25.11.2023 – SABATO XXXIII SETTIMANA P.A. A – LUCA 20,27-40 “Dio non è dei morti, ma dei viventi”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo LUCA 20,27-40

+ In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Siamo quasi giunti al termine della lectio cursiva del vangelo secondo Luca prevista dall’annata liturgica A, e oggi ascoltiamo un brano evangelico che riguarda LA MORTE, tema decisivo e inevitabile per tutti gli umani, quindi anche per i discepoli di Gesù.

Ma, allo stesso tempo, le letture della Messa di oggi ci preparano alla festa di domani, la festa della regalità del Signore.

E, in questo contesto, il Vangelo CI APRE ALLA GIOIA DELLA RISURREZIONE, alla quale invano si oppongono i sadducei, una porzione del popolo di Israele essenzialmente clericale, legata al sacerdozio.

Profondamente conservatori e tradizionalisti, essi praticavano una lettura fondamentalista delle Scritture sante, tra le quali privilegiavano la Torah (il Pentateuco), mentre non consideravano rivelativi i profeti e gli scritti sapienziali.

E proprio perché nella Torah, mediante una sua interpretazione letterale, non si trova la resurrezione dei morti, QUALE VERITÀ DA CREDERE, i sadducei la rigettavano, a differenza dei farisei e degli esseni, che invece la professavano come destino ultimo dei giusti.

Gesù non ha imposto il suo dominio con la violenza: ma È MORTO SULLA CROCE, APPARENTEMENTE NELLA DELUSIONE DEL FALLIMENTO.

Ma, in realtà, la sua morte, ACCETTATA CON AMORE NELLA RADICALE ADESIONE ALLA VOLONTÀ DEL PADRE, HA TRIONFATO SULLA MORTE E SI È VITTORIOSAMENTE APERTA SULLA RISURREZIONE.

Prepariamoci ad accogliere il nostro re “giusto, vittorioso, umile“, come scrive il profeta Zaccaria, con la profonda umiltà di Maria, e sottomettiamoci a lui con tutto il cuore, come egli si è sottomesso alla volontà del Padre.

Solo se facciamo così entreremo nel suo regno “…verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore, e di pace“.

Ma torniamo al tema della risurrezione dei morti, argomento sollecitato dai sadducei, per mostrare l’assurdità di tale fede nella resurrezione del corpo dalla morte.

Quei sadducei posero a Gesù un esempio ridicolo e assurdo, a loro parere, utile a demolire la convinzione che condividevano con moltissimi degli altri figli di Israele.

E fanno ricorso alla legge del levirato, presente nella Torah (Dt 25,5-10), che autorizzava un uomo a sposare la cognata rimasta vedova e senza figli.

Lo scopo di questa normativa è evidente: ai figli che nasceranno sarà imposto il nome della famiglia del padre, sicché la discendenza sarà assicurata al fratello defunto.

In base a tale legge – dicono i sadducei – una donna diventa moglie di sette fratelli, perché questi muoiono uno dopo l’altro.

Da ultimo” –concludono, convinti di averlo messo in seria difficoltà– “morì anche la donna. Alla resurrezione, dunque, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie”.

La prassi tra l’altro era stata prescritta da Mosè.

È buona cosa sapere che al tempo di Gesù era dominante una concezione materiale del Regno messianico e delle realtà a esso connesse, perciò si credeva che la resurrezione avrebbe permesso ai morti del passato di prendere parte al Regno per essere giudicati e ritrovare nella beatitudine una fecondità straordinaria.

Affermava, per esempio, rabbi GAMALI’ÈL HA-ZAQÈN “…verrà un tempo in cui la donna partorirà ogni giorno una volta” (Rabbino, fariseo, del quale era stato allievo Paolo di Tarso [Atti 22,3], molto stimato anche dalle altre correnti religiose per la sua saggezza e condotta di vita. Un giudeo prima del 200 disse di lui: “Quando morì Rabbàn Gamali’èl ha-Zaqèn scomparve l’onore della Toràh e sparirono la purezza e il distacco dalla materialità“).

La resurrezione era pensata come rianimazione del cadavere, ritorno alla vita corporea precedente: una concezione a dir poco enigmatica, che aprirebbe numerosi problemi…

La risposta del Maestro è davvero illuminante:

  • «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito».

Gesù ci lascia intravedere una realtà completamente diversa da quella che viviamo in questo mondo.

Dopo la nostra morte, se giudicati degni della risurrezione, diventiamo Figli di Dio, come gli angeli, vivi nello spirito e in intima comunione tra noi nell’unico amore che tutti attrae e unisce.

Possiamo quindi dedurre che, pur non annullando quegli affetti e vincoli umani che ci hanno legato quaggiù, in cielo vivremo la pienezza dell’amore e la pienezza non ammette differenze e gradi.

Per i sadducei Gesù aggiunge una argomentazione biblica che sarebbe dovuta risultare molto efficace per loro:

  • «Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui».

Per noi cristiani l’argomento definitivo, fondamentale per la nostra fede è legato alla risurrezione di Cristo.

Fratelli e Sorelle, noi non potremmo essere figli di Dio -che È “IMMORTALITÀ VIVENTE”- se non fossimo noi, suoi figli, chiamati a risorgere, cioè a vivere sempre.

Dio non può essere il Dio dei morti, il Dio di gente che non vedrà mai più la luce.

È dunque implicita questa verità, perfino nell’esperienza di Mosè: QUANDO VIDE BRUCIARE L’EMBLEMATICO ROVETO CHE ARDEVA SEMPRE E MAI SI CONSUMAVA.

Si, tutti viviamo in forza di quello spirito di vita che ci viene da Dio, che è Vita immortale.

Fratelli e Sorelle… cerchiamo di ricordarcene specie nei momenti difficili, magari vicino al momento della nostra morte, CREDENDO FERMAMENTE, IN QUEL MOMENTO, che essa è solo “corporale”, ed è dunque “…sorella morte”, come la chiamò San Francesco.

E non abbiate timore, nessuno può rubarci la speranza della vita gioiosa in Paradiso.

Ma torniamo al testo.

In un raffinato (e per molti versi incomprensibile) scontro teologico Gesù, che dimostra di conoscere molto bene la Scrittura.

Infatti, parla della teofania di Dio a Mosè, quando il Dio dei patriarchi LI CITA AL PRESENTE, NON AL FUTURO, LASCIANDO INTENDERE CHE SONO VIVI E VEGETI E CONFERMANDO, COSÌ, LA SOLIDITÀ DELLA FEDE NELLA SOPRAVVIVENZA, NEGATA DAI SADDUCEI.

Il nostro è un Dio dei vivi, non dei morti.

Paolo di Tarso torna sapientemente in argomento e dice:

  • «…se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini».

Ecco allora, Fratelli e Sorelle che deve risuonare in noi, con voce potente, il grido pasquale di Cristo:

  • «…IO SONO la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno».

Un grande teologo, KARL RAHNER, (1904-1984 sacerdote gesuita, uno dei più importanti teologi cattolici di questo secolo, fu tra i protagonisti del rinnovamento della Chiesa che portò al Concilio Ecumenico Vaticano II) nel suo testo “Tu sei il silenzio”, ebbe a scrivere:

  • Allora vivrò con i viventi che nel segno della fede mi hanno preceduto nel giorno chiaro della vita, dove nulla più resta da fare, perché quel giorno sei tu, pienezza di ogni realtà, Dio dei viventi”.

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!