24.04.2023 LUNEDI’ 2 SETTIMANA DI PASQUA – GIOVANNI 6,22-29 “Datevi da fare non per il cibo che non dura”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 6,22-29
+ Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Parola del Signore
Mediti…AMO
Nel vangelo di oggi iniziamo la riflessione sul Discorso del Pane di Vita (Gv 6,22-71), che si prolunga durante i prossimi sei giorni, fino alla fine di questa settimana.
Sul lago di Tiberiade era già avvenuto ciò che accade a Gerusalemme, certamente i toni sono più pacati, ma la fatica rimane, così grande da sembrare immane.
Davanti alla folla in delirio per avere trovato qualcuno che si prenda cura della sua fame, il Signore deve ingaggiare una lotta non facile, per aiutare quanti vorrebbero persino farlo re, ad andare oltre non solo la propria fame ma persino un po’ più in là della propria sazietà.
Per fare questo la chiarezza è di rigore «…Voi mi cercare non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (Gv 6,26).
Avevano visto il miracolo, si erano saziati e volevano di più.
Non si preoccupavano di cercare il segno o la chiamata di Dio che c’era in tutto questo.
E qui inizia “un dialogo tra sordi”, all’insegna dell’incomprensione, perché la folla chiede il pane per sé e Gesù li invitava a farsi, ESSI STESSI, pane per gli altri.
Ecco che Gesù aveva detto “…voi mi cercate non perché avete visto dei segni”.
Ma il segno cos’era?
Era l’accoglienza di un dono generoso per farsi, a loro volta, dono generoso per gli altri, ricevere il pane per poi farsi pane per gli altri.
Gesù cerca di aprire gli occhi della gente in modo che impari a leggere gli eventi e scopra in essi la svolta che deve prendere nella vita.
Perché non basta andare dietro i segni miracolosi che moltiplicano il pane per il corpo, dimenticando che non di solo pane vive l’uomo.
E dimenticando che la lotta per la vita senza una mistica, non raggiunge la radice.
E, mentre conversa con Gesù, la gente rimane sempre più contrariata dalle sue parole.
Ma Gesù non cede, né cambia le esigenze, tanto che nella misura in cui la conversazione va avanti, la gente non rimane con Gesù. Alla fine resteranno solo i Dodici.
Oggi avviene la stessa cosa. Quando il vangelo comincia ad esigere impegno, molta gente si allontana.
Ma torniamo al testo e vediamo che chiedono loro a Gesù cosa devono fare, e il Maestro dice “…questa è l’opera di Dio”.
Gesù risponde passando dal plurale al singolare, perché il problema non è aumentare le preghiere e le opere religiose ma credere in colui che il Padre ha mandato.
La locuzione utilizzata da Giovanni rimanda allo sforzo di credere, a una fede che coinvolge tutta la persona.
E questo perché l’opera di Dio è possibile SOLO quando l’uomo nella fede si apre alla disponibilità all’azione di Dio.
Credere significa dunque fidarsi, se questo non avviene nessun segno potrà mai bastare.
Il pane vero può essere elargito solo da Dio “…la realtà più alta ed essenziale, non la possiamo comprare con i soli nostri sforzi; dobbiamo disporci ad accogliere il dono e, per così dire, entrare nella dinamica delle realtà donate. Ciò accade nella fede in Gesù, che è dialogo e rivelazione viva con il Padre e che in noi vuole diventare nuovamente parola e amore”, da detto il compianto Papa Benedetto XVI.
Ma c’è un altro dato interessante.
L’unica volta che appare nell’Antico Testamento il termine ‘opera di Dio’, è nel Libro dell’Esodo, capitolo 32,16, per indicare le tavole della Legge.
C’è un cambio di alleanza, il rapporto con Dio non è più basato sull’osservanza della Legge, ma sull’accoglienza dell’amore di Gesù.
Ed è questo che Gesù intende quando dice “…che crediate in colui che Egli ha mandato”.
Quindi non più l’obbedienza alla Legge, che pur rimane nella sua interezza, ma si richiede di vivere e testimoniare quell’amore che in Gesù, GARANZIA DELLA PRESENZA DIVINA, si manifesta.
Ma la folla non comprende e chiede “…che segno compi perché vediamo e crediamo?”
Noi siamo abituati a liquidare questa domanda dicendo che si tratta di gente che aveva poca Fede, ignorando che essi altro non facevano che seguire la Legge, perché nella Legge ebraica L’INVIATO DI DIO deve “garantire il suo mandato” con i “segni” autoritativi della sua missione (Dt 18,15.18).
Ecco perché la folla chiede quali “segni” Gesù ponga in essere, cosicché possano credere in Lui.
Quanto fatto da Gesù non basta, occorre dell’altro per provare la sua superiorità rispetto a Mosè “…quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo?” (Gv 6,30).
Ma chiedere dei segni è anche l’atteggiamento tipico dell’esperienza religiosa: ci occorre sempre un segno da vedere per poter credere.
Ma Gesù rifiuta sempre, non mostra un segno da vedere per credere, ma al contrario dice “…credi, e tu stesso diventerai un segno che gli altri possono vedere”.
E, di fronte a questa reazione della folla che si rifà ai padri e non al Padre, che si rifà al passato, tanto che dice “…i nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto”, mentre Gesù li aveva invitati a guardare al presente, AL PADRE DELL’UMANITÀ.
E il Maestro di Nazareth dice che non è stato Mosè in passato che ha dato la vera vita, ma il Padre, è Colui che “…vi dà il pane dal cielo, quello vero”.
È interessante notare che la richiesta della folla richiama la preghiera del Padre Nostro anche se, nel vangelo di Giovanni non è presente, “…Signore, dacci sempre di questo pane”.
Ma c’è un altro particolare davvero notevole.
La folla è cresciuta nella consapevolezza, e da ‘Rabbi’ (colui che insegna la legge) è passata a chiamarlo “Kyriòs” – ‘Signore’.
Hanno finalmente capito che in Gesù c’è una realtà divina. E Gesù lo chiarisce una volta per tutte “…Io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà pane e chi crede in me non avrà più sete”.
Fratelli e Sorelle, dobbiamo amare il Cristo, aver fame e sete di Lui, che è il nostro CIBO PER LA VITA ETERNA.
Bene diceva un Padre Orientale, Isacco il Siro, che ha scritto “…abbi sete di Gesù, perché Egli ti inebri del suo amore”.
Lasciamoci inebriare…dal Signore che ci invita a fare della relazione con Lui, presente, il principio di un modo di vivere, CHE LUI CHIAMA VITA ETERNA, CIOÈ VITA DIVINA, VITA DA FIGLI DI DIO, che è AMORE, e che condivide tutto ciò che ha.
Se non diventa principio di questa vita filiale e fraterna, LA RELAZIONE CON GESÙ, CHE IL PADRE CI DONA, ATTRAVERSO LA PAROLA E ATTRAVERSO L’EUCARISTIA è anch’essa vissuta male, al pari di tutte quelle cose, che vanno a finire in niente.
Che cosa dobbiamo fare allora per non fermarci al fatto del mangiare, per cogliere il segno e vivere il significato in tutta la sua pienezza?
Gesù contrappone due tipi di opere:
- da un lato c’è IL NOSTRO DARCI DA FARE, il nostro operare, comandato dai nostri appetiti, dai nostri bisogni,
- dall’altro c’è IL DARSI DA FARE DI DIO.
Gesù ci insegna che si coglie il segno e si vive il significato nella sua pienezza, non quando si aggiunge al nostro darci da fare secondo i nostri appetiti e secondo i nostri bisogni un po’ di senso religioso, un po’ di cose, che possano piacere a Dio, MA QUANDO IL DARSI DA FARE DI DIO DIVENTA IL TUTTO CHE CERCHIAMO, E TUTTO CIO’ DI CUI E PER CUI VIVIAMO.
E voglio chiudere ricordando ancora una volta ciò che il Papa Benedetto XVI, nella ormai dimenticata Esortazione Apostolica “Sacramentum caritatis” al n.70″ scrive (lo ebbe a ripetere nell’Angelus del 29 luglio 2012):
- “Cari fratelli e sorelle, chiediamo al Signore di farci riscoprire l’importanza di nutrirci non solo di pane, ma di verità, di amore, di Cristo, del corpo di Cristo, partecipando fedelmente e con grande consapevolezza all’Eucaristia, per essere sempre più intimamente uniti a Lui. Infatti «non è l’alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a sé; ci attira dentro di sé».
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!