25 novembre 2024 lunedì 34’settimana p.a. B – LUCA 21,1-4 “Vide una vedova povera, che gettava due monetine”.
“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).
Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”
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Dal Vangelo secondo LUCA 21,1-4 |
+ In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere». Parola del Signore
Mediti…AMO Marco 4,34 “4Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa”. |
All’inizio della Chiesa, le prime comunità cristiane, nella stragrande maggioranza, erano formate da gente povera (1 Cor 1,26).
Dopo poco tempo, entrarono anche persone più benestanti, e ciò recò vari problemi.
Le tensioni sociali presenti nell’impero romano, iniziarono a presentarsi anche nella vita delle comunità e si manifestavano, ad esempio, quando si riunivano per celebrare la cena (1Cor 11,20-22), o quando facevano la riunione (Lettera di Giacomo 2,1-4).
La pratica di dare l’elemosina era molto importante per i giudei.
Era considerata una “buona opera”, poiché la legge dell’Antico Testamento (Dt 15,11), diceva “Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese”.
Le elemosine, poste nel tesoro del tempio, sia per il culto sia per i bisognosi, orfani o vedove, erano considerate un’azione grata a Dio (Eccle 35,2; Eccle 17,17; 29,12; 40,24).
Fare l’elemosina era un modo per riconoscere che tutti i beni della terra appartengono a Dio e che noi siamo solo amministratori di questi doni.
Ma la tendenza all’accumulazione continua molto forte. Rinasce, sempre di nuovo, nel cuore umano. La conversione è sempre necessaria.
Per questo Gesù diceva al giovane ricco “Va, vendi tutto ciò che hai, dallo ai poveri” (Mc 10,21).
Negli altri vangeli viene ripetuta la stessa esigenza “Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma” (Lc 12,33-34; Mt 6,9-20).
La pratica della condivisione e della solidarietà è una delle caratteristiche che lo Spirito di Gesù vuole realizzare nelle comunità.
Il risultato dell’effusione dello Spirito il giorno di Pentecoste era questo “Nessuno, infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli” (At 4,34-35ª; 2,44-45).
Queste elemosine poste ai piedi degli apostoli non erano accumulate, ma “distribuite a ciascuno secondo il bisogno” (At 4,35b; 2,45).
L’entrata dei ricchi nella comunità cristiana rende possibile, da un lato, l’espansione del cristianesimo, dando migliori condizioni per i viaggi missionari.
Ma, d’altro lato, la tendenza all’accumulazione bloccava il movimento di solidarietà e di condivisione.
Giacomo aiutava le persone a prendere coscienza del cammino sbagliato “E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano. Le vostre ricchezze sono imputridite, le vostre vesti sono state divorate dalle tarme.” (Ger5,1-3).
Per intraprendere il cammino del Regno, tutti hanno bisogno di diventare alunni di quella vedova povera, che condivise con gli altri ciò che le era necessario per vivere (Lc 21,4).
Per questo, l’insegnamento del gesto della vedova era molto attuale, sia per loro sia oggi per noi.
Gesù, ancora sta nel tempio, ed ha appena messo in guardia dal comportamento degli scribi, che vantano preghiere, ma opprimono le vedove.
Nel mentre sta parlando, e osserva alcuni ricchi che fanno la loro grande offerta di denaro, giunge una povera vedova che getta nel tesoro del tempo appena due spiccioli.
Il gesto e la somma di questa povera donna sono del tutto irrilevanti rispetto a quanto stanno versando i ricchi.
Eppure quel gesto, considerato insignificante nella mentalità di questo mondo, è riconosciuto eterno dal Signore.
Il racconto della vedova indigente, al di là del suo contesto storico e della cultura religiosa, è un avvenimento ricco di insegnamenti e prezioso per la nostra vita.
Questa povera vedova ci dà la lezione fondamentale del vangelo: nelle due monete che getta nel tesoro del tempio rende a Dio ciò che è di Dio, cioè tutta la sua vita.
Ella affida a Dio la propria vita senza angustiarsi e preoccuparsi.
Mette in pratica alla lettera l’insegnamento di Gesù:
- “Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete… Non cercate ciò che mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 12,22-31).
A Dio non si deve dare né tanto né poco né nulla, ma tutto ciò che siamo e abbiamo, perché “noi siamo suoi” (Sal 100,3).
L’unica cosa da fare è corrispondere liberamente al suo amore totale (Lc 10,27).
Gli elementi fondamentali sono:
- a) Il contrasto tra il modesto obolo della povera vedova, bene accetto e gradito a Dio, e il dono del ricco, che è meno accetto e gradito a Dio. Siamo sul terreno della polemica con gli scribi (Lc 20,47). Il ricco è lo scriba che dona qualcosa, ma con la sua offerta non rischia nulla. La sua elemosina e i suoi atti religiosi non hanno nessuna profonda ripercussione sulla sua esistenza.
- b) Nel Vangelo, l’offerta della vedova e quella del ricco non si limitano a un po’ di denaro o di beni materiali: in fondo, ognuno offre ciò di cui la sua vita è ricca. In questo senso, il breve e sincero gesto di preghiera della vedova vale più di tutte le consacrazioni dello scriba, il quale ha fatto professione di servire la legge e la vita religiosa del suo popolo.
- c) Da questo punto di vista, la preghiera prende tutto il suo valore dal fatto di essere legata, confusa con i bisogni vitali. Non dobbiamo donare, offrire ciò che abbiamo in più, ma è necessario che doniamo ciò che “possediamo”, ciò che amiamo di più, ciò che costituisce la verità e il profondo della nostra vita.
Dio accetta le offerte che rappresentano il sacrificio di un cuore puro, fatte con umiltà, con carità e volentieri.
Così, in quest’ultima settimana dell’anno liturgico, in attesa del ritorno del Signore Gesù nella gloria, siamo invitati a dare tutto nella nostra vita, siamo chiamati ad evitare un atteggiamento IN CUI CI LIMITIAMO A “VIVACCHIARE”…
La vedova sa bene che ciò che lei dona è minimo, irrisorio in confronto alle cospicue offerte che venivano versate al tesoro del Tempio, così come noi sappiamo che il nostro agire, nella logica del vangelo, il riconoscere nel fratello povero il volto di Dio, è poca cosa, è gesto che sembra inutile rispetto alla logica mondana del potere e del successo.
DIAMO A DIO CIÒ CHE CI È NECESSARIO, non del superfluo, non dedichiamo a Dio i ritagli di tempo e di devozione, ma l’essenziale di ciò che viviamo: gioie, ansie, speranze, delusioni, persone, affetti…
Cerchiamo di avere il cuoredi quel ragazzo che, davanti alla sfolla sterminata, offre la sua merenda al Signore, che servirà alla moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Cerchiamo di essere quei discepoli che aspettano il ritorno del Rabbì, a cui è richiesta l’incoscienza e l’ardire del dono, o la profezia della speranza.
Il tempo della Chiesa, in attesa del ritorno del Signore Gesù, è il tempo in cui i discepoli cercano di imitare il Maestro in tutto, con semplicità e generosità, gettando nel Tempio, -dove Dio abita- e nel tesoro del Tempio, cioè nella parte più luminosa e preziosa, ció che ciascuno ha di necessario, pur se, all’apparenza, è piccola cosa, come gli spiccioli della vedova.
Questa donna è immagine della Chiesa.
La Chiesa è la comunità dei piccoli, dei poveri e dei disprezzati, i quali però sono grandi davanti a Dio perché donano tutto ciò che hanno con umiltà e semplicità e pongono la loro fiducia in lui.
Nella Chiesa non contano i potenti e i sapienti: la vera storia è fatta dagli umili che, come questa vedova, vivono l’amore concreto nello Spirito del Signore.
E Gesù, prima di morire, ce li indica come maestri da seguire.
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!