“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 6,19-23
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!». Parola del Signore
Mediti…AMO
Luigi, primogenito del marchese Ferrante Gonzaga di Mantova, nacque il 9 marzo 1568.
Fin dall’infanzia il padre lo educò alle armi, tanto che a 5 anni già indossava una mini corazza ed un elmo e rischiò di rimanere schiacciato sparando un colpo con un cannone.
Ma, grazie alla madre, Marta Tana di Chieri, che gli insegnò a orientare decisamente la sua vita a Dio, con la sua tenacia vi riuscì.
Attraverso l’umiltà, il voto di castità e una vita dedicata al prossimo l’avrebbe condotto a Dio.
A 12 anni ricevette la prima comunione da san Carlo Borromeo, venuto in visita a Brescia.
Decise poi di entrare nella compagnia di Gesù e per riuscirci dovette sostenere due anni di lotte contro il padre.
Libero ormai di seguire Cristo, rinunciò al titolo e all’eredità ed entrò nel Collegio romano dei gesuiti, dedicandosi agli umili e agli ammalati, distinguendosi soprattutto durante l’epidemia di peste che colpì Roma nel 1590.
Luigi entrò nella Compagnia di Gesù nell’anno 1587, a Roma, dopo il noviziato.
Durante questo periodo i padri Gesuiti si accorsero subito di avere tra le mani un vero gioiello spirituale.
Non solo non aveva bisogno di tutti i discorsi di stampo ascetico, ma il loro problema era di moderare ed equilibrare l’ardore penitenziale che era già patrimonio spirituale del soggetto che dovevano formare.
E si crearono anche situazioni al limite dell’umorismo.
Luigi era così abituato alla penitenza e all’autocontrollo ascetico che i suoi formatori non trovarono di meglio che proibirgli di… fare penitenza.
Con il risultato che per lui la vera penitenza era non fare penitenza.
E siccome soffriva di emicrania il padre spirituale gli consigliò di non pensare troppo intensamente a Dio, con il risultato che doveva sforzarsi maggiormente per obbedire… di non pensare a Dio, per amore di Dio.
Confidava ad un suo formatore anziano: “Veramente io non so che fare. Il padre rettore mi proibisce di fare orazione, acciò che con l’attenzione io non faccia violenza alla testa: ed io maggior forza e violenza mi fo, mentre cerco di distraèr la mente da Dio che io tenerla sempre raccolta in Dio, perché questo già per l’uso mi è quasi diventato connaturale, e vi trovo quiete e riposo e non pena”.
Dio gli era così presente che giunse a pregare “Allontanati da me, Signore”.
Non so quanti santi hanno osato pregare così, escludendo San Pietro, ma questi aveva detto le stesse parole per altri ben noti motivi.
La GRAZIA fece di lui un santo di grande dominio di sé, interamente votato alla carità.
Il suo segreto di eroismo è la preghiera, tanto che già a 12 anni aveva deciso di dedicare 5 ore al giorno alla meditazione.
Ebbe come maestro spirituale san Roberto Bellarmino.
Nel scoppiò la peste e Luigi si prodigò talmente che, trasportando sulle spalle un ammalato, la contrasse e ne morì il 21 giugno 1591 a soli 23 anni.
Catechista coi ragazzi, premuroso con i poveri e i malati, fatto tutto a tutti: modello e protettore dei giovani che vogliono vivere la propria fede in Cristo.
La storia ci racconta che dopo non molti anni l’uno finirà sugli altari. Fu dichiarato Beato nel 1605 dal Papa Paolo V.
Nel 1726, papa Benedetto XIII lo proclamerà santo, e il suo corpo si trova nella chiesa di Sant’Ignazio in Roma, mentre il capo è custodito invece nella basilica a lui dedicata, in Castiglione delle Stiviere, suo paese natale.
Certamente, come fece anche San Francesco di Assisi, San Luigi Gonzaga aveva chiarito bene a se’ stesso che il potere e il denaro, dannano l’uomo, non permettendogli di dedicarsi a Dio.
Alla luce di questo, allora, possiamo vedere nella luce adeguata, il brano del vangelo che la Liturgia regala oggi, alla nostra attenzione e farci delle domande e delle riflessioni adeguate.
Al termine delle quali, siamo chiamati ad interrogarsi sul fatto se abbiamo capito che, lontani da Dio, possiamo solo vivere le estreme conseguenze di una visione della vita e del profitto, che sacrificano l’uomo al denaro.
E se lo abbiamo compreso, ecco allora che, con infinito impegno, dobbiamo metterci, senza indugio alcuno, a combattere per superare questa visione, per tornare a fare del lavoro ciò che era nel progetto di Dio: L’OPPORTUNITÀ DI CONCLUDERE L’OPERA DELLA CREAZIONE.
E, se facciamo questo ogni minuto che dedichiamo all’interiorità, al silenzio, alla meditazione, alla preghiera, ci sarà restituito con gli interessi, affinchè possiamo arrivare a realizzare di ciò che siamo.
Ma se, malauguratamente, il nostro tesoro, sta nel nostro conto in banca, se il nostro rapporto col denaro è poco equilibrato, non funzionale, ALLORA IL NOSTRO CUORE È LEGATO ORMAI INESTRICABILMENTE AL NOSTRO PORTAFOGLIO, “…perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”.
Fratelli e Sorelle, mai dobbiamo dimenticare che la ricchezza è un dono di Dio, che ci è data perché sia condivisa.
MA SE TOGLIAMO LA PRESENZA DI DIO NELLA NOSTRA VITA, ALLORA LA RICCHEZZA INGANNA, PERCHÉ PROMETTE COSE CHE NON RIESCE A MANTENERE.
Tommaso da Celano, scrivendo la “Vita seconda” di San Francesco di Assisi, n.189, in Fonti Francescane, 775, raccontava:
- “Il Santo praticava personalmente con cura particolare e amava negli altri la santa semplicità, figlia della grazia, vera sorella della sapienza, madre della giustizia. Non che approvasse ogni tipo di semplicità, ma solo quella alla quale Dio basta e per la quale tutto il resto non conta… É la semplicità che in tutte le leggi divine lascia la tortuosità delle parole, gli ornamenti e gli orpelli, come pure le ostentazioni e le curiosità a chi vuole perdersi, e cerca non la scorza, ma il midollo, non il guscio, ma il nocciolo, non molte cose, ma il molto, il sommo e stabile bene… Per questo, nelle Lodi che compose riguardo alle virtù, dice: «Ave, o regina sapienza, il Signore ti salvi con la tua sorella, la pura e santa semplicità»”.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!