24.01.2023 MARTEDI’ SAN FRANCESCO DI SALES – MARCO 3,31-35 “Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MARCO 3,31-35

In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre». Parola del Signore

 

La vita del santo

Nato in Savoia nel 1567 da famiglia nobile fu avviato alla carriera di avvocato ma scoprì la vocazione e venne ordinato al sacerdozio nel 1593, e successivamente VESCOVO di Ginevra nel 1602.

Frutto della direzione spirituale e delle iniziative di carità del Vescovo è la fondazione, in collaborazione con S. Francesca Fremiot de Chantal, dell’Ordine della Visitazione, che diffuse in tutta la Chiesa la spiritualità del S. Cuore di Gesù, soprattutto attraverso le Rivelazioni di Cristo alla visitandina S. Margherita Maria Alacocque, con il conseguente movimento spirituale che ebbe anche in molti Oratori, soprattutto dell’Italia Settentrionale, centri di convinta adesione.

Si dedicò alla predicazione ma, per essere più efficace, decise di diffondere tra le case alcuni fogli informativi sui temi che gli stavano a cuore.

Volle poi di affrontare la sfida più impegnativa per quei tempi e chiese, quindi, di essere inviato a Ginevra, culla del calvinismo.

Qui si spese nella pastorale e nel dibattito teologico con gli esponenti della Riforma. Divenne vescovo della città nel 1602. Morì a Lione il 28 dicembre 1622.

Prima che predicatore e comunicatore, il patrono dei giornalisti fu una guida spirituale che seppe condurre con umiltà e comprensione verso la verità.

San Francesco di Sales ha reso amabile la Chiesa in un tempo di lotte; è un esempio di dolcezza e ha saputo mostrare che il giogo del Signore è facile da portare e il suo carico leggero, attirando così molte anime.

E un vero riposo per l’anima contemplare questo santo, leggere i suoi scritti, tale è la carità, la pazienza, l’ottimismo profondo che da essi si sprigiona. Qual è la sorgente di questa dolcezza? Essa viene da una grandissima speranza in Dio.

Nella vita di san Francesco di Sales si racconta che nella sua giovinezza visse un periodo di prove terribili in cui si sentiva respinto da Dio e perdeva la speranza di salvarsi.

Pregò, fu definitivamente liberato e da allora fu purificato dall’orgoglio e preparato a quella dolcezza che lo contraddistinse.

Non faceva conto su di sé: aveva sentito con chiarezza quanto fosse capace di perdersi, come da solo non potesse giungere alla perfezione, all’amore, alla salvezza e questa consapevolezza lo rendeva dolce e accogliente verso tutti.

Ma più ancora dell’umiltà quella prova gli insegnò la bontà del Signore, che ci ama, che effonde il suo amore nel nostro cuore.

San Francesco esultava di gioia al pensiero che tutta la legge si riassume nel comandamento dell’amore e che nell’amare non dobbiamo temere nessun eccesso. Scrisse un lungo Trattato dell’amore di Dio e anche un libro più semplice, ma delizioso: Introduzione alla vita devota.

Quest’ultimo lo compose capitolo per capitolo scrivendo lettere ad una giovane donna attirata da Dio. Parlandone a santa Giovanna de Chantal che già conosceva diceva di aver scoperto un’anima che era “tutta d’oro” e che egli cercava di guidare nella vita spirituale.

Non riuscì però ad estendere il suo apostolato come avrebbe voluto. Non poté mai risiedere a Ginevra sua città episcopale, diventata roccaforte dei calvinisti che gliene proibirono l’accesso sotto pena di morte.

Tentò una volta a rischio della vita ma inutilmente. Avrebbe potuto provare dispetto e amarezza di fronte a questo ostacolo insormontabile, ma la sua fiducia e il suo amore lo mantennero nella profonda pace di chi compie l’opera di Dio secondo le proprie possibilità.

Anche questo è un trionfo della pazienza e della mitezza: non irrigidirsi, non amareggiarsi davanti a difficoltà che non si riesce a vincere ma continuare a vedere dovunque la grazia del Signore e a rendere amabili le sue vie.

Domandiamo al Signore che ci faccia assomigliare a questo santo nella sua pazienza, dolcezza, semplicità, fiducia, che lo resero così simile a Gesù mite e umile di cuore.

Mediti…AMO

Nel breve Vangelo di oggi Marco mette Gesù al centro di una rete di relazioni che si dispongono attorno a lui con due atteggiamenti di fondo assai diversi: la folla e i parenti, ovvero la nuova famiglia dell’ascolto e quella del sangue.

A mio avviso, questo brano è stato sempre la fonte di incredibili equivoci, poiché letto nel modo sbagliato.

Intere generazioni hanno creduto e credono che ciò che il Signore ha detto sia stata una offesa alla Madre.

Invece Gesù voleva oggi fare un complimento a sua madre, Maria, e ci è riuscito in pieno.

Cerchiamo però di capire bene, questo “complimento” che Gesù fa a Maria.

E, per farlo, dobbiamo andare a rileggere bene e a meditare le parole del vangelo:

  • “…dice Gesù: Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà di Dio, egli è per me fratello, sorella e madre“.

Gesù passa da una dinamica di relazioni carnali ad una dinamica di relazioni spirituali.

E ci dice che, fratelli e sorelle si diventa PER LO SPIRITO E NON PER LA RELAZIONE DI SANGUE.

Perché è una comunità nuova quella che Gesù fonda, è una famiglia nuova. E la caratteristica per individuarla è che essa fa la volontà del padre.

E Gesù fa indirettamente un complimento a Maria, sua Madre, perché lei -più di tutti- si è abbandonata docilmente e con fede, alla volontà di Dio. Quindi Gesù non voleva assolutamente mancarLe di rispetto, anzi, la voleva elevare ad un titolo più alto di quella di madre terrena.

Ma cerchiamo anche di trarre ALTRI SPUNTI dal brano evangelico, partendo da un differente punto di osservazione.

  • «Tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono là fuori che ti cercano».

In questo versetto notiamo che è l’amore e la compassione per Gesù che spinge Maria e i suoi familiari, ad andare incontro a Gesù, perché non vogliono che sia stritolato dentro quegli ingranaggi fatti di cultura, di pregiudizi, di falsa giustizia, di perbenismi contro i quali Gesù si scaglia.

I fratelli e le sorelle di Gesù, e loro madre, sanno che se Gesù continua a remare contro gli interessi dei potenti e ad andare controcorrente, urtando moralisti e conformisti che colpisce nella loro sensibilità, prima o poi, quelli gliela faranno pagare. E così infatti accadrà!

Gesù non deve cacciarsi in questi guai, forse per questo sono venuti a cercarlo e a convincerlo di cambiare opinione.

E in questo contesto notiamo che la “scena” in cui avvengono questi fatti, è caratterizzata da due “assembramenti”:

  • da una parte la madre e i fratelli che arrivano e “stando fuori, mandarono a chiamarlo”,
  • e dall’altra Gesù e la folla seduta attorno a Lui.

Tra i due “gruppi”, c’è la mediazione della folla stessa intorno a Gesù, e la PAROLA del Signore.

Possiamo anche notare che questa è l’unica volta in cui nel Vangelo secondo Marco viene nominata la madre di Gesù.

È importante vedere che madre e fratelli mandino a chiamarlo “STANDO FUORI”.

Ed è straordinariamente bella, questa strana “risposta-domanda” di Gesù “…chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” e la immediata contestuale risposta “…ecco mia madre e i miei fratelli! Perché “CHIUNQUE” fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”.

Così, quello star “fuori” dei suoi parenti DIVENTA IL LORO NON ACCESSO ALLA CONDIZIONE DI TUTTI COLORO CHE HANNO UN RAPPORTO PROFONDO CON GESÙ, e cioè sono suoi discepoli e la folla, appunto quelli che non sono “fuori”, ma sono “seduti attorno a lui”.

E QUESTA È LA VOLONTÀ DEL PADRE: QUELLA DI FARE DELL’UMANITÀ, UN’UNICA FAMIGLIA DEI FIGLI DI DIO.

Per «chiunque» Gesù intende tutti, proprio tutti quelli che si adoperano a fare la volontà di Dio. Una risposta inconcepibile per un israelita dell’epoca, ma anche per un cristiano ebreo.

Nel «chiunque» sono inclusi anche i pagani, anche coloro che non sono circoncisi e quindi non fanno parte del popolo eletto.

È un’apertura inaudita quella che Gesù propone, ma che oggi chiede anche a noi, che siamo chiamati a fare la volontà di Dio, una volontà che solo chi è “fuori di sé” può fare.

Oggi, il messaggio di Gesù raggiunge anche noi che cerchiamo i modi migliori per fare la volontà di Dio, per confrontarci cioè con la nostra coerenza rispetto alla nostra fede, rispetto a quanto crediamo veramente, rispetto alla giustizia, alla pace, al bene comune, alla solidarietà, all’amore stesso che permette la condivisione e la comunione con l’altro perché possano essere considerati fratello, sorella, madre, padre.

Bisogna che siamo davvero anche noi fuori di sé, cioè non essere concentrati solo su noi stessi e sul proprio benessere per vedere gli altri, i loro bisogni, per vedere che sono creature amate da Dio e sostenute dalla sua buona volontà.

Gesù fa una promessa «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chiunque avrà fatto la volontà del Padre mio, mi è fratello, sorella e madre».

La buona novella di Gesù sta proprio qui, esattamente qui: fare la volontà di Dio non significa diventare eremiti e annullare la nostra volontà, non significa sforzarci in modo sovrumano, per cui solo pochi ce la fanno, ma la Buona Novella di Gesù è esattamente la scoperta di noi stessi, la scoperta del nostro rapporto autentico con l’altro, con l’altra che è un rapporto di fraternità, non più di inimicizia.

È LA SCOPERTA CHE QUI SI REALIZZA PIENAMENTE E IN MODO AUTENTICO IL NOSTRO IO, non nella contrapposizione con l’altro che è sempre avversario, rivale, oppositore, MA FINALMENTE NELL’ANALOGIA CON L’ALTRO CHE MI PERMETTE DI CONSIDERARLO MIO FRATELLO, MIA SORELLA.

È qui che trova pace il nostro Io, la nostra volontà che finalmente non deve più lottare e sovrastare gli avversari e i nemici, ma accoglierli e riceverli come fratelli e sorelle.

Fratelli e Sorelle, che affermazione meravigliosamente e divinamente umile.

Essa ci regala la conseguenza che, anche noi, insieme a qualsiasi uomo che si avvicina a Gesù, se custodiamo con affetto la nostra condizione di discepoli, siamo CON DIO, MA ANCHE TRA NOI FRATELLI, E SORELLE, E MADRI.

Ha detto il Vescovo di Ippona, S. Agostino, nel suo Sermo 25, 7:

  • “Ha fatto, sì certamente ha fatto la volontà del Padre Maria Santissima, e perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che essere stata madre di Cristo […]. Anche Maria proprio per questo è beata, perché ha ascoltato la parola di Dio e l’ha osservata. Ha custodito infatti più la verità nella sua mente, che la carne nel suo grembo”.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!