22.04.2023 SABATO 2 SETTIMANA DI PASQUA – GIOVANNI 6,16-21 “Videro Gesù che camminava sul mare”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 6,16-21

+ Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Gesù sale sul monte, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, mentre i discepoli scendono al mare.

Chi sale e chi scende: si descrive una separazione cui segue una solitudine.

Il contrasto tra il monte e il mare: il monte è il luogo dell’incontro con Dio, il mare è il luogo della morte.

Tra l’altro si avviano verso l’altra riva, quasi fosse la direzione inversa rispetto a quella fatta con Gesù: si tratta di un contro Esodo.

E, dinanzi alla moltiplicazione dei pani, la gente comune aveva concluso che Gesù era il Messia atteso, perché secondo la speranza dell’epoca, il Messia avrebbe ripetuto il gesto di Mosè: alimentare la gente nel deserto.

Ragion per cui, questa folla lo voleva fare re (Gv 6,14-15) e questa, certamente era una tentazione, sia per Gesù che per i discepoli.

Di conseguenza, dopo avere compiuto il segno del pane, Gesù ritenne necessario proporre una lunga catechesi, perché aveva constatato che il suo “segno” NON era stato compreso.

Non avevano compreso che rendendo grazie e distribuendo, Gesù aveva dato AL SEGNO DEL PANE IL SENSO DI DONO, VENUTO DALL’ALTO, VENUTO DALL’AMORE DEL PADRE E DESTINATO ALLA CONDIVISIONE, ALLA COMUNIONE.

La gente, invece, vide in esso un segno di potere, di forza da gestire non secondo il criterio della condivisione con gli altri, MA SECONDO IL CRITERIO DEL PROPRIO UTILE, DEL PROPRIO VANTAGGIO TERRENO.

Dunque una distanza abissale separava Gesù e la gente. E plasticamente questa distanza era rappresentata da Gesù che stava sul monte, nella logica di Dio Padre, mentre la gente stava in basso, chiusa nel suo orizzonte egoistico.

E in questo contesto, nel vangelo di Marco, Gesù obbliga i discepoli a imbarcarsi immediatamente e ad andare all’altro lato del lago (Mc 6,45), perché voleva evitare che si contaminassero con l’ideologia dominante.

E Gesù affronta questa tentazione rimanendo a pregare sulla montagna.

Mentre era già notte, i discepoli scesero verso il mare, salirono sulla barca e si diressero verso Cafarnao, all’altro lato del mare di Galilea.

Il tempo del racconto È LA SERA. Viene specificato appena più avanti che era buio. In Giovanni il tema del buio torna sempre quando Gesù si allontana: si ricordi il momento del tradimento di Giuda.

Gesù non era ancora arrivato.

E, questa pericope, mentre da un lato evoca l’esodo, con questo attraversare il mare in mezzo alle difficoltà, dall’altro evoca la situazione delle comunità nell’impero romano: con i discepoli, vivevano nel buio, con il vento contrario ed il mare agitato e Gesù sembrava assente.

Però allo stesso tempo possiamo vedere, in questo camminare sulle acque, il dominio del Signore del tempo e della storia sul Maligno, rappresentato da un mare agitato e nell’oscurità.

Un altro elemento importante del racconto è la barca (citata 4 volte, simbolo di totalità).

Una barca che, rispetto agli eventi della natura (buio, mare agitato, vento forte) mette in risalto la fragilità.

E il forte vento che viene ricordato all’inizio non viene ricordato al termine del racconto.

Nei sinottici si sottolinea la forza con la quale Gesù domina il vento e il mare, qui no.

Tuttavia il vento forte sottolinea il carattere temibile del mare per gli Ebrei:

  • (Gb 9,8 “Lui solo…cammina sulle onde del mare”;
  • Is 51,10 “Non sei tu che hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso, e hai fatto delle profondità del mare una strada, perché vi passassero i redenti?”.

Tutto questo modo di procedere nell’esposizione dei fatti, aiuta Giovanni a portare le comunità a scoprire il mistero che avvolge la persona di Gesù.

E il Quarto Evangelista lo fa evocando testi dell’Antico Testamento che alludono all’esodo.

E questo era il contesto, che si era creato all’epoca in cui Giovanni scrive il Quarto Evangelo: la barchetta delle comunità doveva affrontare un vento contrario sia da parte di alcuni giudei convertiti che volevano ridurre il mistero di Gesù a profezie e figure dell’Antico Testamento, che da parte di alcuni pagani convertiti che pensavano che fosse possibile un’alleanza tra Gesù e l’impero.

E Gesù giunge, camminando sul mare e spaventando i discepoli, che, come avviene nel racconto dei discepoli di Emmaus, non lo riconoscono (Lc 24,28).

Tanto che il Signore, nell’avvicinarsi, è costretto a tranquillizzarli dicendo loro “Sono io! Non temete!

E questo perché ogni vero cambiamento non lo accogliamo quasi mai con gioia, ma con paura.

Il Vangelo è sempre una provocazione rivolta alle nostre finte sicurezze, e rappresenta sempre una destabilizzazione.

È come un terremoto che si vive quando crollano gli idoli che inevitabilmente ci siamo creati spontaneamente.

Ci è connaturale costruirci un dio a nostra immagine e somiglianza, ed è invece sempre traumatico dovervi rinunciare per accogliere invece un Dio vero, sempre più grande persino delle nostre aspettative.

Ecco allora che si affaccia la paura, perché la terra ci viene a mancare sotto i piedi.

Questo camminare del Maestro di Nazareth sul mare, è la prima indicazione teofanica.

D’altra parte anche la paura nella Bibbia è la prima reazione di fronte al manifestarsi di Dio (Gn 15,1: Abramo; Lc 1,13.30: Zaccaria e Maria).

Anche qui il parallelismo si mette a brillare. Infatti, chi conosce la storia dell’Antico Testamento, ricorda certamente che:

  • Ricorda che la moltitudine, protetta da Dio, attraversò senza paura il Mar Rosso.
  • Ricorda che Dio, nel chiamare Mosè, dichiara il suo nome dicendo “γ εμί – Ego Eimi!” “Io sono!” (Es 3,15).
  • Ricorda anche il libro di Isaia che presenta il ritorno dall’esilio come un nuovo esodo, in cui Dio appare ripetendo molte volte “Io sono!” (Is 42,8 e 43,5.11-13 e 44,6.25 e 45,5-7).

Mi stupisce quel camminare nel mare, ma dimostra che Gesù è pienamente uomo ma anche pienamente Signore del cosmo, e dunque, VERAMENTE DIO.

Per questo, confidiamo sempre in lui e, qualsiasi cosa ci accada, restiamo sempre abbracciato a lui: presto lo vedremo camminare verso di noi, mentre ci porge la mano e ci guida nelle difficoltà.

Se imbarchiamo con noi il Signore Gesù, sapremo gestire il nostro cuore «agitato» (Gv 6,18) e affrontare serenamente le esigenze di quella «assistenza quotidiana» (At 6,1) della compassione, da cui nessuno deve essere escluso.

Fratelli e Sorelle, dinanzi alla fragilità personale per portare a buon fine le missioni che Gesù ci richiede, ci deve consolare il sapere che anche Maria —creatura come noi— sentì le stesse parole da parte dell’angelo, prima di affrontare la missione che il Signore le aveva assegnato “…NON TEMERE”.

Impariamo da Lei ad accogliere l’invito di Gesù ogni giorno e in ogni circostanza.

Ricordiamoci che il mare della nostra vita è sempre agitato e solo Gesù, vivo in mezzo a noi, lo può calmare. Maria, Stella del mare e Madre della Chiesa, intercedi per noi.

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!