22 ottobre 2024 martedì della 29’ settimana p.a. B – LUCA 12,35-38 “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli”.

“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”

 

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo LUCA 12,35-38

+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

In alcuni capitoli del vangelo di Luca, Gesù – di fronte all’ostilità crescente che incontra durante il cammino – si interroga su come continuare la sua missione.

E’ una crisi vera e propria, e Gesù ci mostra come le crisi non vadano evitate, né vadano attraversate passivamente, ma vadano affrontate con maturità di pensiero per crescere come donne e come uomini responsabili verso se stessi e verso il mondo.

Le parole di Luca sono scarne ed essenziali, ma sono soprattutto eloquenti per la mentalità ebraica del tempo, e ci scuotono nel profondo, perchè il Signore Gesù ci invita a non cercare un altrove magico in cui lasciarci alle spalle le preoccupazioni, ma ci sollecita a non lasciarci sopraffare dall’ansia.

Gesù ci insegna a rimanere saldi nelle avversità, ad abitare e accogliere il presente con tutta la sua nebulosità, a non avere paura (Lc 12,4) e a non preoccuparci delle parole da dire o delle cose da mangiare o indossare (Lc 12,11.22) «Non state in ansia!» (Lc 12,29).

Fratelli e Sorelle, l’ansia, che nasce dalla paura della morte, ci paralizza con il suo tormentoso vizio dell’affaccendamento che ci porta a mettere la nostra fiducia nelle ricchezze, a porre il nostro cuore nella “pleonexía”, nella “cupiditas”.

Essa è la logica dell’accumulo, dell’avere sempre e del pretendere sempre di più.

È la filosofia perennemente in voga del «riposati, mangia, bevi e divertiti!» ben espressa dalla parabola dell’uomo ricco (Lc 12,13-21).

Gesù si oppone con forza a questa forma di idolatria che ci ingabbia in una solitudine mortifera e ci invita a guardare gli uccelli e a osservare come crescono i gigli (Lc 12,24.27).

Ci chiama alla libertà, alla leggerezza e a stringere le vesti ai fianchi, pronti a metterci in cammino, con le lampade accese, per affrontare anche il buio della notte che verrà.

Ma soprattutto ci chiama alla libertà, alla leggerezza e a stringere le vesti ai fianchi, rimanendo sempre pronti a metterci in cammino, con le lampade accese, per affrontare anche il buio della notte che verrà.

Perché la notte, prima o poi, verrà.

Per tutti noi.

E non necessariamente coinciderà con il sopraggiungere della nostra morte.

Sarà la perdita di un figlio, la fine di un amore, l’infrangersi dei sogni della giovinezza, una immancabile malattia, la povertà.

In quel momento dovremo essere pronti a partire e a camminare senza paura, ma anche ad aspettare perché nella mente e nel cuore si definiscano con chiarezza le decisioni da prendere, i cambiamenti da affrontare.

Questa è la via che tutti siamo chiamati a percorrere per non cedere alla distrazione, all’inazione che deprime, alla disperazione che uccide.

Essere pronti è forse la maturità più grande che una persona deve raggiungere nella sua vita spirituale.

Anzi la definizione stessa di vita spirituale dovrebbe coincidere con “essere pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese”.

E l’unica maniera che abbiamo per esserlo, è essere completamente attenti a ciò che c’è in questo momento della nostra vita.

È vivere nel qui ed ora e non nel lì e dopo.

Gesù usa l’immagine del padrone che torna a casa il giorno delle nozze, e si aspetta di trovarla in pieno fermento, perché sa di essere atteso, sa che ognuno avrà fatto la sua parte per accoglierlo.

Ma che delusione invece, prova, se torna e si rende conto di non essere atteso.

Che delusione vedere che ognuno vive per se stesso, non vive in fermento, ma in in totale e vuoto appiattimento.

Invece, quale gioia se sappiamo che tutto ciò che accadrà, saremo pronti ad accoglierlo,valorizzando ciò che abbiamo in quel momento.

Gli occhi della persona che ho accanto, il bene possibile in questo istante, è così che ci si allena ad essere pronti al grande via della vita eterna.

Nostro Signore ci chiede di essere come servi vigilanti che aspettano il ritorno del loro padrone, e che tutta la nostra vita sia condotta in questa attesa.

Vegliare significa vedere ogni situazione della nostra vita, APERTA A CRISTO, e non dimenticare che da Lui ci giungerà il coronamento di tutte le nostre parole e di tutte le nostre azioni.

Lui solo avrà l’ultima parola per dare o meno significato a tutto quello che avremo vissuto.

E se il nostro –Dio lo voglia- sarà un bilancio positivo, nel momento del suo ritorno il padrone si farà servo e cinti i fianchi, si metterà Egli stesso a servire i suoi servi buoni e fedeli.

L’amore di Dio oltrepassa tutto ciò che possiamo immaginare, anche le più intime speranze del nostro cuore.

È incredibile agli occhi dell’uomo che Dio si faccia servo.

Eppure, con tutta la sua vita Cristo ci spinge a credere a ciò, per pregustare la gioia del regno.

Ricordiamoci allora e meditiamo sul termine “aspettare”.

Ce non ci rimanda all’immagine di un tempo vuoto, non è una perdita di tempo.

Non è una noiosa sala d’attesa, ma è il luogo della decisione e della conversione, della vigilanza e della fedeltà alla Parola che dinamizza e mette in moto tutto il nostro essere, animati dalla speranza che la prospettiva ultima, SIA LA GIOIA DELLA COMUNIONE SIMBOLEGGIATA DAL PASTO SERVITO DAL PADRONE.

Ragioniamoci sopra

Pax et Bonum tibi, frater in Christo!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!