24.06.2022 VENERDI – SACRATISSIMO CUORE DI GESU’ – LUCA 15,3-7 “…vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte”.
il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 15,3-7
In quel tempo, Gesù disse ai farisei e agli scribi questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione». Parola del Signore
Mediti…AMO
Oggi celebriamo la solennità del Sacro Cuore, la festa dell’Amore di Gesù.
Con il culto al Sacro Cuore di Gesù, la Chiesa Cattolica intende onorare il Cuore di Gesù Cristo, uno degli organi simboleggianti la sua umanità, che per l’intima unione con la Divinità, ha diritto all’adorazione e l’amore del Salvatore per gli uomini, di cui è simbolo proprio il Suo Cuore.
Già praticata nell’antichità cristiana e nel Medioevo, il culto si diffuse nel secolo XVII ad opera di S. Giovanni Eudes (1601-1680) e soprattutto di S. Margherita Maria Alacoque (1647-1690).
La festa del Sacro Cuore fu celebrata per la prima volta in Francia, probabilmente nel 1685.
- MARGHERITA MARIA ALACOQUE, suora francese, entrò il 20 giugno 1671 nel convento delle Visitandine di Paray-le-Monial (Saone-et-Loire), visse con grande semplicità e misticismo la sua esperienza di religiosa e morì il 17 ottobre 1690 ad appena 43 anni.
Già prima di entrare nel convento, era dotata di doni mistici che si accentuarono con la sua nuova condizione di religiosa; ebbe numerose manifestazioni mistiche, ma nel 1673 cominciarono le grandi visioni che resero famoso il suo nome; esse furono quattro rivelazioni principali, oltre numerose altre di minore importanza.
La prima visione avvenne il 27 dicembre 1673, festa di s. Giovanni Evangelista.
Gesù le apparve e Margherita si sentì “tutta investita della divina presenza”; la invitò a prendere il posto che s. Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena e le disse “…Il mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande disegno, affinché tutto sia fatto da me”.
Una seconda visione le apparve agli inizi del 1674, forse un venerdì.
Il divin Cuore si manifestò su un trono di fiamme, più raggiante del sole e trasparente come cristallo, circondato da una corona di spine simboleggianti le ferite inferte dai nostri peccati e sormontato da una croce, perché dal primo istante che era stato formato, era già pieno d’ogni amarezza.
Sempre nel 1674 le apparve la terza visione.
Anche questa volta un venerdì dopo la festa del Corpus Domini; Gesù si presentò alla Santa tutto sfolgorante di gloria, con le sue cinque piaghe, brillanti come soli e da quella sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma soprattutto dal suo mirabile petto che rassomigliava ad una fornace e essendosi aperto, ella scoprì l’amabile e amante Cuore, la vera sorgente di quelle fiamme.
Poi Gesù lamentando l’ingratitudine degli uomini e la noncuranza rispetto ai suoi sforzi per far loro del bene, le chiese di supplire a questo.
Gesù la sollecitò a fare la Comunione al primo venerdì di ogni mese e di prosternarsi con la faccia a terra dalle undici a mezzanotte, nella notte tra il giovedì e il venerdì.
Vennero così indicate le due principali devozioni, la Comunione al primo venerdì di ogni mese e l’ora santa di adorazione.
La quarta visione mistica ebbe luogo il 16 giugno 1675 durante l’ottava del Corpus Domini.
- Nostro Signore le disse che si sentiva ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi, aggiungendo: “Ciò che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati che fanno questo”.
Gesù chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, fosse dedicato a una festa particolare per onorare il suo Cuore e con Comunioni per riparare alle offese da lui ricevute.
Inoltre indicò come esecutore della diffusione di questa devozione, il padre spirituale di Margherita, il gesuita san Claude de la Colombiere (1641-1682), superiore della vicina Casa dei Gesuiti di Paray-le-Monial.
Margherita Maria Alacoque proclamata santa il 13 maggio 1920 da papa Benedetto XV, ubbidì all’appello divino fatto attraverso le visioni e divenne l’apostola di una devozione che doveva trasportare all’adorazione dei fedeli al Cuore divino.
Le prime due cerimonie in onore del Sacro Cuore, presente la santa mistica, si ebbero nell’ambito del Noviziato di Paray il 20 luglio 1685 e poi il 21 giugno 1686, a cui partecipò tutta la Comunità delle Visitandine.
IL CULTO AL SACRO CUORE è stato ostacolato soprattutto nel XVIII secolo.
Nel 1765 la Sacra Congregazione dei Riti affermò essere il cuore di carne simbolo dell’amore; allora i giansenisti intesero ciò come un atto di idolatria, ritenendo essere possibile un culto solo al cuore non reale ma metaforico.
Papa Pio VI (1775-1799) nella bolla “Auctorem fidei”, confermava l’espressione della Congregazione notando che si adora il cuore “…inseparabilmente unito con la Persona del Verbo”.
Il 6 febbraio 1765 papa Clemente XIII (1758-1769) accordò alla Polonia e all’Arciconfraternita romana del Sacro Cuore la festa del Sacro Cuore di Gesù.
Nel pensiero del papa questa nuova festa doveva diffondere nella Chiesa, i passi principali del messaggio di s. Margherita, la quale era stata lo strumento privilegiato della diffusione di un culto, che era sempre esistito nella Chiesa sotto diverse forme, ma dandogli tuttavia un nuovo orientamento.
Con lei non sarebbe più stata soltanto una amorosa contemplazione e un’adorazione di quel “…Cuore che ha tanto amato”, ma anche una riparazione per le offese e ingratitudini ricevute, tramite il perfezionamento delle nostre esistenze.
Diceva la santa che “…l’amore rende le anime conformi”, cioè il Signore vuole ispirare nelle anime un amore generoso che, rispondendo al suo, li assimili interiormente al divino modello.
La devozione al Sacro Cuore trionfò DEFINITIVAMENTE nel XIX secolo e il convento di Paray-le-Monial divenne meta di continui pellegrinaggi; NEL 1856 CON PAPA PIO IX LA FESTA DEL SACRO CUORE DIVENNE UNIVERSALE PER TUTTA LA CHIESA CATTOLICA.
Sull’onda della devozione che ormai coinvolgeva tutto il mondo cattolico, sorsero dappertutto cappelle, oratori, chiese, basiliche e santuari dedicati al Sacro Cuore di Gesù; ricordiamo uno fra tutti il Santuario “Sacro Cuore” a Montmartre a Parigi, iniziato nel 1876 e terminato di costruire dopo 40 anni; tutte le categorie sociali e militari della Francia, contribuirono all’imponente spesa.
LE PRATICHE DEVOZIONALI PIÙ COMUNI SONO QUELLE DELL’ADORAZIONE EUCARISTICA OGNI PRIMO VENERDÌ DEL MESE E LE “LITANIE DEL SACRO CUORE”. IL MESE DEDICATO AL CULTO DEL SACRO CUORE È GIUGNO.
Ma vediamo anche il testo evangelico. Viene proposta nel Vangelo odierno, alla nostra attenzione, una delle parabole più belle di Luca: quella della “pecora perduta”.
Questa parabola – insieme alle altre due contenute nel capitolo quindici del Vangelo di Luca – sono note come “…le parabole della misericordia di Dio“, ma si potrebbero chiamare anche, forse a maggior ragione, le “…le parabole della gioia di Dio“.
Infatti, il pastore (Dio), avendo trovato la pecora perduta «… “pieno di gioia” se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro “…rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta“.
D’altronde, la conclusione del brano è sempre sulla stessa linea «…così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione».
LA GIOIA ESPRIME QUALCOSA DI PIÙ DELLA MISERICORDIA.
Essere motivo di gioia per qualcuno non è semplicemente essere oggetto di misericordia.
Ecco allora che la vera misericordia di Dio NON PUÒ PRESCINDERE DALLA GIOIA.
La pecora che si è perduta interessa a tal punto il pastore (Gesù), che abbandona tutte le altre novantanove per andare in cerca di lei sola, e la sua gioia diventa più grande quando la ritrova.
Anche nell’arte paleocristiana vediamo l’artista che rappresenta Gesù come un giovane pastore che porta dolcemente sulle spalle una pecorella.
Tale iconografia si ispira alla parabola della misericordia che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo e che ci regala l’idea e l’emozione della preoccupazione del Signore per la pecorella smarrita.
Perché il buon pastore ha tutto il cuore rivolto alle sue pecore, non a sé stesso.
Provvede ai loro bisogni, guarisce le loro ferite, le protegge dagli animali selvaggi.
EGLI CONOSCE OGNI PECORA PER NOME E, QUANDO LE PORTA AL PASCOLO, LE CHIAMA UNA PER UNA.
Si preoccupa in modo particolare della pecora che si è smarrita, non risparmiandosi pena alcuna pur di avere la gioia di ritrovarla.
Una pecorella smarrita è assolutamente indifesa, può cadere in un fossato o rimanere prigioniera fra i rovi.
Proprio allora, però, nel pericolo, essa scopre quanto sia prezioso il suo pastore: dopo il ritrovamento, egli la riporta all’ovile sulle sue spalle con gioia.
Se un lupo si avvicina, il buon pastore non fugge, ma, per la sua pecorella, rischierà anche la vita.
In questi frangenti si rivela il cuore del buon pastore:
- “…da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi” (Gv 3,16).
Cristo ci ha amati e ci ama intensamente, senza compromessi, con forza, con fedeltà.
Se siamo cristiani è perché abbiamo scoperto di essere amati in maniera adulta, senza ricatti, senza suscitare sensi di colpa, con libertà.
E dall’amore di Cristo abbiamo scoperto l’amore del Padre, attraverso il Maestro siamo giunti a conoscere il vero volto di Dio.
Amore concreto, quello di Cristo, affatto emotivo, saldo e ponderato.
Le sue scelte, il suo donarsi definitivo sulla croce, l’andare fino in fondo, amando chi non lo amava, consegnandosi alla volontà omicida dell’umanità, ridefiniscono il concetto di amore e di sacrificio.
Ha detto un grande profeta biblico, GEREMIA, al capitolo 31,20 del suo libro:
- «Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!