2 novembre 2024 sabato COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI –MESSA I’ – Gv 6,37-40 “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).
Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”
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Dal Vangelo secondo Gv 6,37-40
+ In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Parola del Signore
Mediti…AMO
Fino a quando il Signore Gesù verrà nella gloria, e distrutta la morte gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri che sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri infine godono della gloria contemplando Dio.
Tutti però comunichiamo nella stessa carità di Dio. L’unione quindi di coloro che sono in cammino con i fratelli morti non è minimamente spezzata, anzi è conservata dalla comunione dei beni spirituali (Conc. Vat. II, Costituzione dommatica sulla Chiesa, «Lumen gentium», 49).
La Chiesa fin dai primi tempi ha coltivato con grande pietà la memoria dei defunti e ha offerto per loro i suoi suffragi (LG, 50).
Nei riti funebri la Chiesa celebra con fede il mistero pasquale, nella certezza che quanti sono diventati con il Battesimo membri del Cristo crocifisso e risorto, attraverso la morte, passano con lui alla vita senza fine. (Rito delle esequie, 1).
La commemorazione dei fedeli defunti al 2 novembre ebbe origine net sec. X nel monastero benedettino di Cluny.
Papa Benedetto XV, al tempo della prima guerra mondiale, giunse a concedere a ogni sacerdote la facoltà di celebrare «tre messe» in questo giorno.
«La liturgia cristiana dei funerali è una celebrazione del mistero pasquale di Cristo Signore.
Nelle esequie la Chiesa prega che i suoi figli, incorporati per il battesimo a Cristo morto e risorto, passino con lui dalla morte alta vita e, debitamente purificati nell’anima, vengano accolti con i santi e gli eletti nel cielo, mentre il corpo aspetta la beata speranza della venuta di Cristo e la risurrezione dei morti».
Nella nostra vita noi pensiamo di non avere mai abbastanza: viviamo protesi verso un continuo «domani», dal quale ci attendiamo sempre «di più»: più amore, più felicità, più benessere.
Viviamo sospinti dalla speranza.
Ma in fondo a tutto il nostro stordirci di vita e di speranza si annida, sempre in agguato, il pensiero della morte: un pensiero a cui è molto difficile abituarci, che si vorrebbe spesso scacciare.
Eppure la morte è la compagna di tutta la nostra esistenza: addii e malattie, dolori e delusioni ne sono come i segni premonitori.
La morte resta per l’uomo un mistero profondo. Un mistero che anche i non credenti circondano di rispetto.
Non esiste una morte facile, e l’ultimo saluto alla vita ci fa paura. Tutti, fatte pochissime eccezioni, guardano a questo momento con incertezza e sgomento.
Essere cristiani cambia qualcosa nel modo di considerare la morte e di affrontarla?
Qual è l’atteggiamento del cristiano di fronte alla domanda, che la morte pone continuamente, sul senso ultimo dell’esistenza umana?
La risposta si trova nella profondità della nostra fede.
La morte per il cristiano non è il risultato di un gioco tragico e ineluttabile da affrontare con freddezza e cinismo.
La morte del cristiano si colloca nel solco della morte di Cristo: è un calice amaro da bere fino in fondo perché è frutto del NOSTRO peccato; ma è pure volontà amorosa del Padre, che ci aspetta al di là della soglia a braccia aperte: una morte che è una vittoria vestita di sconfitta; una morte che è essenzialmente non-morte: vita, gloria, risurrezione.
Come tutto questo avvenga di preciso non lo possiamo sapere.
Non è dell’uomo misurare l’immensità delle promesse e del dono di Dio.
Il commiato dei fedeli è accompagnato dalla celebrazione eucaristica che è ricordo della morte di Gesù in croce e pegno della sua risurrezione.
Uno dei prefazi rivela un accento di umana soavità e di divina certezza «In Cristo rifulge a noi la speranza delta beata risurrezione, e se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura.
Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo».
Ci ritroveremo a faccia a faccia con Cristo.
La morte del cristiano non è un momento al termine del suo cammino terreno, un punto avulso dal resto detta vita.
La vita terrena è preparazione a quella celeste, stiamo in essa come bambini nel seno materno: la nostra vita terrena è un periodo di formazione, di lotte, di prime scelte.
Con la morte l’uomo si trova di fronte a tutto ciò che costituisce l’oggetto delle sue aspirazioni più profonde: si troverà di fronte a Cristo e sarà la scelta definitiva, costruita con tutte le scelte parziali di questa vita.
Cristo ci attende con le braccia aperte: l’uomo che sceglie di porsi contro Cristo, sarà tormentato in eterno dal ricordo di quello stesso amore che ha rifiutato.
L’uomo che si decide per Cristo troverà in quell’amore la gioia piena e definitiva.
Ma è l’ultima occasione che abbiamo per fare un atto di completo abbandono a Dio.
Perché in tutte le altre forme di fiducia c’è sempre una uscita di sicurezza.
Invece qui non c’è e si può solo abbandonarsi completamente al Padre, nelle Sue mani, e credere nella Resurrezione di Gesù.
La morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio.
Desideriamo essere con Gesù e questo nostro desiderio lo esprimiamo a occhi chiusi, alla cieca, mettendoci totalmente nelle sue mani»
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!