”, perché l’uomo è terreno bello, fatto apposta per far fruttificare la sua immagine e somiglianza di Dio.

Dio ha fatto l’uomo, per dialogare con lui.

E l’uomo- ASCOLTANDOLA CON IL CUORE- diventa QUELLA PAROLA ALLA QUALE RISPONDE, realizzando quel dialogo che Dio ha tanto desiderato avere con questa sua magnifica Creatura. 

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!