… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 15,12-17
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». Parola del Signore
Mediti…AMO
Nell’antichità, l’amicizia era stimata al di sopra di ogni cosa. Gli amici camminano l’uno di fianco all’altro, mirando alla stessa meta e avendo un interesse comune: il vero, il bene, il bello.
E ciò che unisce i veri amici è la verità espressa in una vita virtuosa.
Il Signore ha chiamato “amici” i discepoli a lui più vicini solo alla fine della sua vita, dopo aver fatto loro conoscere tutto ciò che aveva sentito dal Padre e dopo aver rivelato la verità a coloro che egli aveva scelto.
E, per provare che non esiste amore più grande del suo, Cristo ha donato loro il segno più grande, SACRIFICANDOSI SULLA CROCE.
Da quel momento l’uomo ha conosciuto il vero significato dell’amicizia ed ha compreso che essa supera ogni barriera etnica, linguistica, sociale. Anzi unisce nella concordia e nella pace…
Di conseguenza, ciò che era raro nell’antichità, È COMUNE NELLA CHIESA, IN CUI UOMINI E DONNE CONOSCONO E VIVONO LA VERITÀ E LA FEDE.
Nei “discorsi di addio” (Gv 13,31-16,33), attraverso i quali Giovanni ci svela le parole del Signore risorto alla sua comunità, per due volte viene annunciato il “comandamento nuovo”, cioè ultimo e definitivo “…Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34); “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.
E questo comandamento nuovo “…che vi amiate gli uni gli altri” Gesù ce lo affida proprio la sera dell’Ultima Cena, dopo aver lavato i piedi agli apostoli, dopo aver spezzato il Pane e versato il Vino per loro, dopo aver congedato Giuda…
“Dio è amore”, ci dice l’Apostolo nella sua prima lettere (1Gv 4,8) e nel far ciò ci rivela che l’amore -QUELLO VERO- è L’ESSENZA STESSA DI DIO.
Un amore che TRABOCCA. Dio ci ama a tal punto che non è riuscito a contenere il Suo amore, che è fuoriuscito da Lui e si è fatto carne.
Il Padre si è fatto come noi, ed ha mandato il Figlio sulla terra, a soffrire con noi, a patire con noi, a stare vicino a noi.
E la nostra vita, è letteralmente avvolta nell’amore del Signore.
Dio ci ama anche quando sbagliamo, anche quando commettiamo un errore, per quanto grave sia. Ci ama e desidera con tutto il cuore, CHE NOI GLI CHIEDIAMO PERDONO PER POTERCELO CONCEDERE E PER POTERCI FINALMENTE RIABBRACCIARE.
Dio desidera perdonare noi, IN CRISTO, ancor più di quanto noi bramiamo il Suo perdono.
Proprio come il padre buono della parabola ha riaccolto il figliolo sciagurato, il Signore è pronto a rivestirci con la veste migliore, metterci i sandali, infilarci l’anello e fare una gran festa per noi.
Nella sua vita terrena, con tutta l’autorevolezza di chi ha vissuto l’amore fino all’estremo, Gesù ha potuto dire, a buon diritto “…Come il Padre ha amato me, così anche io ho amato voi”.
Ancora una volta queste parole di Gesù ci dovrebbero scandalizzare, perché appaiono come una pretesa.
Gesù, il Kýrios risorto, pretende di aver amato i suoi discepoli come Dio sa amare e di questo amore di Dio dice di avere conoscenza, di averne fatto esperienza.
In questi nove versetti per nove volte risuona la parola “amore/amare” e per tre volte la parola “amici”: questo amore discende da Dio Padre sul Figlio, dal Figlio sui discepoli suoi amici e dai discepoli sugli altri uomini e donne.
È UN AMORE CHE SI INCARNA E SI DILATA PER POTER RAGGIUNGERE TUTTI.
È quasi impossibile seguire adeguatamente il discorso di Gesù; possiamo però almeno segnalare che in lui l’amore di Dio è diventato amore dei discepoli, i quali possono rispondere a questo amore discendente, donato a loro gratuitamente, dimorando in tale amore, ossia restando saldi nel realizzare la volontà di Gesù, ciò che egli ha comandato.
E QUESTA VOLONTÀ, CHE POI COINCIDE CON QUELLA DI DIO, CONSISTE, IN ESTREMA SINTESI, NELL’AMARE L’ALTRO, OGNI ALTRO. IN ESSA SI RIEPILOGA OGNI ALTRO PRECETTO, PROFEZIA, ORACOLO E COMANDAMENTO.
Lo ha detto Gesù “…dai comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo”, cioè dell’amore dell’altro vissuto come Dio vuole e come Gesù ha testimoniato, “dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,40).
E Paolo di Tarso lo ha ulteriormente ribadito “…Tutta la Legge nella sua pienezza è riassunta nell’unica parola: ‘Amerai!’” (Gal 5,14 anche Rm 13,8-10).
Gesù ci consegna dunque un criterio oggettivo per valutare il nostro rapporto di discepoli con Lui e con il Padre: l’amore fattivo, concreto verso gli altri.
Solo mettendoci a servizio degli altri, solo facendo il bene agli altri, solo spendendo la vita per gli altri, noi possiamo sapere di dimorare, di restare nell’amore di Gesù, come egli sa di restare nell’amore del Padre.
Senza questo amore fattivo non c’è possibilità di una relazione con Gesù e neppure con il Padre, ma c’è solo l’illusione religiosa di una relazione immaginaria e falsa con un idolo da noi forgiato e quindi amato e venerato.
Ha detto un grande filosofo eclettico, Oratore, Rètore e politico del mondo romano, MARCO TULLIO CICERONE (106 a.C.-43 a.C.):
- “Coloro che eliminano dalla vita l’amicizia, eliminano il sole dal mondo.”
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!