… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Matteo 18,12-14
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli «Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda». Parola del Signore
Mediti…AMO
LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO
AURELIUS AMBROSIUS, noto come SANT’AMBROGIO (339 – 397), da famiglia romana cristiana, governatore delle province del nord Italia, fu acclamato vescovo di Milano il 7 dicembre 374. Rappresenta la figura ideale del vescovo, pastore, liturgo e mistagogo ed è una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo. È venerato come santo da tutte le chiese cristiane che prevedono il culto dei santi; in particolare, la Chiesa cattolica lo annovera tra i quattro dottori della Chiesa d’Occidente, insieme a San Girolamo, sant’Agostino e san Gregorio I papa.
Le sue opere liturgiche, i commentari delle Scritture, i trattati ascetico-morali restano memorabili documenti del magistero e dell’arte di governo.
Guida riconosciuta nella Chiesa occidentale, in cui trasfonde anche la ricchezza della tradizione orientale, estese il suo influsso in tutto il mondo latino.
In epoca di grandi trasformazioni culturali e sociali, la sua figura si impose come simbolo di libertà e di pacificazione.
Diede particolare risalto pastorale ai valori della verginità e del martirio. Autore di celebri testi liturgici, è considerato il padre della liturgia ambrosiana.
Quando divenne vescovo (nel 374), adottò uno stile di vita ascetico, elargì i suoi beni ai poveri, donando i suoi possedimenti terrieri.
Uomo di grande carità, tenne la sua porta sempre aperta, prodigandosi senza tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure.
Sant’Ambrogio non esitò a spezzare i Vasi Sacri e ad usare il ricavo dalla vendita per il riscatto di prigionieri.
Di fronte alle critiche mosse dagli ariani per il suo gesto, egli rispose che «è molto meglio per il Signore salvare delle anime che dell’oro. Egli infatti mandò gli apostoli senza oro e senza oro fondò le Chiese. […] I sacramenti non richiedono oro, né acquisisce valore per via dell’oro ciò che non si compra con l’oro» (De officiis, II, 28, 136-138)
La sua sapienza nella predicazione e il suo prestigio furono determinanti per la conversione nel 386 al cristianesimo di Sant’Agostino, di fede manichea, che era venuto a Milano per insegnare retorica.
Ambrogio fece costruire varie basiliche, di cui quattro ai lati della città, quasi a formare un quadrato protettivo, probabilmente pensando alla forma di una croce:
- la basilica di San Nazaro (sul decumano, presso la Porta Romana, allora era la Basilica Apostolorum),
- la basilica di San Simpliciano, detta Basilica Virginum, ossia basilica delle vergini (sulla parte opposta),
- la basilica di Sant’Ambrogio (collocata a sud-ovest, era chiamata originariamente Basilica Martyrum in quanto ospitava i corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio rinvenuti da Ambrogio stesso; accoglie oggi le spoglie del santo)
- la basilica di San Dionigi (Basilica Prophetarum).
Ambrogio fu autore di diversi inni per la preghiera, compiendo fondamentali riforme nel culto e nel canto sacro, che per primo introdusse nella liturgia cristiana, e ancor oggi a Milano vi è una scuola che tramanda nei millenni questo antico canto.
ESAME DEL TESTO EVANGELICO
“Che ve ne pare?”, dice Gesù. Come a dirci: come la pensate voi su questa storia?
Questo “che ve ne pare?” è all’origine di tutte le parabole inventate da Gesù. Che si è inventato un modo tutto suo di insegnare, molto originale: ha scelto la forma parabola, a cui dobbiamo rispondere onestamente, e con grande libertà.
A Gesù importava così tanto dare libertà alle persone, da essere attento persino alle sfumature dei modi di parlare, dello stile.
Gesù sa bene che quando qualcuno ci mette direttamente davanti ai nostri sbagli, ci sentiamo accusati e subito ci chiudiamo in noi stessi. Facciamo come i ricci quando si chiudono a palla.
Invece chi ascolta una storia, essendo estraneo ai fatti narrati, gode di piena libertà di valutazione e può sentirsi libero nel fornire la sua valutazione in ordine a ciò che gli viene prospettato.
La parabola quindi porta su un terreno neutro, sul quale formulare liberamente un giudizio e quindi prendere coscienza, nella sfera della propria situazione personale.
PERCHÉ IMPROVVISAMENTE COMPRENDIAMO CHE DIO STAVA PARLANDO AL NOSTRO CUORE
Le parabole, quindi, grandi invenzioni letterarie di Gesù, ci stimolano a vivere in profondità e con occhi diversi. Sono parole che ci aiutano a cogliere la verità della vita e ad abbracciarla.
Hanno la capacità di illuminare l’agire umano e divino, quindi sono rivelazione del volto dell’uomo e allo stesso tempo del volto di Dio.
Le parabole sono il racconto di Dio, fatto in una lingua umana, UNA LINGUA COMPRESA TUTTI.
Gesù non avrebbe potuto scegliere una forma diversa dalla parabola, PERCHÉ EGLI STESSO È UNA PARABOLA VIVENTE: è il racconto di Dio in una lingua umana dell’AMORE DI DIO CHE SI INCARNA NELLA STORIA DI OGNI UOMO.
Ovviamente ricordiamoci che sto parlando del Gesù dei Vangeli.
E non di quella visione pallida e lontana, di Lui, che abbiamo fatto nel nostro cuore, facendogli dire solo ciò che ci fa comodo e che ci piace. Non quello di certe liturgie asfittiche, che non producono alcun risultato salvifico in chi le ascolta.
In Cristo può -E DEVE- ESSERE VISIBILE SOLO IL VOLTO DI UN DIO, CHE CON AMORE, DIFENDE LA NOSTRA LIBERTÀ, CHE HA PAGATO A CARO PREZZO LA DIFESA DELLA NOSTRA LIBERTÀ morendo sulla croce
E se abbiamo capito finalmente questo, siamo chiamati a fare della nostra vita una “sua immagine”, restituendo, non a chiacchiere, ogni giorno, A CHIUNQUE, NEL SUO AMORE, fraternità, amore, aiuto concreto, dignità e libertà, fasciando le piaghe di coloro che sono “malati” nel corpo e nello spirito, guidandoli verso “i verdi pascoli e le acque tranquille” della vita eterna.
A “SUA” immagine. A immagine di Lui che è il “BUON PASTORE“, di cui Matteo ci presenta il volto più bello. Questo grande evangelista traduce l’identità del Dio di Gesù Cristo, non nella delicatezza dei tratti o per comportamento, ma svela la sua essenza facendola coincidere con il ruolo di un pastore disponibile e attento a tutti, soprattutto alle pecore più fragili e malate.
Gesù è un buon pastore, che ama il suo lavoro, che si affeziona al suo gregge, che non lo fa se non PER AMORE e CON AMORE.
Il Maestro dorme con le sue pecore, le chiama per nome e le pecore, come solo gli animali sanno fare, riconoscono la sua voce.
E se qualche pecora fugge e si perde, la cerca con costanza, fino a che non la ritrova e, dopo averla trovata, se la carica sulle spalle e la porta a casa, invece di sfogare su di essa la stanchezza e la rabbia del tempo perso a cercarla.
Sa fare bene il suo mestiere, il Signore, SA DOVE ANDARE A CERCARE la pecora smarrita, SA IN QUALI STRADE CI PERDIAMO, PERCHÉ’ CONOSCE IL NOSTRO CUORE.
Quanto sarebbe bello se noi cristiani, IMITASSIMO IL SIGNORE. Ma noi facciamo solo il contrario.
Se una pecora ci scappa, CI LIMITIAMO A RINFORZARE IL RECINTO PERCHÉ’ NON SCAPPINO LE ALTRE 99.
Gesù non fa così e ci insegna che, ANCHE UNA SOLA pecora, va sempre cercata dal suo pastore, mentre le altre novantanove vengono lasciate sole per lei.
E questo perché QUELLA SOLA PECORA “VALE” PER IL PASTORE COME TUTTE LE NOVANTANOVE.
Certo, ai nostri occhi vi è nel brano una logica strana: nella NOSTRA quotidianità, il pastore non lascia mai il gregge per una pecora che si perde, SEMMAI CONDUCE IL GREGGE AL SICURO, E SOLO DOPO VA A CERCARE QUELLA PERDUTA.
Ai nostri occhi vi è una sproporzione di valore -NON CONDIVISA DALLE NOSTRE “LEGGI DI MERCATO”, perché, per noi, quella pecora perduta NON VALE QUANTO TUTTO IL GREGGE.
Una logica strana, certo, ma QUESTA LOGICA “STRANA” PER NOI, è LA LOGICA DI DIO.
Egli non ama la massa, l’insieme indistinto: DIO AMA SINGOLARMENTE OGNUNO DI NOI.
MA ALLO STESSO TEMPO, A LUI STA A CUORE TUTTO IL GREGGE…
è UN FOLLE IL NOSTRO DIO… MA PROPRIO IN QUESTA FOLLIA STA TUTTO IL SUO IMMENSO, INFINITO AMORE, CHE SORPASSA IL TEMPO E LA STORIA DELL’UOMO.
Ecco perché Gesù, Buon Pastore, ci fa capire quanto i nostri pensieri siano ancora lontani dai pensieri di Dio e le nostre vie, lontane dalle sue vie, e IL NOSTRO CUORE DAL CUORE DI DIO.
E in quel mare in tempesta, che è la vita nella quale siamo immersi, il Signore ci chiede di NUOTARE CON IMPEGNO e di vivere con serietà, ma anche con la SERENITA’ DI DIO.
Rendendo Grazie per ciò che il vangelo ci mostra in questo tempo di avvento, esortandoci a tornare all’essenziale. E nel sollecitarci a farlo, ci mostra quel volto di quel Dio CHE È AMORE, che siamo chiamati a raccontare ai nostri fratelli.
E nel contempo il Vangelo ci dona la GRAZIA -SE LO VOGLIAMO- di poter ACCRESCERE LA NOSTRA POVERA FEDE, purificando quell’idea di Dio che ci siamo costruiti.
Ecco allora, grazie a Gesù, qual è il Dio che stiamo per accogliere, CHE VOGLIAMO FAR RINASCERE NEL NOSTRO CUORE: un pastore che va in cerca della pecora perduta, che vuole che nessuno mai vada perso.
Un Dio colmo di ogni tenerezza e di ogni verità, NON UN DIO MISERICORDIOSO CHE NON APPLICA MAI LA GIUSTIZIA, ma un Dio adulto che ci tratta da adulti.
È IL DIO DEL SALMO 58, CHE FA GIUSTIZIA E CHE NON AMA GLI EMPI CHE NON SI CONVERTONO E CAMBIANO VITA.
Se nel passato noi cristiani abbiamo spesso coperto il vero volto di Dio con la maschera del giudice inflessibile, oggi lo abbiamo annacquato con una visione terribilmente buonista. Dio è buono, certo, ma a caro prezzo ha pagato la nostra salvezza. Riscopriamo il volto del pastore che sa dove condurci.
Perché Dio ci ama, ci viene a cercare, ci carica sulle sue spalle là dove noi, esasperati dalla ricerca, avremmo probabilmente bastonato la pecora ribelle.
Lui no, ne ha amore e attenzione, se ne fa carico, se ne prende cura.
È questo il Dio che dobbiamo celebrare nella nostra vita, che ci prepariamo ad accogliere in questo Natale che ormai è alle porte, Fratelli e Sorelle.
Però mi attanaglia l’amarezza di una domanda che sorge spontanea.
Ma allora, perché molti pseudo-cristiani continuano a parlare di un Dio giudice pronto a coglierci in fallo per sbatterci all’inferno o un Dio a cui tutto va sempre bene, che ci perdona comunque e quindi possiamo fare tutto ciò che ci piace?
MA QUANDO INIZIAMO A VERGOGNARCI DELLA NOSTRA MISERIA INTELLETTUALE E DEL NOSTRO CUORE, DICO IO?
Leggendo bene il brano si capisce, anche se non è scritto, che il pastore si accorge tra cento pecore che gliene manca una.
Ma come ha fatto?
Dio si accorge quando non ci sei, perché gli manchi. Ed Egli sa che proprio TU manchi ALL’APPELLO DEL SUO AMORE.
Sta scritto anche “se riesce a trovarla si rallegrerà”.
Un inciso strano se pensiamo che Dio è ONNIPOTENTE. È COLUI CHE TUTTO PUO’?
Certo, LO E’!!!!
Ma aspetta che tu lo chiami, “belando”, facendogli capire dove ti trovi e che anche LUI ti manca e vuoi pertanto essere ritrovato.
E solo quando ti trova, TI ACCORGI CHE, IN REALTA’, NON TI AVEVA MAI PERSO DI VISTA.
Tra cento pecore, anche se non sei quella nera, Egli non ti abbandona mai, e ti viene a cercare.
Per portarti in salvo ed evitare che tu finisca tra le fauci del lupo. E per far questo DIO si è “ferito” le mani e i piedi CON I CHIODI DELLA CROCE, perché vuole che TU non ti perda.
Questa è la volontà del Padre nostro.
E vi lascio con le parole di una filosofa santa e martire Edith Stein, meglio nota come SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE, Carmelitana scalza, VITTIMA DELLA SHOA’, il Mistero del Natale:
- “Dove Gesù intende condurci sulla terra, è cosa che non sappiamo e a proposito della quale, non dobbiamo fare domande prima del tempo. Una cosa sola sappiamo, e cioè che a quanti amano il Signore, tutte le cose ridondano in bene”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!