22.11.2022 – MARTEDI’ SANTA CECILIA – LUCA 21,5-11 “il tempo è vicino”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo LUCA 21,5-11

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO

Oggi si celebra la memoria di santa Cecilia, vergine e martire, che si tramanda abbia conseguito la sua duplice palma per amore di Cristo nel cimitero di Callisto sulla via Appia. Il suo nome è fin dall’antichità nel titolo di una chiesa di Roma a Trastevere.

Riguardo a Cecilia, venerata come martire e onorata come patrona dei musicisti, è difficile reperire dati storici completi ma a sostenerne l’importanza è la certezza storica dell’antichità del suo culto.

Due i fatti accertati: il «titolo» basilicale di Cecilia è antichissimo, sicuramente anteriore all’anno 313, cioè all’età di Costantino; la festa della santa veniva già celebrata, nella sua basilica di Trastevere, nell’anno 545.

Sembra inoltre che Cecilia venne sepolta nelle Catacombe di San Callisto, in un posto d’onore, accanto alla cosiddetta «Cripta dei Papi», trasferita poi da Pasquale I nella cripta della basilica trasteverina.

La famosa «Passio», un testo più letterario che storico, attribuisce a Cecilia una serie di drammatiche avventure, terminate con le più crudeli torture e conclusesi con il taglio della testa.

Nel mosaico dell’XI secolo dell’abside della Basilica di Santa Cecilia a Roma oltre a Cristo benedicente, affiancato dai santi Pietro e Paolo, alla sua destra è rappresentata santa Cecilia, posta accanto al papa benedettino Pasquale I, 98’ Papa della Chiesa Cattolica, che reca in mano proprio questa chiesa da lui fatta edificare nel rione Trastevere: l’aureola quadrata del Pontefice indica che egli era ancora vivo quando venne eseguita l’opera. A sinistra di Cristo, invece, san Valeriano, sposo di santa Cecilia.

La fondazione del titulus Caeciliae risale al III secolo. Il Liber pontificalis narra che nell’anno 545, durante le persecuzioni cristiane, il segretario imperiale Antimo andò ad arrestare papa Vigilio (59’ Papa della Chiesa Cattolica) e lo trovò nella chiesa di Santa Cecilia, a dieci giorni dalle calende di dicembre, ovvero il 22 novembre, ritenuto dies natalis della santa. Tuttavia altre fonti storiche (come il Martirologio geronimiano del V secolo) ritengono che questa non sia la data della morte o della sepoltura, ma della dedicazione della sua chiesa.

La Nobildonna romana, benefattrice dei Pontefici e fondatrice di una delle prime chiese di Roma, visse fra il II e III secolo. Venne iscritta al canone della Messa all’inizio del VI secolo, secolo in cui sorse il suo culto.

Nel III secolo papa Callisto (16’ Papa della Chiesa Cattolica), uomo d’azione ed eccellente amministratore, fece seppellire il suo predecessore Zeferino (15’ Papa della Chiesa Cattolica) accanto alla sala funeraria della famiglia dei Caecilii.

In seguito aprì, accanto alla martire, la “Cripta dei Papi”, nella quale furono deposti tutti gli altri pontefici di quello stesso secolo.

Cecilia sposò il nobile Valeriano. Nella sua Passio si narra che il giorno delle nozze la santa cantava nel suo cuore: «conserva o Signore immacolati il mio cuore e il mio corpo, affinché non resti confusa». Da questo particolare è stata denominata patrona dei musicisti.

Confidato allo sposo il suo voto di castità, egli si convertì al Cristianesimo e la prima notte di nozze ricevette il Battesimo da papa Urbano I (17’ Papa della Chiesa Cattolica). Cecilia aveva un dono particolare: riusciva ad essere convincente e convertiva. Le autorità romane catturarono san Valeriano, che venne torturato e decapitato; per Cecilia venne ordinato di bruciarla, ma, dopo un giorno e una notte, il fuoco non la molestò; si decise, quindi, di decapitarla: fu colpita tre volte, ma non morì subito e agonizzò tre giorni: molti cristiani che lei aveva convertito andarono ad intingere dei lini nel suo sangue, mentre Cecilia non desisteva dal fortificarli nella Fede. Quando la martire morì, papa Urbano I, sua guida spirituale, con i suoi diaconi, prese di notte il corpo e lo seppellì con gli altri papi e fece della casa di Cecilia una chiesa.

Nell’821 le sue spoglie furono traslate da papa Pasquale I nella Basilica di Santa Cecilia in Trastevere e nel 1599, durante i restauri, ordinati dal cardinale Paolo Emilio Sfondrati in occasione dell’imminente Giubileo del 1600, venne ritrovato un sarcofago con il corpo della martire che ebbe l’alta dignità di essere stata sepolta accanto ai Pontefici e sorprendentemente fu trovata in un ottimo stato di conservazione.

Il Cardinale commissionò allo scultore Stefano Maderno una statua che riproducesse quanto più fedelmente l’aspetto e la posizione del corpo di santa Cecilia, così com’era stato ritrovato, con la testa girata a tre quarti, a causa della decapitazione e con le dita della mano destra che indicano tre (la Trinità) e della mano sinistra uno (l’Unità); questo capolavoro di marmo si trova sotto l’altare centrale di Santa Cecilia.

Nel XIX secolo sorse il cosiddetto Movimento Ceciliano, diffuso in Italia, Francia e Germania. Vi aderirono musicisti, liturgisti e studiosi, che intendevano restituire onore alla musica liturgica sottraendola all’influsso del melodramma e della musica popolare. Il movimento ebbe il grande merito di ripresentare nelle chiese il gregoriano e la polifonia rinascimentale delle celebrazioni liturgiche cattoliche.

Nacquero così le varie Scholae cantorum in quasi tutte le parrocchie e i vari Istituti Diocesani di Musica Sacra (IDMS), che dovevano formare i maestri delle stesse Scholae.

Il tortonese e sacerdote Lorenzo Perosi, che trovò in San Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, 257’ Papa della Chiesa Cattolica) un paterno mecenate, è certamente l’esponente più celebre del Movimento Ceciliano, che ebbe in Papa Sarto il più grande sostenitore. Il 22 novembre 1903, giorno di santa Cecilia, il Pontefice emanò il Motu Proprio “Inter Sollicitudines”, considerato il manifesto del Movimento.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

Queste parole di Gesù pronunciate duemila anni fa sembrano dette oggi.

Le stesse guerre, le stesse carestie, addirittura i fatti terrificanti dal cielo che ci richiamano subito la violenta e disastrosa “GUERRA MONDIALE” tra RUSSIA E UCRAINA – TRA ORIENTE E OCCIDENTE…

Ma allora si può ancora sperare?

SI!

Il messaggio del Maestro fa sempre posto alla certezza che siamo perennemente e grandemente amati. Infatti, dopo l’elenco agghiacciante delle sciagure, giunge la promessa di tenerezza e di cura propria di un padre: “Nemmeno un capello del vostro capo perirà”.

Il Vangelo di oggi ci racconta che le belle pietre che ornano il tempio non resteranno in bella mostra a lungo, perché il nazionalismo crescente, rinvigorito dall’entusiasmo suscitato dalla ricostruzione del tempio, e osannato da Israele, crescerà fino a far esplodere la rabbiosa violenza di Roma.

Iniziata vent’anni prima della nascita di Cristo e finita trent’anni dopo la sua morte e resurrezione, la ricostruzione del tempio, durata ottant’anni, sarà goduta per poco più di un decennio prima della distruzione definitiva del luogo ad opera dei romani.

“Sic transit gloria mundi!” “…così passa la gloria di questo mondo”.

Ma il Signore ne approfitta per avvisare gli apocalittici di allora e di oggi: nessuno sa quando sarà la pienezza dei tempi, il completamento dei giorni, la fine di questo mondo.

Le guerre, le catastrofi, i segni dal cielo NON RICHIAMANO IN NESSUN MODO la fine del mondo, perché esse non rappresentano nessun segno.

Ma noi tutti siamo chiamati ad essere sempre pronti, anche nel momento in cui tutto sembra andare per il meglio, perché il Signore verrà, nella nostra storia personale, per portarci con Lui, quando meno ce lo aspettiamo.

Ciò che possiamo fare è vivere come se il giorno che viviamo fosse l’unico.

Ecco allora perché il cristiano più degli altri deve lavorare, deve donare, deve servire il prossimo, deve amare: solo così può attendere senza paura il giorno di Dio.

Gesù prevede guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie…: tutti segni che parlano della malattia profonda del mondo (che si chiama peccato) e invitano a guardare al di là di questo mondo. Il mondo non è ancora pienamente redento: la redenzione è per ora un lievito, un seme, però il futuro rivelerà la forza di questo lievito.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!