22 novembre 2024 venerdì Santa Cecilia- LUCA 19,45-48 “Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri”.
“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).
Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”
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Dal Vangelo secondo LUCA 19,45-48 |
+ In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo. Parola del Signore
Mediti…AMO Marco 4,34 “4Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa”. |
Cecilia è una delle sette donna martiri di cui si fa menzione nel Canone Romano. Ad essa è dedicata una basilica in Trastevere a Roma (sec. IV).
Nel mosaico dell’XI secolo dell’abside della Basilica di Santa Cecilia a Roma oltre a Cristo benedicente, affiancato dai santi Pietro e Paolo, alla sua destra è rappresentata santa Cecilia, posta accanto a papa Pasquale I, che reca in mano proprio questa chiesa da lui fatta edificare nel rione Trastevere: l’aureola quadrata del Pontefice indica che egli era ancora vivo quando venne eseguita l’opera. A sinistra di Cristo, invece, san Valeriano, sposo di santa Cecilia.
Il suo culto si diffuse dovunque prendendo l’avvio da una «Passione» nella quale viene esaltata come modello di vergine cristiana, mentre si elevano canti e suoni per il suo matrimonio, Cecilia innalza nel cuore un inno al suo Sposo divino.
Più tardiva è l’interpretazione del suo ruolo di ispiratrice e patrona della musica e del canto sacro.
Nella sua “passio”si dice che le autorità romane catturarono san Valeriano, che venne torturato e decapitato.
Per Cecilia venne ordinato di bruciarla, ma, dopo un giorno e una notte, il fuoco non la molestò; si decise, quindi, di decapitarla: fu colpita tre volte, ma non morì subito e agonizzò tre giorni: molti cristiani che lei aveva convertito andarono ad intingere dei lini nel suo sangue, mentre Cecilia non desisteva dal fortificarli nella Fede.
Quando la martire morì, papa Urbano I, sua guida spirituale, con i suoi diaconi, prese di notte il corpo e lo seppellì con gli altri papi e fece della casa di Cecilia una chiesa.
Nell’821 le sue spoglie furono traslate da papa Pasquale I nella Basilica di Santa Cecilia in Trastevere e nel 1599, durante i restauri, ordinati dal cardinale Paolo Emilio Sfondrati in occasione dell’imminente Giubileo del 1600, venne ritrovato un sarcofago con il corpo della martire che ebbe l’alta dignità di essere stata sepolta accanto ai Pontefici e sorprendentemente fu trovata in un ottimo stato di conservazione.
Il Cardinale commissionò allo scultore Stefano Maderno una statua che riproducesse quanto più fedelmente l’aspetto e la posizione del corpo di santa Cecilia, così com’era stato ritrovato, con la testa girata a tre quarti, a causa della decapitazione e con le dita della mano destra che indicano tre (la Trinità) e della mano sinistra uno (l’Unità); questo capolavoro di marmo si trova sotto l’altare centrale di Santa Cecilia.
La sua memoria il 22 novembre è già celebrata nell’anno 546, come attesta il «Liber pontificalis» (sec. VI).
Ma veniamo al testo evangelico odierno che ci descrive l’entrata di Gesù nel Tempio, dal quale ne espelle i venditori.
Ieri abbiamo visto il Signore che piangeva di fronte a Gerusalemme.
Oggi invece si arrabbia dentro il Tempio.
Ieri Gesù piangeva la mancata salvezza, oggi invece condanna l’idolatria degli uomini, perchè di idolatria si tratta.
Dice la Legge “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e quarta generazione”.
Ecco, Dio si arrabbia, quando nel Tempio si riduce la gratuità del sacro, al commercio.
Nel parallelo vangelo di Marco si dice che quando si arrabbiò “…rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio” (Mc 11,15-16).
E nel vangelo di Giovanni arrivò perfino ad usare una corda per cacciare le persone (Gv 2,15).
Secondo il gesto simbolico compiuto da Gesù, descritto da Marco (Mc 11,12-14), il Tempio di Gerusalemme, così come stava funzionando, era come un albero frondoso, bello, pieno di foglie, MA NON OFFRIVA FRUTTI ALLA GENTE AFFAMATA ALLA RICERCA DEL DIO DELLA VITA.
Il profeta Isaia diceva che il Tempio doveva essere una casa di preghiera per tutte le genti (Is 56,7); ma la realtà era un’altra.
Stranieri, donne e persone considerate impure non potevano entrare nel tempio, poiché ne erano escluse.
Per mezzo di questo testo di Isaia, Gesù insegnava che il Tempio non doveva essere un luogo di esclusione, ma di inclusione, ma doveva essere aperto a tutti.
Il Profeta Geremia diceva che il Tempio era stato trasformato in una “spelonca di ladri” (Ger 7,11).
E la stesso cosa stava succedendo al tempo di Gesù.
Ecco perché il Signore cita Geremia, per denunciare il cattivo uso del Tempio e dichiarare chiuso l’espediente del Tempio, ponendo fine al culto così come era praticato, perché non aveva più senso. Tanto che affermerà “…nessuno mangi più di questo frutto!” (Mc 11,14.20).
E lo fece con passione, con durezza, con un gesto talmente forte che suscitò la reazione rabbiosa dei sacerdoti e degli scribi che ne decretarono la morte.
Infatti la scena si conclude con questa annotazione “I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo” (19,48).
La scena evangelica è molto significativa ed è sempre attuale.
Quando decidiamo di allontanare il male dalla nostra vita, dobbiamo sapere che il nemico di Dio non si arrende, e prepara una guerra ancora più spietata, facendo di tutto per soffocare le nostre buone intenzioni.
Siamo sempre sotto attacco.
Ed è ancora più facile cadere quando “l’anima si pente metà e metà”, come canta Vasco Rossi.
I santi ci hanno insegnato che, diventare amici del nemico di Dio, è più facile di quanto possa sembrare.
Anche quando manca la nostra esplicita volontà di collaborare, possiamo diventare complici del male.
A volte si tratta di piccole tentazioni, cose apparentemente innocue che invece sono capaci di assorbire le nostre energie fino a distogliere lo sguardo da Dio.
Interroghiamoci severamente sullo stato della nostra Fede e, se a volte, anche noi finiamo per ridurre le nostre parrocchie a mercato, quando i personalismi invece di fornire talenti a servizio degli altri diventano manifestazione di potere.
Quando un piccolo gruppo di fedeli finisce a fare il bello e il cattivo tempo in chiesa.
Dio non voglia che Gesù debba cacciare anche noi dalla sua casa di preghiera!
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!