«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 11,1-45
+ In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò «Dove lo avete posto?». Gli dissero «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Parola del Signore. Parola del Signore
Mediti…AMO
LA PASQUA è ORMAI VICINA e la Liturgia della Chiesa ci invita a meditare sul grande segno della risurrezione di Lazzaro, che rappresenta una delle “storie di segni” che racconta Giovanni.
Si tratta qui di presentare Gesù, vincitore della morte, con un racconto che culmina nella frase di Gesù, ricolta a sé stesso:
- “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me non morrà in eterno”.
E, nel leggere questo brano evangelico della resurrezione, viene subito spontanea una considerazione: il Signore viene a portare la vita, la vita vera, quella che è capace di sconfiggere la morte. E INVECE DI GIOIRE, i suoi avversari prendono spunto dall’episodio per decidere di ucciderlo.
Sembra quasi che tra il bene che dona e il male che priva di tutto non possa esserci dialogo.
Eppure il Signore cerca di sottrarre tutti al male, basta volerlo. Come lo vollero Marta e Maria che, appena il fratello si aggravò “…mandarono a dire a Gesù: Signore, vedi, colui che tu ami è malato”.
In LAZZARO, il Signore ama tutti i malati, tutti coloro che muoiono, come ama anche TUTTI NOI, quando abbiamo più bisogno di Lui.
Ecco allora che siamo chiamati a CREDERE che nostri cari, che ci hanno preceduto in questa vita, “…e dormono il sonno della pace”, sono ormai in Dio.
Non piangiamoli come se ormai fossero “estinti nel nulla“, ma, dato che ci sono vicini, “incontriamoli nella fede“, pregando per loro, ricevendo l’Eucaristia in GRAZIA di Dio, dandoci da fare con la carità, certi che l’amore vince la morte.
Fratelli e Sorelle, siamo ormai alla fine del lungo cammino quaresimale, che anche quest’anno il Signore ci ha concesso di vivere ed ecco quindi, dopo i temi dell’acqua viva dello Spirito e della luce della salvezza, ECCOCI AL TEMA BATTESIMALE DELLA VITA ETERNA.
Che Dio abbia il potere di vincere la morte, è già la convinzione dei racconti tardivi dell’Antico Testamento.
La visione che ha Ezechiele della risurrezione delle ossa inaridite –in realtà immagine del ristabilimento di Israele dopo la catastrofe dell’esilio babilonese- presuppone questa fede (Ez 37,1-14).
Nella sua “Apocalisse”, Isaia si aspetta che Dio sopprima la morte per sempre, che asciughi le lacrime su tutti i volti (Is 25,8).
E, per concludere, anche il libro di Daniele prevede che i morti si risveglino – alcuni per la vita eterna, altri per l’orrore eterno (Dn 12,2).
Ma il nostro Vangelo va oltre questa speranza futura, perché vede, GIÀ DATE IN GESÙ “LA RISURREZIONE E LA VITA”, CHE DIVENGONO IN TAL MODO ATTUALI.
E ne discende che, colui che crede in Cristo, possiede già una parte di questi doni che otterrà in pienezza alla fine dei tempi.
Perché possiede GIA’ una “vita senza fine”, che la morte fisica non può distruggere.
E QUESTO PERCHÉ IN GESÙ, RIVELAZIONE DI DIO, LA SALVEZZA È PRESENTE, E COLUI CHE È ASSOCIATO A LUI NON PUÒ PIÙ ESSERE CONSEGNATO ALLE POTENZE DELLA MORTE.
Ma mi piace attirare la vostra attenzione su un particolare del Vangelo di oggi, nella quale risuona una frase terribile, che forse più di ogni altra esprime l’essenza di ogni incredulità, di ogni nostra chiusura del cuore nei confronti del Signore, in un momento di grande dolore per Gesù.
Il suo amico Lazzaro è morto e Gesù è nel dolore, piange, ma alcuni –come al solito- mormorano:
- «…ma come? Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva far sì che costui non morisse?».
Mi sembra di sentire in queste parole l’eco di quelle di Satana nel deserto: “Se sei il figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane”.
O ancora quella degli scherni di coloro che assisteranno all’agonia di Gesù sulla croce:
- “Ha salvato altri, salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio”.
E dubitano anche di fronte a Gesù, che cum-patisce il nostro dolore, che non lo guarda dal di fuori, ma lo condivide, che si commuove, che è turbato e piange con noi, ANCHE IN PRESENZA DELLA RIVELAZIONE DEL VERO VOLTO DI UN DIO CHE GEME CON NOI, NON CREDIAMO.
E ANCHE NOI CONTINUIAMO A DUBITARE DEL SUO AMORE PER NOI, AVENDO PERSINO IL CORAGGIO DI MORMORARGLI CONTRO DEI RIMPROVERI.
E ci ostiniamo a NON VOLER VEDERE quello che Dio fa con noi in Gesù.
Qui ci è chiesto di sostare sugli umanissimi sentimenti vissuti da Gesù.
Innanzitutto egli “ha viscere di commozione”, come le ha Dio Padre.
Certamente, di fronte alla morte di un amico, di una persona da amata, la sua e la nostra prima reazione, è quella domanda che nasce dal constatare l’ingiustizia della morte:
- come può morire l’amore?
- Perché la morte tronca l’amore, la relazione?
E di fronte a ciò Gesù si turba: e il dolore diventa turbamento, diventa il vivere quell’esperienza del sentirsi ferito e del provare dolore e angoscia.
E Gesù prova questa reazione emotiva anche di fronte alla prospettiva della propria morte imminente (Gv 12,27) e quando nell’ultima cena annuncia ai suoi il tradimento di Giuda (Gv 13,21).
Infine, alla vista della tomba, Gesù “scoppia in pianto”. Ed è questa una reazione che i presenti leggono come il segno decisivo del suo grande amore per Lazzaro.
È palesemente chiaro che Gesù ha voluto sperimentare tutta la realtà della morte fino al punto da accettare di soffrire per la morte di un amico, e di condividere le sofferenze, le lacrime, e il tormentato cammino di speranza di Marta e di Maria.
Ha voluto essere esposto al cattivo odore della morte, al disgregamento, all’ineluttabile disfacimento che essa comporta e che le due donne magistralmente descrivono:
- “Signore, non possiamo rotolare via la pietra del sepolcro, perché già la morte ha fatto il suo lavoro”.
Gesù si espone alla morte in tutte le sue dimensioni, va incontro a tutto il suo orrore, tanto che, alla fine, l’abbraccia lui stesso. E muore anche lui, e anche lui viene rinchiuso in un sepolcro.
Si realizza in questo modo quella stupenda profezia di Ezechiele 37,12-14:
- “Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio”.
Mai però il profeta Ezechiele si sarebbe aspettato che il Signore sarebbe venuto ad aprire i sepolcri DAL DI FUORI, ma dal di dentro.
Non avrebbe mai potuto immaginare che il Signore sarebbe venuto ad aprirli con un gesto di condivisione e di compassione, anziché con una prova di forza, che TUTTI ASPETTAVANO.
Fratelli e Sorelle, questo dobbiamo ricordare nel momento del dolore, del lutto, della prova, quando, CON GLI OCCHI ORMAI UMANAMENTE VELATI DALLE LACRIME DEL DOLORE diciamo “SIGNORE, DOVE SEI?“.
È ALLORA CHE LE LACRIME DEBBONO ESSERE TERSE DAL LINO DELLA FEDE.
È ALLORA CHE CON GLI OCCHI DEL CUORE SIAMO CHIAMATI A VEDERE CHE IL SIGNORE STA PIANGENDO CON NOI, CHE STA CONDIVIDENDO IL NOSTRO DOLORE, CHE STA MORENDO CON CHI AMO E STA SOFFRENDO CON ME CHE RESTO NEL LUTTO DA SOLO.
Attraverso questa sua compassione, il Signore semina in me i germi della fede e della speranza che sono, appunto, LA RESURREZIONE E LA VITA.
E il sepolcro, in realtà, si apre solo in quell’istante nel quale Gesù conduce Marta a confessare:
- “…Sì, o Signore, io credo. Io credo che tu sei il Cristo. Io credo che tu sei il figlio di Dio, colui che viene nel mondo“.
Cosa è infatti la resurrezione? Cosa è la vita? Cosa è l’apertura dei sepolcri?
Non è una operazione, ma una persona:
- “IO -DICE GESÙ- SONO LA RESURREZIONE E LA VITA. CHI CREDE IN ME, ANCHE SE MUORE, VIVRÀ.
Ecco la nostra resurrezione. Ecco l’istante nel quale i sepolcri si spalancano, nel quale la vita, lo Spirito discende nei nostri cuori per abitarvi.
È l’istante nel quale diciamo con il cuore e con la vita “Credo in te, Signore, Credo in TE!”
Paolo di Tarso aveva colto bene il senso di questa Fede, e lo aveva gridato nella sua Lettera ai Romani (8,8-11):
- “…se quello spirito abita in voi, Colui che resuscitò Cristo Gesù da morte vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito, che abita in voi”.
È la liberazione dal peccato e dalla morte che è già iniziata in noi, ma che sarà piena quando lo stesso Spirito santo che ha risuscitato Gesù risusciterà i nostri poveri corpi mortali.
È quanto è avvenuto in ognuno di noi nel Santo Battesimo, come ci ricorda il cero pasquale nell’estremo saluto che diamo ai defunti, purché Cristo abiti realmente in noi.
Solo questa è la garanzia della vita, anche se moriamo, altrimenti è come camminare di notte, senza la luce della fede.
La morte non ha l’ultima parola, e chiunque aderisce a Lui, lo ama e si lascia da lui amare, non morirà in eterno.
Canta il grande Padre della Chiesa San Gregorio di Nazianzo:
- “…Signore Gesù, sulla tua parola tre morti hanno visto la luce: la figlia di Giairo, il figlio della vedova di Nain e Lazzaro uscito dal sepolcro alla tua voce. Fa’ che io sia il quarto!”.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!