2′ SETTIMANA DI AVVENTO – Anno “C” – GIOVEDI’ 09.12.2021 – Matteo 11,11-15 “Non ci fu uomo più grande di Giovanni Battista”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Matteo 11,11-15

In quel tempo, Gesù disse alle folle «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Gesù conferma alle folle dinnanzi a lui che Giovanni Battista è stato un grande profeta, l’Elia che tutti stavano attendendo. Ciò nonostante la gente di quel tempo ha rifiutato il suo messaggio di salvezza, ed invece di ascoltarlo lo ha punito.

E Gesù fa questa affermazione per lanciare un attacco contro i sacerdoti regnanti del tempo, che si sono impadroniti della legge divina e del diritto di interpretarla.

Così facendo hanno però solo favorito la propria posizione, nascondendo la Legge di Dio al popolo, che così non ha potuto rispondere all’invito di Giovanni Battista alla conversione.

E, PEGGIO ANCORA.

È PROPRIO L’INCAPACITÀ DI COSTORO, DI COMPRENDERE LO SVELAMENTO DEL PROGETTO DIVINO DI SALVEZZA, CHE GESÙ VERRÀ CONDANNATO A MORTE.

La razionalità di cui questi pseudo-dottori della Legge si fanno portatori non è in grado di far riconoscere il DISEGNO DI DIO, perché IN LORO NON C’E’ NE’ UMILTÀ E NÉ SPIRITO SANTO.

Solo il Battista è colui che rettamente fa il Profeta. E Gesù non può trattenersi dal fargli un grande elogio, dicendo che “nessun uomo nato da donna è più grande di lui”.

Con il Battista Gesù ha una intesa particolare.

Tutti i profeti sono grandi, ma nessuno ha esultato, come lui, fin dal seno materno per la presenza del Salvatore.

E nessun profeta ha preparato la via al Messia, con la continua esortazione alla conversione e alla penitenza, ed ha vissuto una vita di austerità, che si è conclusa con il martirio.

E questo lo ha potuto fare perché è vissuto nello spirito di Elia che, secondo il giudaismo, avrebbe dovuto precedere la venuta del SALVATORE.

Ecco perché Gesù può dire di Giovanni “Egli è quell’Elia che deve venire” (v. 14).

Siccome il Battista ha riconosciuto i segni del tempo e vi ha risposto, gli viene accordata un’importanza particolare tra gli uomini.

Ma bisogna tener presente alcuni elementi:

  • mentre Giovanni Battista annuncia la salvezza,
  • Gesù la dona indistintamente a tutti: quando lo incontrano, le persone sono trasformate e liberate dal dolore, dalla solitudine e dalla miseria.

Quante volte anche noi abbiamo incontrato il Battista….

Quante volte abbiamo visto accanto a noi fratelli e sorelle che, spesso inconsapevolmente, ci hanno condotti verso Dio.

Sono i profeti che vivono in mezzo a noi e ci indicano la strada che ci porta verso la conversione, accogliendoci, e mostrandoci il volto, inatteso, del Signore che irrompe nella nostra storia.

Le, quella FEDE che ci è stata data in dono nel Battesimo, inizia a produrre un piccolo germoglio, che annaffiamo e curiamo e inizia a crescere in noi, quando iniziamo ad aver SETE DI DIO e vogliamo metterci in discussione. Il nostro tempo ha urgente bisogno di credenti motivati e determinati, a immagine del Battista.

Che abbiano in sé quella grandezza che Gesù scorge nei “piccoli“, ovvero quella della semplicità del cuore.

Chi è semplice (o si prefigge con la GRAZIA di Dio di diventarlo) non perde energie per apparire “grande”, cioè non mira all'”apparenza“.

Ma desidera essere quello che Dio vuole egli sia: un uomo con un cuore veritiero, una mente e una volontà impegnate nel bene.

È questo nostro modo di essere, che siamo chiamati ad avere, che ci rivela la nostra vera dignità di figli di Dio, che ci riempie il cuore di gioia e ci impegna a vivere una vita santa, perché è maturata in noi la coscienza che il sacramento del BATTESIMO, che ci ha resi figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, eredi della gloria del Cielo e coeredi con Cristo., CI HA RESI “FIGLI NEL FIGLIO”.

Purtroppo, in una società “scristianizzata”, ci resta difficile o quasi impossibile comprendere la grandezza che ci proviene da questo grande Sacramento.

E a nulla servono le parole di Paolo di Tarso, che, in una delle sue lettere ci rassicura, dicendoci che noi “sediamo già in cielo“, e siamo sin d’ora cittadini del Cielo e familiari di Dio.

Perché in Gesù, vero Uomo e vero Dio, la nostra natura è glorificata alla destra del Padre celeste, come ebbe la gioia di contemplarla Santo Stefano al momento della lapidazione.

È per questo che SAN LEONE MAGNO ci ripete:

  • “Cristiano, considera la tua immensa dignità! Non avvilirla con il peccato”.

Il regno dei cieli è dei poveri, dei perseguitati, di quanti portano su di sé il male senza farlo: sono i miti, che erediteranno la terra. Il mite è il violento evangelico: tanto forte da portare su sé ogni violenza senza restituirla, fino a porgere l’altra guancia.

  • “Il Regno subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono”.

È vero, se abbiamo il coraggio di accogliere il Vangelo, se lasciamo che illumini la nostra vita, oltre che la nostra anima, allora vivere le beatitudini, provoca un vero terremoto anche attorno a noi, nel mondo del lavoro, nella nostra famiglia, fra gli amici e i conoscenti.

Se riusciamo con la nostra testimonianza a far uscire il Vangelo dalla chiesa per calarlo nella vita quotidiana, il vangelo illuminerà la vita di tutti e guiderà le nostre relazioni.

E ci porterà a non seguire più il pensiero comune, corrotto, egoista e narcisista, e ci libererà quanto meno della violenza delle parole.

Il Vangelo ci cambia la vita, la illumina, certo, ma è uno sforzo che certamente ci richiede determinazione e convinzione. E costa fatica.

Una “violenza” necessaria verso noi stessi perché ci porta alla conversione, la quell’opera di radicale cambiamento che operiamo nelle nostre vite concrete e che ci avvia sulla strada della santità, che non è una cosa accessoria, della quale possiamo fare a meno.

Ma un imperativo categorico che Dio ci rivolge nel Libro del levitico al capitolo 19,2 “siate santi” perché io, il Signore vostro Dio sono santo!”. E che ci aiuta poi a diventarci, se lo vogliamo, al Capitolo 20 successivo, versetto 8, Dio dice “Io sono il Signore che vi vuole fare santi”.

Lo vuole! Lo desidera! Perché siamo suoi Figli amatissimi! Figli nel Figlio!

Papa Francesco, al n.32 della Esortazione Apostolica “Gaudete et exsultate”, sulla santità nel mondo contemporaneo, del 19 marzo 2018, dice:

“Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere”.

E Paolo di Tarso ai cristiani che vivono a Efeso, nella Lettera a quella comunità, al capitolo 4,24 scrive:

  • “Rivestite l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità”.

Che la santità sia una questione di mantenere una certa distanza tanto dal divino quanto dall’umano è subito smentito dalle parole del nostro brano.

Anzi, l’imperativo stesso commuta la distanza in vicinanza; noi poveri mortali, fragili creature capaci delle più grandi nefandezze e di bassezze inimmaginabili siamo chiamati e chiamate ad essere santi perché Dio è santo.

Infatti, la santità si manifesta nel non allontanarsi dalla comunità umana ma nell’esserne attivamente parte.

Nel non distanziarsi dai nostri simili e dalle nostre simili ma nell’occuparcene attivamente, soprattutto per proteggere i più deboli e provvedere per coloro che sono maggiormente a rischio: i poveri, gli immigrati, le persone disabili.

La santità cioè equivale a praticare la giustizia, pagare prontamente gli operai e fare funzionare i tribunali. Difficili essere santi tenendo la distanza.

Essere santi perché il Signore, il nostro Dio è santo, significa guardare da vicino quel Dio che non si è tenuto alla larga da un’umanità bisognosa ma si è avvicinato per fare un pezzo di strada insieme a noi.

In Cristo Dio si è avvicinato a noi in modo che noi ci avviciniamo gli uni agli altri, portiamo i pesi gli uni degli altri, ci adoperiamo per la pace gli uni degli altri. In altre parole, praticando la giustizia siamo santi.

E vorrei chiudere con un’ultima riflessione sul versetto “…Chi ha orecchi, ascolti!”. Sono le parole che ci rivolge Gesù e con le quali ci invita ad ascoltare con attenzione la parabola, ma soprattutto ad aprire il cuore all’ascolto della SUA PAROLA ETERNA.

Ma com’è difficile ascoltare per noi, in una società annegata nelle vuote parole! Tutti parliamo di continuo, veicolando parole vuote, che spesso non vengono nemmeno dal cuore.

Ascoltare è un’esperienza che facciamo solo se accettiamo di regalare il nostro tempo, se mettiamo l’altro al primo posto rispetto agli impegni, alle paure, ai pregiudizi, alla stanchezza.

È di questo ascolto che si nutrono le nostre relazioni, ma anche la nostra fede, ossia di uno stare gratuitamente e con fiducia alla presenza dell’altro e dell’ALTRO, desiderosi di comprendere nel profondo la SUA PAROLA.

È un ascolto che non si improvvisa e chiede tempo, ma soprattutto la disponibilità ad un rapporto vero con chi incontriamo, a stare come nuda terra in attesa del seme buono.

Chissà qual è la Parola che il Signore sta pronunciando ora per me, quale parola mi sta dicendo attraverso gli altri, le situazioni quotidiane, la creazione che mi circonda, la coscienza, la Scrittura ascoltata personalmente o assieme ai fratelli durante le celebrazioni?!

Insegnaci, Signore, l’arte del silenzio, perché ti ascoltiamo, perché tu possa portare a compimento l’umanità, la Chiesa, la mia stessa vita. Donaci fiducia e forza, perché scegliamo tempi e luoghi in cui stare alla tua presenza con la Scrittura in mano, senza fretta, e così accogliere quel seme che hai già gettato a mani piene nei solchi del nostro cuore.

Un grande pensatore russo VLADIMIR Sergeevič SOLOV’ËV (1853-1900, filosofo, teologo, poeta e critico letterario), diceva:

  • “Siì saldo nella fede perché è molto bello per un uomo intelligente vivere con Dio. E vivere senza Dio è proprio orribile (…) e prega con sentimento a meno una o due volte al giorno”.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!