… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 13,18-21
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami». E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Parola del Signore
Mediti…AMO
Se ci chiedessero che immagine abbiamo di Dio, ognuno risponderebbe probabilmente in maniera assolutamente personale.
Però ci sono alcuni tratti che ci hanno insegnato fin da piccoli, che forse restano costanti. Uno di questi è che Dio è GRANDE. E, secoli di riflessione teologica, ha spostato Dio pure “in alto” e, parallelamente, l’ha reso grandissimo.
Il vangelo di oggi ci mostra invece un Dio piccolo, piccolissimo, che con la sua potenza, si nasconde in un seme, in un pizzico di lievito, nulla più.
Piccolo di dimensioni, ma la grandezza di Dio non sta in esse, ma nelle sue potenzialità. Che, tradotto, significa che la grandezza dell’amore, quello vero, che vince la morte, non risiede nell’appariscenza, ma nel silenzioso e tenace crescere della speranza.
Così si propaga il Regno di Dio.
Per questo è inarrestabile, perché, come la luce del sole, si infila dappertutto.
Certamente, mi direte voi, ma noi restiamo abbagliati e confusi dai grandi segni di male: enormi eventi, terribili, certo, ma sterili.
Ricordiamoci sempre, Fratelli e Sorelle, che il male non fa eco: MA L’AMORE, COME LA SPERANZA, DIVAMPA.
E, in questa ottica, certamente il Regno di Dio è una realtà piccola, nascosta, fragile, ma piena di una straordinaria capacità di far crescere la pasta, o un albero capace di accogliere ed ospitare gli uccelli del cielo.
I due esempi del brano evangelico odierno si mostrano complementari nell’offrirci una visione e una comprensione di cosa significhi che Dio regna.
Spesso però, nella nostra ottusità guardiamo le cose di Dio, non con i suoi occhi, ma con lo sguardo umano, e diamo valore alle cose SOLO SE SONO GRANDI O IMPONENTI.
E Gesù lo sa bene. Infatti usa, nell’insegnamento odierno, due immagini molto semplici, come simboli del Regno:
- un albero, presente in ogni contesto culturale. Questa prima immagine, ci proietta nell’ambiente agricolo della Palestina ai tempi di Gesù, che ci consegna una suggestiva immagine plastica della vita dei campi con un linguaggio semplice e lineare. Gesù parla di un piccolissimo seme di senape, simile alla testa di uno spillo, che un contadino getta nel suo campo. Questo seme cresce lentamente, si sviluppa in maniera continua e inarrestabile fino a diventare un albero, sui cui rami si vanno a riposare gli uccelli del cielo. Gesù narra un frammento della vita agricola per dare l’idea della magnificenza di cui sarà coperto il Regno di Dio nella sua fase finale, dopo un inizio oscuro, impercettibile, quasi insignificante. Perché un granellino di senape si vede appena. Esso, però, possiede in sé una forza vitale incredibile, che lo porta a crescere gradatamente, fino a diventare un grande arbusto, sul quale gli uccelli possono nidificare. Questa similitudine ci racconta che il Regno di Dio, aperto ai piccoli, È UNA REALTÀ POVERA, UN SEME CHE, PER REALIZZARSI SECONDO IL PROGETTO DI DIO, MUORE. E il Padre celeste che vede le cose dall’alto, ha voluto farci conoscere questo mistero ATTRAVERSO LA VICENDA UMANA DEL FIGLIO, CHE, ATTRAVERSO LA SUA PASSIONE E MORTE È DIVENTATO ALBERO DI SALVEZZA E PANE DI VITA. Con la parabola del piccolo seme di senapa l’evangelista vuole incoraggiare la Chiesa di tutti i tempi che essa è proiettata verso un futuro in cui la sovranità di Dio trionferà sulla terra. È il Regno dei Cieli trionfante, simboleggiato dall’albero di senapa, che accoglie tra i suoi rami ogni tipo di uccello. L’immagine dell’albero senz’altro richiama un passo di Ezechiele: “Così dice Dio, il Signore: ma io prenderò l’alta vetta del cedro e la porrò in terra; dai più alti dei suoi giovani rami strapperò un tenero ramoscello e lo pianterò sopra un monte alto, elevato. Lo pianterò sull’alto monte D’Israele; esso metterà rami, porterà frutto e diventerà un cedro magnifico. Gli uccelli di ogni specie si rifugeranno sotto di lui: troveranno rifugio all’ombra dei suoi rami. Tutti gli alberi della campagna sapranno che,io il Signore, ho abbassato l’albero che era su in alto, ho innalzato l’albero che era giù in basso, ho fatto seccare l’albero verde, e ho fatto germogliare l’albero secco. Io, il Signore, l’ho detto e lo farò” (Ez 17:22-24). La Chiesa vive l’oggi come missione tesa all’annuncio instancabile della Pasqua, che getta luce su tutto quello che Gesù ha fatto e ha detto, affinché altri “uccelli” si rifugiano nel grande albero, nato da un piccolo, minuto, insignificante seme di senape. Ancora quest’albero deve avere la sua grandezza definitiva, ma la Chiesa ha la garanzia della parola di Gesù, “nella quale è tutta la potenzialità imprevedibile e inarrestabile di un inizio di vita che contiene tutto lo sviluppo successivo, ce deve solo apparire e manifestarsi agli occhi nostri e del mondo. È questione di tempo. Basta sapere aspettare con Fede e Pazienza”.
- il gesto tradizionale di una donna che impasta la farina, la feconda con il lievito e la fa diventare pane che sfama la folla. Una donna, maestra come tutte le donne nel far lievitare la vita, “ha nascosto” (così tradotto con maggior fedeltà all’espressività dell’originale) il fermento vivo nella massa della farina: come il seme nel terreno, così il lievito deve scomparire nella pasta per farla lievitare tutta. Poi il pane per diventare tale dovrà conoscere il calore del forno, ma senza lievito resterebbe cibo della schiavitù e della fretta, come quello consumato subito dopo l’esodo dall’Egitto. Sembra una cosa da nulla, invisibile, appunto “nascosta” dentro, eppure ha la capacità di far fermentare tutta la pasta e farla diventare pane profumato. È il poco che fa tanto, il nulla che diventa tutto. Nella stessa linea simbolica dell’albero di senapa, si pone anche la parabola del lievito. Anch’essa descrive il Regno dei Cieli come una realtà storica in divenire, ossia piccola all’inizio, quasi impercettibile, ma vitale e dinamica, che, attraversando gli avvenimenti storici generazionali, si manifesterà definitivamente nella sua maestosità. Ecco il contrasto: un inizio miserevole ma con una fine grandiosa.
La stessa cosa avviene nella nostra vita spirituale: dobbiamo accogliere in noi il regno di Dio, la Parola di Dio, che agli occhi dell’uomo qualunque è poca cosa, in quanto parola. Ma la sua forza interiore ha la capacità misteriosa di trasformare tutta la nostra esistenza.
E così è il Regno di Dio: una realtà umanamente piccola e apparentemente irrilevante. Ma per entrare a farne parte bisogna essere poveri nel cuore.
Non confidare nelle proprie capacità, ma nella potenza dell’amore di Dio.
Non agire per essere importanti agli occhi del mondo, ma per essere preziosi agli occhi di Dio, che predilige i semplici e gli umili.
Quando viviamo così, attraverso di noi irrompe la forza di Cristo e trasforma ciò che è piccolo e modesto in una realtà che fa fermentare l’intera massa del mondo e della storia.
A noi però viene richiesto di aver:
- PAZIENZA: perché questo miracolo non avviene in un attimo. Una volta gettato il seme, bisogna aspettare per un lungo tempo la sua maturazione; una volta “nascosto” il lievito, se non si dà il tempo necessario per lievitare la pasta, non succede nulla.
- FIDUCIA: dobbiamo avere solo fiducia e speranza nella capacità misteriosa insita nel seme e nel lievito, messa da Dio per raggiungere il fine per cui Egli li ha immessi nella nostra vita.
Noi invece, siamo portati a voler vedere subito il cambiamento e se questo non avviene, vogliamo affrettare a tutti i costi i tempi dell’attesa, ANZICHÉ AFFIDARCI TOTALMENTE ALLA POTENZA DELLA GRAZIA DIVINA.
In altri passaggi del vangelo il lievito sarà paragonato alla dottrina, in virtù della sua capacità di suscitare l’agire umano, ma qui è immagine del regno che entra in mezzo a noi, della stessa nostra natura e sostanza, ma portatore di un’energia vitale a noi sconosciuta.
Come spirito di vita impasta le nostre esistenze e le nostre comunità, le rivitalizza, le rende ciò che sono chiamate a essere: anticipazioni del regno di Dio nella compagnia umana.
Sì, perché il regno di Dio non è qui o là, ma lo troviamo dove lo lasciamo entrare, nell’adamàh, nella terra di cui siamo composti, nella farina che il vento disperderebbe senza l’amalgama dell’impasto, senza paura alcuna.
La nostra povera opera, apparentemente piccola di fronte alla complessità dei problemi del mondo, se inserita in quella di Dio non deve mai aver paura delle difficoltà.
Perché la vittoria del Signore è sicura: il suo amore farà spuntare e farà crescere ogni più piccolo seme di bene presente sulla terra.
Questo ci apre alla pazienza, alla fiducia e alla speranza, nonostante i drammi, le ingiustizie, le sofferenze che incontriamo.
Il seme del bene e della pace germoglia e si sviluppa, PERCHÉ LO FA MATURARE L’AMORE MISERICORDIOSO DI DIO.
Ha detto Papa Giovanni XXIII’:
- “Solo conforto, che basta alla nostra tranquillità interiore, il sapere che Gesù Salvatore è ben più sollecito di noi della salute delle anime: che egli vuole salve per la nostra cooperazione, ma chi le salva intimamente è la sua grazia: e la sua grazia non mancherà nell’ora opportuna”.
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!