“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).
Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 18,33-37
+ In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore
Mediti…AMO Marco 4,34 “4Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa”. |
La solennità di Cristo re dell’universo, originariamente collocata all’ultima domenica di ottobre, era stata istituita nel 1925, al termine dell’Anno Santo, per affermare la sovranità di Cristo in contrapposizione ai sovrani terreni e per affermarne la superiorità anche sociale.
Con il Concilio Vaticano II la solennità è stata opportunamente collocata a conclusione dell’anno liturgico e con la forte sottolineatura del carattere spirituale del regno di Cristo, non in concorrenza con poteri umani ma superiore ad essi, non nel domino ma nel servizio all’uomo.
Dato che il Vangelo di Marco, che ci ha accompagnato in quest’anno liturgico B, non offre brani che illustrino adeguatamente la regalità di Gesù, la liturgia ricorre di nuovo, come ha fatto altre volte, al Vangelo di Giovanni, il quale fa della regalità di Cristo il motivo dominante del racconto della passione: Gesù diventa re attraverso la sofferenza e la morte di croce; il suo trono è la croce.
La liturgia di questa domenica prende dal vangelo di Giovanni il brano centrale del processo di Gesù davanti a Pilato, incentrato sul tema della regalità.
Gesù Cristo è re, e non per caso, come se la regalità fosse una dimensione secondaria e accessoria della sua vita.
È Re consapevolmente e intenzionalmente, perché dice “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo”.
La missione di Gesù ha come scopo preciso l’instaurazione del suo Regno nel mondo, nel cuore stesso della storia.
Il cammino dell’uomo, che in Adamo si è allontanato dal progetto originario di Dio, deve essere ricondotto a Dio nella fede e nell’obbedienza dell’amore.
Gesù è venuto per questo e instaura la sua regalità al fine di ottenere questo.
Con la festa di Cristo, Signore e Re dell’universo, si vuole richiamare il ruolo insostituibile di Gesù Cristo nella vicenda umana e ricordare ai credenti che egli è l’unico Signore a cui orientare la propria storia personale e comunitaria.
Come ho detto, per il corrente anno questa festa è accompagnata dalla lettura del brano di Giovanni sul primo incontro tra Gesù e Pilato.
Si tratta, appunto, del primo confronto, perché questo Vangelo registra anche un secondo colloquio tra i due, dopo la flagellazione del Nazareno.
Senza perder tempo, Pilato passa subito alla questione cruciale, il punto che gli interessa «Sei tu il re dei Giudei?».
Per il Prefetto di Roma, rappresentante del potere imperiale, quest’espressione significava una preoccupazione circa il governo dei suoi territori: la paura di una sommossa, soprattutto a Pasqua, avrebbe potuto destabilizzare l’ordine e la “pax romana”.
Gesù accetta il titolo, rispondendo «Tu lo dici: Io sono re», ma allo stesso tempo nega il significato che Pilato vuole attribuirgli, per insistere invece sulla sua speciale regalità.
Gesù si rifiuta di incarnare un messianismo terreno, come quello evocato già nelle tentazioni nel deserto, in particolare nella versione lucana della prova «Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo”» (Lc 4,5-7).
«Tutto il mondo appartiene a Satana, che è disposto a dare a Gesù il potere su tutti i regni della terra. Ma Gesù, fin dall’inizio della sua vita pubblica, rifiuta radicalmente di fondare un regno terreno» (De La Potterie).
Certamente, occorre rilevare che, Pilato non capisce niente, né dei Giudei, né di Gesù (Gv 18,35), né del senso profondo del dibattito (Gv 18,38).
Mai dobbiamo dimenticare che Pilato e Gesù rappresentano due concezioni contrapposte del re e della regalità.
Pilato non può concepire altro re né altro regno che un uomo con potere assoluto come l’imperatore Tiberio, o, per lo meno, con un potere limitato a un territorio e ad alcuni sudditi, come il famoso Erode il Grande.
Gesù, tuttavia, parla di un regno che non è di questo mondo, cioè, che non ha la sua provenienza nel mondo degli uomini, ma nel solo Dio.
Pilato pensa a un regno che si fonda su un potere che si impone tramite la forza dell’esercito, mentre Gesù ha in mente un regno imposto non con la forza militare (in tal caso “la mia gente avrebbe combattuto perché non fossi consegnato ai giudei”), ma tramite la forza della verità e dell’amore.
Pilato non può concepire in nessun modo un re che sia condannato a morte dai suoi stessi sudditi senza che opponga resistenza, e Gesù è convinto e sicuro che sul legno della croce egli instaurerà in modo definitivo e perfetto il suo misterioso regno.
Per Pilato, dire che qualcuno regna dopo morto è un controsenso e un assurdo, per Gesù, invece, è perfettamente chiaro che è la più vera realtà, perché la morte non può distruggere il regno dello spirito.
Due regni diversi, due concezioni differenti.
Quanto a Gesù, una sola cosa conta, è quella verità (Gv 18,37), che durante tutta la sua vita ha servito, a cui ha reso testimonianza.
La verità sul Padre, la verità sulla vita eterna, la verità sulla lotta che l’uomo deve condurre in questo mondo, ed ora deve dichiarare la verità sulla vita e sulla morte.
Tutti campi essenziali, in cui la menzogna e l’errore sono mortali.
Ecco cosa significa essere “Re dell’universo”: entrare nella verità e renderle testimonianza (Gv 8,44-45).
“Chi avrebbe potuto regnare in tutti i popoli, se non il Cristo Figlio di Dio, del quale a tutti veniva annunziato che avrebbe regnato per sempre? A tutti, in ogni luogo, è presentato in maniera eguale. Presso di lui non c’è maggior grazia di re, né minor gioia di alcun barbaro; per tutti è uguale, per tutti è re; per tutti è giudeo; di tutti è il Signore e il Dio” (Tertulliano, Adversus Judaeos).
Il brano ci insegna che Pilato fatica ad accettare una sovranità che non si basi su forza, violenza o sopraffazione.
Il Cristo mostrerà che la potenza di Dio trionfa nell’abbandono di ogni arma: nel donare anziché accaparrare, nel servire anziché essere servito, nel liberare anziché opprimere.
La regalità del Cristo, se vogliamo utilizzare la parola “re” nonostante il rischio di fraintendimenti, si manifesta nella sua vita, nelle sue azioni e nella sua persona.
Consiste nell’incarnarsi in questo mondo per spiegare, vivere e testimoniare la Verità che ha accolto dal Padre: che tutti, per il dono dello Spirito, sono chiamati a essere Uno in Dio, come il Figlio e il Padre sono Uno.
Non gli interessa l’assoluzione legale, gli interessa attrarre nell’unità d’amore persino Pilato; il quale però ha la libertà di non accettarla.
Per questa rivoluzione Dio si è spogliato di tutto; per questa rivoluzione quell’uomo spoglio è Dio.
E Dio è Re, non solo “dei giudei”.
Da timido imputato, Gesù rifulge divinamente sul trono della Croce in qualità di testimone e di giudice.
Anche per quel governatore distaccato che, di fronte alla Verità incarnata, preferisce tutelare la propria popolarità per non avere troppi problemi, nonostante i tentativi di scagionarlo con i mezzi legali che disponeva.
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!