25.01.2023 MERCOLEDI’ CONVERSIONE DI SAN PAOLO – MARCO 16,15-18 “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo MARCO 16,15-18

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il brano evangelico che la chiesa ci propone è tratto dalla conclusione aggiunta più tardi al vangelo secondo Marco da parte di “scribi cristiani”, che lo hanno completato con una chiusura meno brusca di quella del racconto originale (Mc 16,1-8).

Sono versetti che non si trovano nei manoscritti più antichi e sono sconosciuti a molti PADRI DELLA CHIESA.

Tuttavia la chiesa li ha accolti come contenenti la parola di Dio, tanto quanto il resto del vangelo, e infatti sono conformi alle Scritture (secundum Scripturas: 1Cor 15,3.4); sono addirittura una sintesi dei finali degli altri vangeli (soprattutto dei sinottici), che raccontano gli eventi riguardanti Gesù risorto, asceso al cielo e glorificato dal Padre.

Secondo questa conclusione, Gesù apparve al gruppo dei Dodici privi di Giuda, agli Undici dunque, mentre giacevano a tavola.

Costoro che, chiamati da Gesù alla sua sequela, erano stati coinvolti nella sua vita e avevano appreso da lui un insegnamento autorevole per almeno tre anni, nell’alba pasquale avevano ascoltato da Maria di Magdala l’annuncio della resurrezione di Gesù (Mc 16,9-10), ma a lei “non credettero” (Mc 16,11).

Anche i due discepoli di Emmaus avevano raccontato come il Risorto si era manifestato sulla strada (Mc 16,12-13), “ma non credettero neppure a loro” (v. 13).

Per questo, quando Gesù “alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore (sklerokardía), perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto” (Mc 16,14).

E la missione che Gesù risorto affida  ai suoi discepoli È LA SUA STESSA MISSIONE e i segni che accompagnano questo incarico sono gli stessi che Gesù aveva compiuto nella sua vita.

Adesso noi siamo i testimoni suoi ed È NEL SUO NOME che annunciamo la salvezza, quella stessa salvezza in cui noi abbiamo creduto e attraverso cui, NEL SUO NOME, siamo stati salvati.

La Chiesa diviene missionaria con l’invio di Cristo Risorto «Andate! Proclamate!» e con essa siamo coinvolti anche tutti noi. Essere missionario è la essenza del cristiano.

Questo mandato missionario’ di Gesù inizia con il verbo «andare», e i discepoli “usciti predicarono dappertutto”.

La missione presuppone sempre anche un uscire da sé stessi, dal proprio mondo, dai propri interessi, per avventurarsi in ambienti nuovi, fra gente nuova.

Ce lo ha ricordato sovente il nostro Papa Francesco con la sua espressione caratteristica, divenuta ormai proverbiale, della “Chiesa in uscita”.

Oggi vediamo la potenza di Dio in san Paolo, divenuto da persecutore Apostolo che ha accolto la fede in Cristo e l’ha diffusa, con una fecondità apostolica straordinaria, che non è ancora cessata.

Ma poiché siamo ancora nella settimana dell’unità, riflettiamo su alcuni aspetti della conversione di Paolo che si possono mettere in relazione con l’unità.

San Paolo si preoccupava al massimo dell’unità del popolo di Dio.

Fu proprio questo il motivo che lo spingeva a perseguitare i cristiani: egli non tollerava neppure il pensiero che degli uomini del suo popolo si staccassero dalla tradizione antica, lui che era stato educato, come egli stesso dice, alla esatta osservanza della Legge dei Padri ed era pieno di zelo per Dio.

Ai Giudei che lo ascoltano dopo il suo arresto egli paragona appunto il suo zelo al loro: “… pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi“.

E dunque possibile essere pieni di zelo per Dio, ma in modo sbagliato. San Paolo stesso lo dice nella lettera ai Romani “Essi hanno molto zelo, ma non è uno zelo secondo Dio“, è uno zelo per Dio, ma concepito secondo gli uomini (Rm 10,2).

Ora, mentre Paolo, pieno di zelo per Dio, usava tutti i mezzi e in particolare quelli violenti per mantenere l’unità del popolo di Dio, Dio lo ha completamente “convertito”, rivolgendogli quelle parole che rivelano chiaramente quale sia la vera unità.

Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti“. Nelle tre narrazioni della conversione di Paolo molti dettagli cambiano: alcuni vengono aggiunti, altri scompaiono, ma queste parole si trovano sempre, perché sono veramente centrali.

Paolo evidentemente non aveva coscienza di perseguitare Gesù, caricando di catene i cristiani, ma il Signore in questo momento gli rivela l’unità profonda esistente fra lui e i suoi discepoli: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti“.

Forse proprio allora Paolo ebbe la prima rivelazione del corpo di Cristo, del quale ha parlato poi nelle sue lettere. Tutti siamo membra di Cristo per la fede in lui: in questo consiste la nostra unità.

Gesù stesso fonda la sua Chiesa visibile. “Che devo fare, Signore” chiede Paolo, e il Signore non gli risponde direttamente “Prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia“.

Lo manda dunque alla Chiesa, non vuole per il suo Apostolo una conversione individualistica, senza alcun rapporto con gli altri discepoli. Egli deve inserirsi nella Chiesa, Corpo di Cristo, al quale deve aderire per vivere nella vera fede.

Ogni cristiano dovrebbe avere questa tristezza continua, che non impedisce di essere gioiosi in Cristo, perché è una tristezza secondo Dio, che ci unisce al cuore di Cristo.

E la sofferenza per il popolo di Israele che non riconosce Cristo, per i cristiani che sono divisi e non giungono all’unità che il Signore vuole.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

Come ci testimonia l’universalismo di Paolo, LA VITA DI COLUI CHE CREDE È UNA VITA “RISORTA”, è potenza pura in un mondo pieno di sfiducia.

E, in Paolo, la sua vita, diventa una eloquente testimonianza della bellezza, della ricchezza, della dolcezza, della magnanimità, della forza di un Dio che vuole arrivare a raggiungere ogni creatura, CHE EGLI AMA.

Paolo è l’unico santo di cui festeggiamo la conversione, perché la sua conversione è diventata il modello di ogni conversione, il percorso di lotta di ogni discepolato.

Fa spavento leggere la sua storia, perché è lontana dagli stereotipi che abbiamo nel cuore.

Paolo, il gigante della fede, è sicuramente colui che “ha fatto uscire” i discepoli del Rabbì di Nazareth, dalla piccola cerchia di Gerusalemme fino agli estremi confini della terra.

A lui dobbiamo l’elaborazione “a caldo” della riflessione su Gesù, da lui, attraverso le sue lettere, riceviamo la fotografia dell’assetto della prima comunità cristiana

Egli è un ROMANO persecutore della causa cristiana ma non è un arrogante, un violento.

Ma attenti a non banalizzare quella conversione, perché Paolo non passa dall’incredulità alla fede, non è un pagano convertito.

È molto peggio: È UN CREDENTE ASSOLUTO. Il problema di Paolo È PROPRIO L’ECCESSIVO ZELO, UNA FEDE COSÌ GRANITICA DA FARLO ACCECARE E PERCEPIRE LA VIOLENZA COME MODO DI RIPORTARE A VERITÀ QUESTA PICCOLA INSIGNIFICANTE SETTA GIUDAICA; Paolo è colto, preparato, ha un forte spessore interiore, una salda vita di fede, è un uomo di IMMENSA cultura, che è nato e che è cresciuto in una città multietnica, una metropoli del passato.

Che si è confrontato con il mondo ellenistico e con quello romano ed ha approfondito LA FEDE DELLE SUA RADICI EBRAICHE, NIENTE DI MENO CHE ALLA SCUOLA DEL PIU’ GRANDE RABBINO EBRAICO DELL’EPOCA: GAMALIELE PRIMO IL GRANDE.

Egli “INFURIAVA” contro la Chiesa di Cristo e contro Cristo, per il suo zelo. Era convinto di combattere i cristiani IN NOME DI DIO, anzi, facendo cosa gradita a Dio.

Fratelli e Sorelle… sappiamo bene che lo zelo è cieco, soprattutto quello religioso, quando precipita nel fanatismo.

E l’unico modo per salvare Saulo è scaraventarlo in terra, farlo cadere, farlo precipitare.

Spesso la conversione passa attraverso una caduta, o un fallimento.

Gesù lo fa cadere a terra e Saulo si ravvede, e inizia a riflettere, perché si rialza cieco, perché la sua cecità è immagine della sua anima.

E in questa cecità dovrà rimanere fino a quando incontrerà il pauroso Anania.

Anche qui un altro insegnamento. Il vangelo ci fa capire che sempre LA PAROLA PASSA ATTRAVERSO LE MANI INADATTE DI QUALCHE CRISTIANO NON ALL’ALTEZZA DELLA SITUAZIONE.

E da Anania Paolo riceve il BATTESIMO E NUOVAMENTE LA LUCE E CON ESSA LA VISTA.

Ha detto IL SANTO PAPA GREGORIO MAGNO:

  • “Che razza di sentinella sono dunque io, che invece di stare sulla montagna a lavorare, giaccio ancora nella valle della debolezza? Però il creatore e redentore del genere umano ha la capacità di donare a me indegno l’elevatezza della vita e l’efficienza della lingua, perché, per suo amore, non risparmio me stesso nel parlare di lui”.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!