21 novembre 2024 giovedì Presentazione della Beata Vergine Maria – LUCA 19,41-44 “Se avessi compreso quello che porta alla pace!”
“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).
Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”
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Dal Vangelo secondo LUCA 19,41-44 |
+ In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». Parola del Signore
Mediti…AMO Marco 4,34 “4Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa”. |
Dopo aver celebrato l’8 settembre la Natività di Maria Santissima e quattro giorni dopo, il 12, la festa del suo santissimo Nome, impostole poco dopo la nascita, il Ciclo mariano celebra in questo giorno la Presentazione al tempio, di questa Fanciulla figlia di benedizione.
Narra l’Evangelista Luca, in occasione della Presentazione di Gesù al tempio (Lc 2,21-40), dopo l’incontro della Sacra Famiglia con il santo vecchio Simeone, che al tempio «c’era pure Anna, una profetessa figlia di Fanuel, della tribù di Aser, che era molto avanzata in età, vissuta con il marito sette anni, dopo il suo matrimonio, e vedova era giunta fino agli 84 anni. Ella non si allontanava mai dal tempio e con digiuni e preghiere serviva Dio notte e giorno. Sopraggiunta proprio in quell’ora, dava lode a Dio e parlava del Bambino Gesù a tutti quelli che aspettavano la liberazione di Gerusalemme».
Maria è una bambina che –mossa dallo Spirito Santo- si dà completamente al Signore.
L’atteggiamento di Maria all’Annunciazione non è stata improvvisazione ma, nella sua anima, l’offerta di sé alla maternità divina, andava preparandosi da tempo, e si era già progressivamente realizzata.
E’ commovente vedere una bambina attirata dalla santità di Dio, che vuol darsi a Dio, una bambina che capisce che non si può compiere l’opera di Dio senza essere santificati da Lui, senza essere consacrati da Lui, perché non è possibile neppure conoscere la volontà di Dio, se la nostra umanità, quando è fuorviata, ce lo impedisce.
La Vergine Maria realizzava quello che san Paolo più tardi proporrà come ideale dei cristiani: offrire se stessi:
- “Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio… Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio” (Rm 12,12).
Cerchiamo allora di comprendere, prendendo in esame il canto del Magnificat (infatti nessun Vangelo può corrispondere esattamente alla festa di oggi, che non è riportata in nessuna pagina della Bibbia): l’offerta di Maria bambina non è un avvenimento che abbia attirato l’attenzione e sia stato registrato.
Questo gioioso canto, esprime i sentimenti che si sono formati nell’anima di Maria, molto tempo prima del giorno della visitazione, e i suoi sentimenti sono la base:
- della sua offerta di bambina, prima,
- della sua offerta all’annunciazione
- e infine della sua offerta sul Calvario.
Tutto parla del riconoscimento dei doni di Dio e, prima dell’offerta, c’è sempre il dono di Dio e il riconoscimento di questo dono.
“Ha guardato l’umiltà (la povertà, l’insignificanza) della sua serva… Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente… Di generazione in generazione si stende la sua misericordia”.
E noi sappiamo che è proprio la scoperta dell’amore di Dio che fa pensare all’offerta, è la riconoscenza che suscita il bisogno di offrire.
Ma veniamo al testo, dove si dice “Dominus flevit”, ovvero “il Signore pianse”.
Infatti, dice il testo, “…quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa” (19,41).
Il lungo viaggio è terminato, e sotto lo sguardo di Gesù, si estende Gerusalemme, la città Santa.
Città che sarà distrutta e che nulla resterà degli splendori del tempio, creduto dai suoi contemporanei, unico luogo dove poter dar gloria a Dio.
Ogni ebreo ha un particolare attaccamento a questa città, ha un legame viscerale “sono in te tutte le mie sorgenti”, dice il salmista (Sal 87,7).
Questa Città, che nasconde i segreti di Dio, si prepara ad accogliere e ad uccidere in croce il Figlio di Dio.
E, dentro il suo umanissimo dolore, Gesù è cosciente che la sua persona, se fosse stata riconosciuta per quello che è, ovvero il Messia promesso dai profeti, Figlio di Dio, avrebbe costituito l’ultima e definitiva visita di Dio, sostanzialmente la salvezza.
Gesù piange sulla sua città perché non ha saputo riconoscere “la via della pace”.
E possiamo vedere tanto dolore in quel suo profetizzare “abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra”.
Il dolore di Gesù scaturisce dal constatare che Israele non ha conosciuto “il giorno” in cui Dio lo ha visitato, ed ha così perso l’appuntamento con la GRAZIA.
È un giudizio severo che non suona come una condanna ma come un appello.
Le parole di Gesù, condite con le lacrime, sono l’espressione più bella della sua intima e sofferta partecipazione alla storia del suo popolo, e ci regalano una splendida e inconsueta immagine di Dio.
Gesù annuncia che “vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte” (Lc 15,7); ma svela anche il dolore di Dio ogni volta che un suo figlio si chiude alla GRAZIA e volta le spalle, ogni volta che un’intera comunità si chiude nella placida mediocrità.
E’ un mistero di sangue e di iniquità, questa città, costruita sui monti brulli della Giudea, come un faro che risplende nella notte, che racchiude in pochi chilometri le ansie e le speranze di tre religioni che coinvolgono, oggi, oltre due miliardi di persone.
Mistero di incomprensione in cui si gioca tutto il bene e l’orrore dell’uomo, tutto il vero e lo stolto, tutta la luce e la tenebra.
Gerusalemme città santa e lacerata, divisa dagli uomini e amata da Dio.
E all’interno di essa, ma anche di tutta l’umanità di tutti i tempi, che chi infatti non persegue le vie della GIUSTIZIA NON SI ACCORGE DELLA VISITA DI DIO ALLA STORIA E NON RIESCE A CAPIRE QUALI SONO LE VIE DELLA PACE, CHE IL SIGNORE CI INDICA.
Dio lo ha rincorso per abbracciarlo, ma l’uomo è scappato per non farsi abbracciare, e si è rinchiuso dentro il suo peccato, un rifugio assurdo eppure plausibile per l’uomo disperato.
Gesù deve, così entrare dentro il peccato dell’uomo, dentro la sua maledizione, e lo farà con il suo ultimo atto, che è quello di morire in croce, come maledetto.
Solo così potrà denudare l’uomo della sua foglia di fico, solo così lo potrà di nuovo riabbracciare.
Ma in attesa di questo evento Gesù piange, come una madre che non si sente amata dal figlio, ma continua ad amarlo lo stesso.
E non è il poco amore dei suoi figli che la muovono al pianto, quanto l’impotenza a raggiungere il cuore del suo amato.
Quanta tenerezza nell’immagine della chioccia.
Eppure gli uomini sceglieranno tra poco il loro protettore: Cesare e rifiuteranno ufficialmente il Signore Gesù.
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!