23.09.2023- SABATO SAN PIO DA PIETRELCINA – LUCA  8,4-15 “Il seme caduto sul terreno buono sono coloro che custodiscono la Parola”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo LUCA  8,4-15

del Signore

Mediti…AMO

FRANCESCO FORGIONE nasce a Pietrelcina, in provincia e diocesi di Benevento, il 25 maggio 1887, figlio dei contadini Grazio Forgione e Giuseppa De Nunzio.

Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, presso il convento di Morcone: il 22 gennaio, ricevendo il saio, prende il nome di fra Pio da Pietrelcina.

Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910. Nel 1916, dopo che ha trascorso in famiglia i sei anni precedenti per via della salute precaria, viene trasferito a San Giovanni Rotondo, nel convento di Santa Maria delle Grazie.

Qui, per oltre cinquant’anni, riceve numerose persone, accordando loro il perdono di Dio nel sacramento della Confessione.

Le autorità ecclesiastiche dispongono numerose ispezioni nei suoi riguardi e gli impongono, tra l’altro, di non celebrare Messa in pubblico per un periodo terminato il 16 luglio 1933.

Padre Pio accoglie queste disposizioni in totale obbedienza, sopportando anche i dolori causati dai segni della Passione, comparsi su di lui in modo visibile dal 20 settembre 1918.

Muore il 23 settembre 1968, a 81 anni. La sua eredità vive nell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, da lui stesso voluto a san Giovanni Rotondo, e nei Gruppi di Preghiera avviati durante la seconda guerra mondiale e diffusi poi in tutto il mondo.

Beatificato domenica 2 maggio 1999 in piazza San Pietro a Roma da san Giovanni Paolo II, è stato canonizzato dal medesimo pontefice il 16 giugno 2002, sempre in piazza San Pietro. I suoi resti mortali sono venerati a San Giovanni Rotondo, nel santuario a lui dedicato.

QUANDO MUORE, IL 23 SETTEMBRE 1968, A 81 ANNI, LE STIMMATE SCOMPAIONO DAL SUO CORPO E, DAVANTI ALLE CIRCA CENTOMILA PERSONE VENUTE DA OGNI DOVE AI SUOI FUNERALI, HA INIZIO QUEL PROCESSO DI SANTIFICAZIONE CHE BEN PRIMA CHE LA CHIESA LO ELEVASSE ALLA GLORIA DEGLI ALTARI LO COLLOCA NELLA DEVOZIONE DEI FEDELI DI TUTTO IL MONDO COME UNO DEI SANTI PIÙ AMATI DELL’ULTIMO SECOLO.

I suoi genitori erano poveri contadini, ma assai devoti: in famiglia il rosario si pregava ogni sera in casa tutti insieme, in un clima di grande e filiale fiducia in Dio e nella Madonna.

Il soprannaturale irrompe assai presto nella vita del futuro santo: fin da bambino egli riceveva visite frequenti di Gesù e Maria, vedeva demoni e angeli, ma poiché pensava che tutti avessero queste facoltà non ne faceva parola con nessuno.

Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910.

Vuole partire missionario per terre lontane, ma Dio ha su di lui altri disegni, specialissimi,

I primi anni di sacerdozio sono compromessi e resi amari dalle sue pessime condizioni di salute, tanto che i superiori lo rimandano più volte a Pietrelcina, nella casa paterna, dove il clima gli è più congeniale.

Padre Pio è malato assai gravemente ai polmoni. I medici gli danno poco da vivere.

Come se non bastasse, alla malattia si vanno ad aggiungere le terribili vessazioni a cui il demonio lo sottopone, che non lasciano mai in pace il povero frate, torturato nel corpo e nello spirito.

Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale.

Un numero incalcolabile di uomini e donne, dal Gargano e da altre parti dell’Italia, cominciano ad accorrere al suo confessionale, dove egli trascorre anche quattordici-sedici ore al giorno, per lavare i peccati e ricondurre le anime a Dio. È il suo ministero, che attinge la propria forza dalla preghiera e dall’altare, e che Padre Pio realizza non senza grandi sofferenze fisiche e morali.

Il 20 settembre 1918, infatti, il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni.

Infine, viene anche sospeso “a divinis” e solo dopo diversi anni, prosciolto dalle accuse calunniose, può essere reintegrato nel suo ministero sacerdotale.

La sua celletta, la numero 5, portava appeso alla porta un cartello con una celebre frase di S. Bernardo: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”.

Maria è il segreto della grandezza di Padre Pio, il segreto della sua santità.

A Lei, nel maggio 1956, dedica la “Casa Sollievo della Sofferenza”, una delle strutture sanitarie oggi più qualificate a livello nazionale e internazionale, con 70.000 ricoveri l’anno, attrezzature modernissime e collegamenti con i principali istituti di ricerca nel mondo.

Negli anni ‘40, per combattere con l’arma della preghiera la tremenda realtà della seconda guerra mondiale, Padre Pio diede avvio ai Gruppi di Preghiera, una delle realtà ecclesiali più diffuse attualmente nel mondo, con oltre duecentomila devoti sparsi in tutta la terra.

Con la “Casa Sollievo della Sofferenza” essi costituiscono la sua eredità spirituale, il segno di una vita tutta dedicata alla preghiera e contrassegnata da una devozione ardente alla Vergine.

Da Lei il frate si sentiva protetto nella sua lotta quotidiana col demonio, il “cosaccio” come lo chiamava, e per ben due volte la Vergine lo guarisce miracolosamente, nel 1911 e nel 1959.

In quest’ultimo caso i medici lo avevano dato proprio per spacciato quando, dopo l’arrivo della Madonna pellegrina di Fatima a San Giovanni Rotondo, il 6 agosto 1959, Padre Pio fu risanato improvvisamente, tra lo stupore e la gioia dei suoi devoti.

Esiste una scorciatoia per il Paradiso?”, gli fu domandato una volta. “Sì”, lui rispose, “è la Madonna”. “Essa – diceva il frate di Pietrelcina – è il mare attraverso cui si raggiungono i lidi degli splendori eterni”.

Esortava sempre i suoi figli spirituali a pregare il Rosario e a imitare la Madonna nelle sue virtù quotidiane quali l’umiltà, la pazienza, il silenzio, la purezza, la carità.

Vorrei avere una voce così forte, per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna”.
Lui stesso aveva sempre la corona del rosario in mano. Lo recitava incessantemente per intero, soprattutto nelle ore notturne.

Questa preghiera – diceva Padre Pio – è la nostra fede, il sostegno della nostra speranza, l’esplosione della nostra carità”.

Il suo testamento spirituale, alla fine della sua vita, fu: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario”.

Farò più rumore da morto che da vivo”, aveva pronosticato lui con la sua solita arguzia. Quella di Padre Pio è veramente una “clientela” mondiale. Perché tanta devozione per questo san Francesco del sud?

MA SOLO LA SANTITÀ. CHE È POI COME DIRE L’AMORE”.

Ma veniamo al testo del vangelo odierno.

La Parola che ci giunge attraverso la Scrittura ispirata che leggiamo e meditiamo ogni giorno, la Parola che celebriamo nelle nostre eucaristie domenicali, la Parola che approfondiamo con la lettura di qualche testo di spiritualità, la Parola che si incarna in mille rivoli, in gesti, in riflessioni.

Quella Parola che tante volte ci giunge, puntuale, attraverso le povere riflessioni di un amico.

La Parola NON È UN CONCETTO che dobbiamo capire con il cervello e mettere in pratica con la volontà.

È UN SEME DI GRAZIA DONATO A TEMPO OPPORTUNO CHE CRESCE IN MODO PERSONALISSIMO, CHE SOLO DIO CONOSCE, IN CIASCUNO DI NOI, E CI CONDUCE VERSO LA NOSTRA PIENEZZA.

Esso è un dono di serenità, di liberazione, di pace. 

E Gesù lo fa con una semplicità narrativa inaudita.

Perchè aveva una capacità enorme di trovare immagini semplici per paragonare le cose di Dio con le cose della vita che la gente conosceva e sperimentava nella sua lotta quotidiana per sopravvivere.

Fratelli e Sorelle, voi capite bene che ciò suppone due cose:

  • stare dentro le cose della vita,

  • e stare dentro le cose di Dio, del Regno di Dio.

Per esempio, la gente della Galilea se ne intendeva di semi, di terreno, di pioggia, di sole, di sale, di fiori, di raccolto, di pesca.

Ora, sono esattamente queste cose conosciute che Gesù usa nelle parabole per spiegare il mistero del Regno.

E Gesù spiega che far ciò, ha a che vedere con il Regno di Dio. Ecco perché la parabola entra nel cuore della gente e la spinge ad ascoltare la natura ed a pensare alla vita.

La parabola non dice tutto immediatamente, ma spinge la persona a pensare.

Ci spinge ad essere creativi e partecipativi, perché essa nNon è una dottrina che si presenta pronta per essere insegnata e decorata.

Come a dire: LA PARABOLA NON È ACQUA IN BOTTIGLIA, È LA FONTANA.

Alla gente piaceva questo modo di insegnare, perché Gesù credeva nella capacità personale di scoprire il senso delle parabole.

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!