23 agosto 2024 venerdì 20 settimana p.a B – MATTEO 22,34-40 “Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”

 

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo MATTEO 22,34-40

+ In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Parola del Signore

Mediti…AMO

Nel racconto dell’ultima settimana di Gesù, la liturgia salta il discorso che Gesù fece con i

(Mt 22,23-33).

Si tratta della famosa questione della donna che aveva sposato uno dopo l’altro sette fratelli senza averne figli, questione direttamente collegata con la risurrezione, che i sadducei non ammettevano.

Il lezionario tralascia quindi la seconda diatriba di Gesù nel capitolo ventiduesimo di Matteo (quella con i sadducei a proposito della risurrezione).

Si tratta di quelle “dispute” o “diatribe” che caratterizzano la dialettica giudaica, già testimoniata nelle fonti antiche come il Talmud.

Si chiamano, in ebraico, mahaloqet, e sono veri e propri conflitti di opinioni su questioni teologiche o di halakà.

Queste discussioni tra maestri ebrei sarebbero sorte già all’epoca di Hillel e Shammai, che avrebbero avuto opinioni diverse su quattro questioni.

Quando essi morirono, i loro discepoli però moltiplicarono le dispute, e si divisero su moltissimi punti.

Se una scuola riteneva una cosa, l’altra si schierava per l’opposta: secondo un detto rabbinico, l’unanimità sarebbe ritornata solo col Elia, che avrebbe riconciliato tutte le opinioni dei rabbini (Mishnà, ‘Eduyot 8,7).

I rabbini apprezzavano le dispute, ma non quelle oziose: «Qualunque disputa che avviene nel nome del Cielo sarà ricordata [= ovvero, anche le opinioni che poi non sono state accettate], ma quelle che non sono nel nome del Cielo alla fine non resteranno» (Etica dei padri, 5,20).

Secondo la tradizione giudaica, dunque, ogni disputa, se aveva come scopo la ricerca della verità, sarebbe rimasta come contributo positivo; ogni disputa, però, poteva degenerare, e diventare un dissidio che avrebbe avuto come esito la fine della pace.

Infatti, come si è già accennato, nella prima questione di questo capitolo 22 di Matteo – quella con gli erodiani e i farisei– c’è qualcosa di più di una disputa di scuola: i farisei e gli erodiani vogliono cogliere in fallo Gesù, e con un atteggiamento lusinghiero lo provocano.

Non è però detto lo stesso per questa nuova situazione, riguardante il comandamento più grande della Torah. o della risurrezione), e salta così alla diatriba con i farisei.

Questa si apre con Gesù interrogato dai suoi avversari, ma, ancora una volta, per metterlo “alla prova”(v.35).

Essi lo interpellano su una delle questioni fondamentali dell’insegnamento farisaico: quale è il più grande dei comandamenti?

La risposta di Gesù inizialmente avrebbe dovuto trovarli d’accordo: anch’essi pensavano che l’amore verso Dio valesse più di tutti gli altri comandamenti.

Ma poi nella seconda parte della sua risposta Gesù li mette con le spalle al muro: il secondo comandamento, il più simile al primo è l’amore per il prossimo, ed essi che stavano complottando per togliere di mezzo Gesù non stavano certo dando un buon esempio.

I farisei non sembra abbiano replicato alle parole di Gesù.

Matteo continua la narrazione con una domanda che Gesù stesso rivolge loro (Mt 22,41-46), riguardante il Figlio di David.

Evidentemente si sono sentiti scoperti e non avevano più nessun argomento per giustificarsi.

Ed ecco allora che ci troviamo all’interno del quarto dei cosiddetti dibattiti-controversie che Luca colloca prima della parabola del Buon Samaritano (Lc 10,25-28) e che Matteo inserisce, invece, nel contesto della disputa fra sadducei e farisei.

Nella sua risposta, Gesù cita il Deuteronomio (Dt 6,5) e il Levitico (Lv 19,18).

Nessuno poteva ridire qualcosa sull’ortodossia della sua risposta, ma l’uguale importanza data da Gesù ai due comandamenti (amare Dio e amare il prossimo) provocò tanto stupore presso il suo uditorio da farci riconoscere proprio in essi il nucleo rivoluzionario del cristianesimo.

Gesù stava per darne un’illustrazione prendendo come esempio del prossimo non un giudeo, ma un samaritano.

Ciò doveva avere conseguenze anche sul culto, poiché il cristiano deve riconciliarsi con il fratello prima di portare la propria offerta (Mt 5,24).

La costituzione del Concilio Vaticano II “Lumen Gentium” è molto chiara su questo punto: “Il vero discepolo di Cristo si caratterizza dalla carità sia verso Dio che verso il prossimo” (LG 42).

Ah già….si…il prossimo…. Questo prossimo che crea tanti problemi e sta sempre di mezzo… soprattutto quando ci odia.

Mi piace davvero tanto una frase di Gerhard Richter (1938-… uno dei maggiori artisti viventi del nostro tempo) “Donare a chi ci ama è gioia, ma donare a chi ci odia è amore”, e quale dono c’è più grande se non quello di donare sé stessi per il prossimo, specie se ci è nemico?

SE LO VUOLE, ognuno può fare della propria vita un capolavoro nell’accudire un anziano, nel far visita ad un carcerato, nel dare da mangiare ad un povero, nel curare le piaghe infette di un uomo che muore, tenendogli la mano con amore.

Il problema è che non vogliamo mai rimboccarci le maniche, per iniziare a far brillare i nostri cuori, con quella CARITA’ CHE DOVREBBE DISTINGUERE I FIGLI DI DIO.

E questo accade perché, NON ABBIAMO CAPITO CHE SOLO CHI AMA DIO CON TUTTO IL CUORE E LA MENTE È CAPACE DI AMARE IL PROSSIMO CON DISINTERESSE, SUPERANDO OGNI EGOISTICO ATTACCAMENTO DI SÉ.

SI PUO’ AFFERMARE –SENZA TEMA D’ERRORE- CHE AMARE IL PROSSIMO È LA VIA ORDINARIA PER AMARE DIO.

Ma ogni impegno umano è velleitario se non trova in Gesù Cristo la sua forza, noi sappiamo infatti che solo la comunione con Dio e la grazia che viene da Lui ci permettono di amare il prossimo.

L’amore di Dio – scrive Sant’Agostino – è il primo come comandamento, ma l’amore del prossimo è primo come attuazione pratica”. Viene prima l’amore di Dio e poi quello del prossimo. Ma il santo vescovo aggiunge “Siccome però Dio tu non lo vedi ancora, amando il prossimo ti acquisti il merito di vederlo; amando il prossimo purifichi l’occhio per poter vedere Dio (…) Amando il prossimo e prendendoti cura di lui, tu cammini. E dove ti conduce il cammino se non al Signore, a colui che dobbiamo amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente? Al Signore non siamo ancora arrivati, ma il prossimo l’abbiamo sempre con noi. Ama, dunque, il prossimo con il quale cammini, per poter giungere a colui con il quale desideri rimanere” (dai Trattati su Giovanni, 17, 7-9 Signore, insegnaci a cercare Te fonte di ogni bene e a trovare in Te il coraggio di amare il prossimo).

Ragioniamoci sopra

Pax et Bonum tibi, frater in Christo!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!