20.11.2022 – 34^ DOMENICA P.A.  C. – NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO – LUCA 23,35-43 “Signore, ricordarti di me quando entrerai nel tuo regno”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo LUCA 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Al termine dell’Anno liturgico si celebra la 34a domenica del cosiddetto «Tempo ordinario, o più esattamente “PER ANNUM”», ovvero la solennità, che cade di norma negli ultimi dieci giorni di novembre, è dedicata a Gesù Cristo Re dell’universo, la quale sottolinea che il Cristo redentore è il Signore della storia, ovvero Egli è l’inizio e la fine del tempo.

L’ISTITUZIONE DELLA FESTA FU DECISA DA PAPA PIO XI, L’11 DICEMBRE 1925, A CONCLUSIONE DEL GIUBILEO CHE SI CELEBRAVA IN QUELL’ANNO, LA CUI DEVOZIONE SI PONE IN RIPARAZIONE DEL GRIDO BLASFEMO CONTRO GESÙ, RIPORTATO DAI VANGELI: «NON ABBIAMO ALTRO RE CHE CESARE».

Nei tre giorni precedenti la solennità di Cristo Re i devoti recitano uno specifico Triduo.

Le invocazioni domandano in particolare che il Cuore di Gesù trionfi su tutti gli ostacoli al regno del suo amore.

Mediante l’intervento della Madonna, poi, si auspica che tutti i popoli – disuniti dalla ferita del peccato – si sottomettano all’amore di Cristo.

Papa Leone XIII, l’11 giugno 1899, consacrò la Chiesa, il mondo e tutto il genere umano a Cristo.

La formula dell’orazione, se viene recitata pubblicamente nella solennità di Gesù Cristo Re dell’universo, fa acquisire l’indulgenza plenaria.

L’atto di consacrazione è ricco di richiami all’amore di Cristo per l’intera umanità.

Un amore che si è reso visibile proprio nella totale donazione di sé stesso sulla croce. La preghiera è anche una richiesta di perdono collettivo e recita fra l’altro:

  • «Molti, purtroppo, non ti conobbero mai; molti, disprezzando i tuoi comandamenti, ti ripudiarono. O benignissimo Gesù, abbi misericordia e degli uni e degli altri e tutti quanti attira al tuo sacratissimo Cuore. O Signore, sii il re non solo dei fedeli che non si allontanarono mai da te, ma anche di quei figli prodighi che ti abbandonarono».

Questa festa fu introdotta da papa Pio XI, con l’enciclica “Quas primas” dell’11 dicembre 1925, a coronamento del Giubileo che si celebrava in quell’anno, un giubileo poco noto e, forse, un po’ dimenticato.

Non appena elevato al soglio pontificio, nel 1922, Pio XI condannò in primo luogo esplicitamente il liberalismo “cattolico” nella sua enciclica “Ubi arcano Dei”.

Egli comprese, però, che una disapprovazione in un’enciclica non sarebbe valsa a molto, visto che il popolo cristiano non leggeva i messaggi papali. Quel saggio pontefice pensò allora che il miglior modo di istruirlo fosse quello di utilizzare la liturgia.

Di qui l’origine della “Quas primas”, nella quale egli dimostrava che la regalità di Cristo implicava (ed implica) necessariamente il dovere per i cattolici di fare quanto in loro potere per tendere verso l’ideale dello Stato cattolico:

  • Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità sociale di Cristo] coll’azione e coll’opera loro, sarebbe dovere dei cattolici”.

Dichiarava, quindi, di istituire la festa di Cristo Re, spiegando la sua intenzione di opporre così:

  • un rimedio efficacissimo a quella peste, che pervade l’umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”.

TALE FESTIVITÀ COINCIDE CON L’ULTIMA DOMENICA DELL’ANNO LITURGICO, CON CIÒ INDICANDOSI CHE CRISTO REDENTORE È SIGNORE DELLA STORIA E DEL TEMPO, A CUI TUTTI GLI UOMINI E LE ALTRE CREATURE SONO SOGGETTI. INFATTI EGLI È L’ALFA E L’OMEGA, COME CANTA L’APOCALISSE (Ap 21, 6).

Gesù stesso, dinanzi a Pilato, ha affermato categoricamente la sua regalità. Alla domanda di Pilato “Allora tu sei re?”, il Divino Redentore rispose “Tu lo dici, io sono re” (Gv 18, 37).

Pio XI insegnava che Cristo è veramente Re. Egli solo, infatti, Dio e uomo – scriveva il SUCCESSIVO PONTEFICE PIO XII, nell’enciclica “Ad caeli Reginam” dell’11 ottobre 1954 – “in senso pieno, proprio e assoluto, … è re”.

Il suo regno, spiegava ancora Pio XI, “principalmente spirituale e (che) attiene alle cose spirituali”, è contrapposto unicamente a quello di Satana e delle potenze delle tenebre.

Il Regno di cui parla Gesù nel Vangelo non è, dunque, di questo mondo, cioè, non ha la sua provenienza nel mondo degli uomini, ma in Dio solo; Cristo ha in mente un regno imposto non con la forza delle armi (non a caso dice a Pilato che se il suo Regno fosse una realtà mondana la sua gente “avrebbe combattuto perché non fosse consegnato ai giudei”), ma tramite la forza della Verità e dell’Amore.

Gli uomini vi entrano, preparandosi con la penitenza, per la fede e per il battesimo, il quale produce un’autentica rigenerazione interiore.

Ai suoi sudditi questo Re richiede, prosegue Pio XI “non solo l’animo distaccato dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza dei costumi, la fame e sete di giustizia, ma anche che essi rinneghino se stessi e prendano la loro croce”.

Tale Regno, peraltro, già presente NEL MISTERO, troverà pieno compimento alla fine dei tempi, alla seconda venuta di Cristo, quando, quale Sommo Giudice e Re, verrà a giudicare i vivi ed i morti, separando, come il pastore, “le pecore dai capri” (Mt 25,31 ss.).

Si tratta di una realtà rivelata da Dio e da sempre professata dalla Chiesa e, da ultimo, dal Concilio Vaticano II, il quale insegnava a tal riguardo che “qui sulla terra il Regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione” (costituzione “Gaudium et spes”).

Con la sua seconda venuta, Cristo ricapitolerà tutte le cose, facendo “cieli nuovi e terra nuova” (Ap 21,1), tergendo e consolando ogni lacrima di dolore e bandendo per sempre il peccato, la morte ed ogni ingiustizia dalla faccia della terra.

Sempre il Concilio scriveva che “in questo regno anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio” (costituzione dogmatica “Lumen Gentium”).

Per questo i cristiani di ogni tempo invocano, già con la preghiera del Padre nostro, la venuta del Suo Regno (“Venga il tuo Regno”) ed, in modo particolare durante l’Avvento, cantano nella liturgia “Maranà tha”, cioè “Vieni Signore”, per esprimere così l’attesa impaziente della parusia (1 Cor16,22).

Aggiunge ancora Pio XI che nondimeno sbaglierebbe colui il quale negasse al Cristo-uomo il potere su tutte le cose temporali, “dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create”.

Tuttavia – precisa – Cristo, quando era sulla terra, si astenne dall’esercitare completamente questo suo dominio, permettendo – come anche oggi – che “i possessori debitamente se ne servissero”.

Questo potere abbraccia tutti gli uomini. Ciò lo aveva anche chiaramente espresso Leone XIII, nell’enciclica “Annum sacrum” del 25 maggio 1899, con cui preparava la consacrazione dell’umanità al Sacratissimo Cuore di Gesù nell’anno santo del 1900.

Papa Leone aveva scritto in effetti che “il dominio di Cristo non si estende soltanto sui popoli cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale, appartengono, a rigore di diritto, alla Chiesa, sebbene le errate opinioni li allontanino da essa o il dissenso li divida dalla carità; ma abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo”.

L’uomo, misconoscendo la regalità di Cristo nella storia e rifiutando di sottomettersi a questo suo giogo che è “dolce” ed a questo carico “leggero”, non potrà trovare alcuna salvezza né troverà autentica pace, rimanendo vittima delle sue passioni, inimicizie ed inquietudini.

È Cristo soltanto la “fonte della salute privata e pubblica”, diceva Pio XI.

Né in alcun altro vi è salvezza, né sotto il cielo altro nome è stato dato agli uomini, mediante il quale dobbiamo essere salvati” (At 4,12).

Lontano da Lui l’uomo ha dinanzi sogni traviati e sistemi ideologici totalizzanti e fuorvianti. Perchè non cercando il suo Regno e la sua Giustizia, il genere umano, in nome di un falso progresso sociale, economico e culturale, degrada, perdendo la dignità.

Ed il XX secolo non ha mancato di fornirne dei tragici esempi con i vari regimi autoritari, comunisti e nazista (che la Chiesa ha condannato vigorosamente), riproponendo, per l’ennesima volta, il duro scontro tra Regno di Cristo e regno di Satana, che durerà sino alla fine dei tempi.

Basti qui far riferimento, a titolo esemplificativo, giusto al solo travagliato periodo del pontificato di papa Ambrogio Damiano Achille Ratti (PIO XI’) per averne una pallida idea.

Con l’enciclica “Mit brennender Sorge”, del 14 marzo 1937 – tra i cui estensori vi era pure il cardinale segretario di Stato e futuro papa Pio XII, Eugenio Pacelli – il Pontefice romano disapprovava il provocante neopaganesimo imperante in Germania (il nazismo), il quale rinnegava la Sapienza Divina e la sua Provvidenza, che “con forza e dolcezza domina da un’estremità all’altra del mondo” (Sap. 8, 1), e tutto dirige a buon fine; deplorava anche certi banditori moderni che perseguono il falso mito della razza e del sangue; biasimava, infine, le liturgie del Terzo Reich tedesco, veri riti paganeggianti, qualificate come “false monete”.

Questi esempi dimostrano lo scontro plurisecolare, sin dalla fondazione del Cristianesimo, tra il Regno di Cristo e quello di Satana, e come, anche in epoca contemporanea, la regalità di Cristo sia contestata, preferendo ad essa degli “idoli” politici, economici, sociali e pseudo-religiosi.

Dopo questo lunghissimo discorso ormai abbiamo compreso che con la festa solenne di oggi si conclude ormai il nostro anno liturgico, ragion per cui, bisognerebbe come il 31 dicembre fare festa per prepararsi ad iniziare l’anno nuovo.

E per chiudere l’anno passato si usa una chiave solenne, la festa del Re dell’universo, di Gesù. Come è fatta questa chiave?

DALLA PAGINA DI VANGELO CHE SI LEGGE OGGI LA CHIAVE È NASCOSTA NEL LEGNO DELLA CROCE.

LA CROCE È UN ALBERO E GESÙ È IL FRUTTO CHE È MATURATO SU QUEST’ALBERO DURANTE TUTTO QUESTO ANNO DI GRAZIA, DALL’ETERNITÀ. STA A NOI COGLIERLO PER GUSTARNE TUTTO IL SAPORE.

DOBBIAMO FARE COME IL BUON LADRONE CHE ERA CROCIFISSO INSIEME A GESÙ, CHE HA SAPUTO COGLIERE QUEL FRUTTO SQUISITO DI AMORE.

LUI NON AVEVA LE CHIAVI DEL REGNO ETERNO, E HA APPROFITTATO DEL PADRONE DI CASA.

INFATTI È GESÙ LA CHIAVE DEL PARADISO. E NOI SAPPIAMO BENE CHE SE NON APRE LUI LA PORTA, NESSUNO PUÒ ENTRARE.

Ma, legittimamente, qualcuno di voi potrebbe chiedere perché si festeggia Gesù come re e poi lo si ricorda mentre muore in croce?

Quale potere può avere un condannato a morte?

IL POTERE DI GESÙ È IL POTERE DELL’AMORE: QUANDO SI AMA VERAMENTE, TUTTO È POSSIBILE, ANCHE LASCIARSI UCCIDERE DA CHI SI HA DI PIÙ CARO AL MONDO.

L’AMORE VERO È IMMENSO, SENZA CONFINI, E NON DICE MAI: SE MI VUOI BENE, FAMMI QUESTO…

Questo NON È AMORE. Ma è un ricatto costruito sull’affetto per ottenere qualcosa per sé.

Ma l’amore di Gesù invece non mette condizioni, ama e basta.

PER QUESTO HA DIRITTO DI ENTRARE NEL REGNO INSIEME A LUI CHE NE POSSIEDE LE CHIAVI, PERCHÉ PER COGLIERE IL FRUTTO SALE, CON DIGNITA’ E COSCIENZA DI ESSERE UN MALFATTORE, SULLA SCALA DELLA PROPRIA CROCE…

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!