25.07.2022 – LUNEDI’ SAN GIACOMO IL MAGGIORE – MATTEO 20,20-28 “Il mio calice, lo berrete”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo MATTEO 20,20-28

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO – (nato a Bethsaida il……. E Martire a Gerusalemme nel 44 d.C.).

È detto “il Maggiore” per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo.

Lui e suo fratello Giovanni sono figli di Zebedeo, pescatore in Bethsaida, sul lago di Tiberiade.

Chiamati da Gesù (che ha già con sé i fratelli Simone e Andrea) anch’essi lo seguono (Matteo cap. 4). Nasce poi il collegio apostolico: “(Gesù) ne costituì Dodici che stessero con lui: (…) Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono” (Marco cap. 3).

Con Pietro saranno testimoni della Trasfigurazione, della risurrezione della figlia di Giairo e della notte al Getsemani.

Non esistono riferimenti archeologici diretti (come epigrafi) certi alla vita e all’operato di Giacomo, e nemmeno riferimenti diretti in opere di autori antichi non cristiani. Le fonti testuali pervenuteci sono di due tipi:

  • i testi del Nuovo Testamento, in particolare i quattro vangeli canonici e gli Atti degli apostoli. Redatti in greco tra il I secolo e la prima metà del II, contengono gli unici riferimenti diretti alla vita di Giacomo.
  • alcuni accenni contenuti negli scritti di alcuni Padri della Chiesa.

Al pari degli altri personaggi neotestamentari, la cronologia e la vita di Giacomo non ci sono note con precisione. I testi evangelici lo indicano come un fedele seguace del maestro, ma il periodo precedente e seguente alla sua partecipazione al ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30, vedi data di morte di Gesù) è ipotetico e frammentario.

Conosciamo anche la loro madre Salome, tra le cui virtù non sovrabbonda il tatto.

Chiede infatti a Gesù posti speciali nel suo regno per i figli, che si dicono pronti a bere il calice che egli berrà.

Così, ecco l’incidente: “Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono“.

E Gesù spiega che il Figlio dell’uomo “è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Matteo cap. 20).

E Giacomo berrà quel calice: è il primo apostolo martire, nella primavera dell’anno 42.

Il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni” (Atti cap. 12). Questo Erode è Agrippa I, a cui suo nonno Erode il Grande ha fatto uccidere il padre (e anche la nonna).

A Roma è poi compagno di baldorie del giovane Caligola, che nel 37 sale al trono e lo manda in Palestina come re. Un re detestato, perché straniero e corrotto, che cerca popolarità colpendo i cristiani.

L’ultima notizia del Nuovo Testamento su Giacomo il Maggiore è appunto questa: il suo martirio. Egli, infatti, è il primo apostolo martire.

Gesù gli preannuncia il martirio. “Potete bere – scrive Matteo – il calice che io sto per bere?”. Giacomo e Giovanni gli rispondono: “Lo possiamo”. La sua morte è descritta negli Atti degli Apostoli: “In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni”.

Dopo la decapitazione, secondo la Legenda Aurea del frate domenicano Jacopo da Varagine, il suo copro viene traslato in Spagna.

Secondo la tradizione, nell’831, dopo un prodigioso fenomeno luminoso in prossimità del monte Liberon, viene scoperto un sepolcro con la scritta: “Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e di Salome”.

Dopo la decapitazione, secondo la Legenda Aurea, i suoi discepoli trafugarono il suo corpo e riuscirono a portarlo sulle coste della Galizia.

Il sepolcro contenente le sue spoglie sarebbe stato scoperto nell’anno 830 dall’anacoreta Pelagio in seguito ad una visione luminosa.

Il vescovo Teodomiro, avvisato di tale prodigio, giunse sul posto e scoprì i resti dell’apostolo.

Dopo questo evento miracoloso il luogo venne denominato campus stellae (“campo della stella”) dal quale deriva l’attuale nome di Santiago di Compostela, il capoluogo della Galizia.

Eventi miracolosi avrebbero segnato la scoperta dell’Apostolo, come la sua apparizione alla guida delle truppe cristiane della reconquista nell’840, durante la battaglia di Clavijo e in altre imprese belliche successive, le cui vittorie sui musulmani gli meritarono nell’immaginario popolare il soprannome di Matamoros (Ammazza-mori), che dall’Alto Medioevo perdurò nei secoli seguenti.

La tomba divenne meta di grandi pellegrinaggi nel Medioevo, tanto che il luogo prese il nome di Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago) e nel 1075 fu iniziata la costruzione della grandiosa basilica a lui dedicata

Il pellegrinaggio a Santiago, lungo preferibilmente il suo “Cammino”, divenne uno dei tre principali pellegrinaggi della Cristianità medievale.

Gli altri erano quelli che portavano a Gerusalemme, al Santo sepolcro di Gesù e a Roma, alla tomba dell’apostolo Pietro, facendo assurgere la figura del vescovo di Santiago al livello delle più importanti figure della Cristianità.

Nel 1075 inizia la costruzione della basilica a lui dedicata e fin dal Medioevo, il Santuario è meta di pellegrinaggi, prima da tutta Europa e poi da ogni parte del mondo.

Secoli dopo, nascono su di lui tradizioni e leggende. Si dice che avrebbe predicato il Vangelo in Spagna.

Quando poi quel Paese cade in mano araba (sec. IX), si afferma che il corpo di san Giacomo (Santiago, in spagnolo) è stato prodigiosamente portato nel nord-ovest spagnolo e seppellito nel luogo poi notissimo come Santiago de Compostela.

Nell’angoscia dell’occupazione, gli si tributa un culto fiducioso e appassionato, facendo di lui il sostegno degli oppressi e addirittura un combattente invincibile, ben lontano dal Giacomo evangelico (a volte lo si mescola all’altro apostolo, Giacomo di Alfeo). La fede nella sua protezione è uno stimolo enorme in quelle prove durissime.

E tutto questo ha un riverbero sull’Europa cristiana, che già nel X secolo inizia i pellegrinaggi a Compostela. Ciò che attrae non sono le antiche, incontrollabili tradizioni sul santo in Spagna, ma l’appassionata realtà di quella fede, di quella speranza tra il pianto, di cui il luogo resta da allora affascinante simbolo. ù

Nel 1989 hanno fatto il “Cammino di Compostela” san Giovanni Paolo II e migliaia di giovani da tutto il mondo.

È il santo patrono della Spagna e della Galizia

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

Nel cuore dell’estate la Chiesa fa memoria di Giacomo, fratello di Giovanni, entrambi figli di Zebedeo, pescatore e, forse, discepolo del Battista, uno dei primi discepoli del Signore e primo fra i Dodici ad essere ucciso per la sua fedeltà al Maestro.

È un invito a tornare alle radici, là dove affonda la nostra fede, nella testimonianza di chi c’era.

Ci sono persone chiamate a fare un’esperienza unica e straordinaria della presenza del Signore.

Per sua iniziativa, per sua libera scelta, per sua grazia, sono chiamate a stare con lui.

Fra questi abbiamo Giacomo, uno dei figli di Zebedeo che, insieme a Pietro e Giovanni, ha seguito il Maestro nelle esperienze più importanti, dal monte Tabor al Getsemani.

Matteo è piuttosto duro con i figli di Zebedeo. Più di Marco, che ne parla per primo, alla fine della vita pubblica del Signore, in cui appare meglio il loro desiderio sincero di fare esperienza di Dio.

Ma questa vicinanza tutta particolare avviene perché si diventi testimoni.

Così Giacomo fu il primo a rendere testimonianza al Signore, morendo per primo fra gli apostoli sotto la persecuzione di Agrippa.

Eppure ciò che ci resta è quel titolo, boanerghes, “figli del tuono“, attribuito a lui e a suo fratello, indice, probabilmente, di un carattere non troppo conciliante.

E quell’episodio che ne rivela l’ambizione e la fragilità quando chiede, lui o sua madre, secondo le versioni, di sedere alla destra di Cristo nel Regno.

Alla destra di Gesù, invece, non ci sarà nessuno dei discepoli, ma un malfattore crocefisso insieme a lui…

Giacomo ha dovuto sudare per crescere, per convertire il proprio cuore, per diventare discepolo secondo le intenzioni del Signore Gesù.

Secondo la tradizione fu Carlo Magno a scoprirne la tomba con i resti, traslati poi da Gerusalemme in Spagna in quello che ora è uno dei luoghi più visitati dai pellegrini: Santiago di Compostela.

Anche noi, se abbiamo una qualche particolare esperienza di vicinanza col Signore, se abbiamo una vita di preghiera intensa e una sensibilità spirituale sviluppata, è perché questi doni debbono essere messi a disposizione dei fratelli che incontriamo.

Nella Chiesa chi più ha più dona, così Giacomo ha saputo rendere testimonianza al Signore fino in fondo.

Ma entriamo nel testo dell’evangelo.

Gesù e i discepoli sono in cammino verso Gerusalemme (Mt 20,17). Gesù sa che lo uccideranno (Mt 20,8). Il profeta Isaia lo aveva già annunziato (Is 50,4-6; 53,1-10).

La sua morte non sarà il frutto di un piano prestabilito, ma conseguenza dell’impegno liberamente assunto di essere fedele alla missione che ricevette dal Padre insieme ai poveri della sua terra.

Gesù aveva già avvisato che il discepolo deve seguire il maestro e portare la sua croce dietro di lui.

Ma i discepoli non capirono bene cosa stava succedendo. La sofferenza e la croce non si combinavano con l’idea che avevano del messia.

  • Matteo 20,20-21: La richiesta della madre dei figli di Zebedeo. I discepoli non solo non capiscono, ma continuano a pensare alle loro ambizioni personali. La madre dei figli di Zebedeo, portavoce dei suoi figli Giacomo e Giovanni, si avvicina a Gesù per chiedergli un favore “…di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno“. Era preoccupata solo dei propri interessi..
  • Matteo 20,22-23: Gesù reagisce con fermezza. Risponde ai figli e non alla madre “…Voi non sapete quello che chiedete. Potete forse bere il calice che io sto per bere?” Si tratta del calice della sofferenza. Gesù vuole sapere se loro, invece del posto d’onore, accettano di dare la propria vita fino alla morte. I due rispondono: “Lo possiamo!” Era una risposta sincera e Gesù conferma “Voi lo berrete“. Nello stesso tempo, sembra una risposta precipitata, poiché, pochi giorni dopo, abbandonano Gesù e lo lasciano solo nell’ora del dolore (Mt.6,51). Non si rendono conto della realtà. E Gesù completa la sua frase dicendo “…però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio“. Ciò che Gesù può offrire è solo il calice della sofferenza, della croce.
  • Matteo 20,24-27: “…Non così dovrà essere tra voi”.Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli“. La richiesta fatta dalla madre a nome dei figli, causa una forte discussione nel gruppo. Gesù chiarisce loro come si concretizza l’esercizio del potere “…I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così tra di voi: colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo“.

In quel tempo, coloro che avevano il potere non avevano nessun interesse per la gente. Agivano secondo i propri interessi (Mc 14,3-12). L’impero romano controllava il mondo, sottomettendolo con la forza delle armi e così, mediante tributi, tasse ed imposte, riusciva a concentrare la ricchezza mediante la repressione e l’abuso di potere.

Gesù aveva un’altra risposta. Lui insegna contro i privilegi e contro la rivalità. Sovverte il sistema ed insiste nell’atteggiamento di servizio che è il rimedio contro l’ambizione personale.

La comunità deve preparare un’alternativa.

Quando l’impero romano si disintegra, vittima delle sue contraddizioni interne, le comunità dovrebbero essere preparate ad offrire alla gente un modello alternativo di convivenza sociale.

  • Matteo 20,28: Il riassunto della vita di Gesù. Gesù definisce la sua vita e la sua missione “…Il Figlio dell’Uomo non è venuto ad essere servito, ma a servire e a dare la sua vita in riscatto per molti“.

In questa auto definizione di Gesù sono implicati tre titoli che lo definiscono e che erano per i primi cristiani l’inizio della Cristologia:

  • Figlio dell’Uomo,
  • Servo di Yavè
  • e fratello maggiore (Parente prossimo o Gioele).

Gesù è il messia Servo, annunciato dal profeta Isaia (Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12).

Imparò da sua madre che disse “…Ecco l’ancella del Signore!” (Lc 1,38).

Proposta INAUDITA per la società di quel tempo.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!