23.12.2002 VENERDI’ FERIA PROPRIA – LUCA 1,57-66 “Nascita di Giovanni Battista”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo LUCA 1,57-66

In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Nei capitoli 1 e 2 del suo vangelo, Luca descrive l’annuncio e la nascita dei due piccoli, Giovanni e Gesù, che occuperanno un posto importante nella realizzazione del progetto di Dio.

Ciò che Dio avvia nell’AT, comincia a realizzarsi per mezzo di loro. Per questo, in questi due capitoli, Luca evoca molti fatti e persone dell’AT e giunge ad imitare lo stile dell’AT.

Tutto questo per suggerire che con la nascita di questi due bambini la storia anticotestamentaria finisce ed inizia il tempo della realizzazione delle promesse di Dio per mezzo di Giovanni e di Gesù, e con la collaborazione dei genitori Elisabetta e Zaccaria e Maria e Giuseppe.

Ecco allora che nel racconto della nascita di Giovanni, troviamo un particolare che apre uno scorcio sul mistero di questo stupendo profeta.

Elisabetta e Zaccaria danno il nome al bambino: ed è un nome che contiene in sé una novità perché è il nome voluto da Dio, non quello voluto dagli uomini «…Egli chiese una tavoletta e scrisse “Giovanni è il suo nome”» (Lc.1,63) (Giovanni significa “Dio ha fatto grazia”.)

I due anziani meravigliano tutti con questa decisione. Perché tutti volevano che si chiamasse col nome di suo padre. Era un’antica tradizione perché si pensava che l’immortalità fosse nella discendenza. Ma con Giovanni Battista questa tradizione s’interrompe.

Nella seconda lettera ai Corinzi S. Paolo dice che NOI SIAMO CREATURE NUOVE: “Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (Cor 5,17).

E IN QUESTO NOME SONO TRACCIATI IL CAMMINO, LA VOCAZIONE, IL SEGRETO PROFONDO CHE SOLO DIO CONOSCE e che il profeta scopre a poco a poco anche attraverso il fallimento e la solitudine.

Ed è così per ogni cristiano: deve scoprire il nome che Dio gli ha dato, quello con cui è chiamato dal Signore nel segreto, e viverlo nella fedeltà, gioire di quel nome che solo rivela il progetto di Dio, rifiutare tutti quei nomi imposti e non conformi alla propria identità di discepolo di Cristo.

Comprendiamo quindi la mirabile e profonda sapienza dei nostri padri nella fede.

Gli antichi padri, durante la preghiera, fissando il loro sguardo sul Cristo e i suoi due testimoni, Maria e Giovanni, avevano compreso CHE SOLO UNA TESTIMONIANZA FEDELE E SILENZIOSA, UNA TESTIMONIANZA DI VITA E DI PREGHIERA, POTEVA AVERE LA FORZA DI SEMINARE NELLA STORIA QUEL SEME DEL REGNO CHE IN GESÙ, NELLA SUA PAROLA, DONA LA VITA AL MONDO.

  • “…tutti erano rimasti meravigliati”

Gli antichi dicevano che la meraviglia è l’inizio del sapere. Questa meraviglia è un cambio di paradigma, di criterio di vita. Ma PER NOI CREDENTI QUESTO CAMBIO DI PARADIGMA È PASSARE DALLA CARNE ALLO SPIRITO.

Mentre spesso siamo vittime delle nostre abitudini, DOVREMMO INVECE SENTIRE LA MERAVIGLIA PER QUESTA VITA NUOVA, PER UNA VITA LIBERA E CREATIVA.

Ma c’è anche un altro aspetto mirabile che vale la pena di vedere. C’è un certo parallelismo tra l’annuncio e la nascita dei due bambini, che vi invito a valutare, se mi usate la pazienza di leggere i testi che vi indico:

  • L’annuncio della nascita di Giovanni (Lc 1,5-25) e di Gesù (Lc 1,26-38)
  • Le due mamme incinte si incontrano e sperimentano la presenza di Dio (Lc 1,27-56)
  • La nascita di Giovanni (Lc 1,57-58) e di Gesù (Lc 2,1-20)
  • La circoncisione nella comunità di Giovanni (Lc 1,59-66) e di Gesù (Lc 2,21-28)
  • Il canto di Zaccaria (Lc 1,67-79) e il canto di Simeone con la profezia di Anna (Lc 2,29-32)
  • La vita nascosta di Giovanni (Lc 1,80) e di Gesù (Lc 2,39-52)

E ancora… Dio manifesta in Elisabetta la sua misericordia, la riveste con il suo amore. Ella si sentiva esclusa e castigata a causa della sterilità, ora sperimenta invece di essere amata. Questa nascita è una luminosa ed eloquente icona del Natale: nessuno deve sentirsi escluso e rifiutato, l’annuncio della gioia e della misericordia deve arrivare a tutti.

La paura e la debolezza accompagnano il nostro vivere e spesso rendono stanco il nostro passo: solo l’amore di Dio è capace di risanare le ferite, solo guardando verso di Lui possiamo nuovamente alzarci in piedi e ritrovare il coraggio di ricominciare.

Dove appare la GRAZIA di Dio, dove risplende il suo amore, risorge anche la gioia.

No, si chiamerà Giovanni” (1,60), dice Elisabetta e subito dopo conferma Zaccaria.

Da notare un dettaglio: agli occhi dei presenti Zaccaria concorda con la moglie; in realtà avviene proprio il contrario: è lui che ha comunicato ad Elisabetta la rivelazione angelica (Lc 1,13), la moglie crede e accoglie la parola che Dio le ha donato attraverso il suo sposo.

La comunione coniugale appare talvolta una conquista faticosa ma quando gli sposi si pongono in docile ascolto di Dio, trovano più facilmente la via dell’unità.

La scelta del nome rappresenta per Zaccaria ed Elisabetta una confessione di fede. Accogliendo la rivelazione e difendendo questa scelta gli sposi manifestano la piena accettazione della volontà salvifica.

Non sanno quale sarà il compito di quel bambino ma fin d’ora comprendono che Dio gli affida una particolare missione.

Quel nome nuovo, che non si inserisce nella linea genealogica, annuncia che Dio vuole inaugurare il tempo della nuova alleanza promessa dai profeti.

Ed è bello pensare anche al fatto che fin dall’età di otto giorni, per bocca di sua madre prima e di suo padre poi, l’esistenza di Giovanni irrompe nel ragionare umano e spezza una consuetudine.

Nonostante la singolarità di quella nascita, per i presenti era inconcepibile che il bambino non avesse il nome del padre o di un congiunto e infatti, convinti che Zaccaria avrebbe dato loro ragione e disprezzando evidentemente sua moglie, “con cenni domandarono al padre come voleva che egli fosse chiamato.

E lui, chiesta una tavoletta, scrisse in questa maniera «il suo nome è Giovanni»”.

La “tavoletta” chiesta da Zaccaria era fatta di legno di pino sottile, ma poteva essere anche di piombo, rame o avorio a seconda di chi la usava, sopra il quale era versato uno strato di cera che poi si incideva con uno stilo di ferro.

E con quelle parole Zaccaria e sua moglie, come faranno Maria e Giuseppe, apporranno il loro definitivo, ufficiale benestare alla volontà del Signore che li aveva scelti come genitori del precursore di Gesù.

Dio si presenta quindi, nel Nuovo Patto, con queste parole. Possiamo anche ricordare quelle con cui inizia il Vangelo di Giovanni, “Nel principio era il verbo”, presenza rilevabile in quel “facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” (Genesi 1.26) in cui la Parola era destinata a rivelarsi nella dispensazione della GRAZIA.

Fratelli e Sorelle, ecco allora che la nascita dei santi costituisce una gioia per molti, perché il santo è un dono di Dio all’umanità, è un bene per tutti, inizio di rinnovamento e progresso.

Ogni opera misericordiosa di Dio è tale che arreca gioia non solo a chi la riceve, ma anche a quelli che sanno riconoscerla e sono pronti ad esaltarla. Il messaggio della salvezza percorrerà spazi sempre più vasti. Gli eventi vanno accolti nel cuore, e chi lo accoglie deve sintonizzarsi interiormente con essi.

Nel bambino Giovanni si manifestano la potenza e la mano di Dio. Ci si domanda: perché la potente mano di Dio è con questo bambino?

Elisabetta, piena di Spirito Santo, coglie il soffio del nuovo e giudica in modo nuovo.

Nella prima lettura troviamo conferma ulteriore in merito a ciò che ci presenta il Vangelo. Non è sempre facile accogliere gli eventi che provengono da Dio.

Non è facile scoprire il giorno del Signore, riconoscerne la visita, se il cuore non è riconciliato con Dio. Il peccato fa perdere la testa perché è perduta l’amicizia con Dio. Il Signore viene con il suo giudizio tutti i giorni.

Mentre l’amore umano tende a impossessarsi del bene che trova nel suo oggetto, l’amore divino crea il bene nella creatura amata.

Noi pure abbiamo i nostri Elia, i nostri Battista, i nostri segni: precedono, preparano con moniti, con richiami di uomini e di cose, di parole e di eventi.

Lo Spirito Santo percorre nuove strade, che non sempre è facile capire, ma che occorre scoprire e seguire.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!