… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste. Parola del Signore
Mediti…AMO
La Messa di oggi parla di sé: ricorre infatti la “Solennità del Corpo e Sangue di Cristo“, più nota col precedente nome latino di “Corpus Domini“, che richiama l’istituzione dell’Eucaristia.
Una delle solennità più care alla devozione del popolo cristiano
Quel Corpo e quel Sangue che egli ha donato per noi una volta per tutte, quando si è sacrificato per noi morendo sulla croce.
Lì ha compiuto un sacrificio unico ed eterno, che si perpetua nel tempo e viene riattualizzato nella santa Messa, dove riceviamo Gesù stesso.
Lui stesso ha detto nell’ultima cena «prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo».
Sì, nella Messa è sempre Gesù che si continua ad offrire per noi ma, come fa notare il Catechismo Romano, mentre sulla croce era offerto in maniera cruenta, cioè attraverso lo spargimento di sangue, sull’altare invece viene offerto in maniera incruenta, senza spargimento di sangue.
Partecipando alla Messa incontriamo dunque Gesù e partecipiamo al suo sacrificio e, come fa notare il CCC 1368:
- «Nell’Eucaristia il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo. Il sacrificio di Cristo riattualizzato sull’altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere uniti alla sua offerta».
Il Vangelo ci aiuta quindi ad entrare in questo mistero attraverso il testo della moltiplicazione dei pani che prefigura la vita di Cristo, che si offrirà e si renderà pane spezzato per noi.
I Dodici sono appena tornati dalla missione, erano partiti armati d’amore, e tornano carichi di racconti.
Gesù li accoglie e li porta in disparte.
Ma la gente di Betsàida li vede, accorre, li stringe in un assedio che Gesù non può e non vuole spezzare.
Allora è lui a riprendere la missione dei Dodici: cominciò a parlare loro di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
C’è tutto l’uomo in queste parole, il suo nome è: creatura che ha bisogno, di pane e di assoluto, di cure e di Dio.
C’è tutta la missione di Cristo, e della Chiesa: insegnare, nutrire, guarire. E c’è il nome di Dio: Colui che si prende cura.
Ed Egli, che è amore puro, si dona a tutti. E moltiplica i pani e i pesci per nutrire la folla che lo seguiva.
Qui occorre fare una piccola riflessione: il cibo fisico agisce in noi anche quando non ci pensiamo, anche quando dormiamo si trasforma in carne, sangue, energie vitali.
Il cibo spirituale (l’Eucaristia) è diverso: È EFFICACE SE NOI COLLABORIAMO CON CRISTO, CHE VUOLE TRASFORMARE LA NOSTRA VITA NELLA SUA. SE ABBIAMO FEDE IN LUI.
E l’Eucaristia È LA FESTA DELLA FEDE, perché stimola e rafforza la nostra Fede.
Certamente i nostri rapporti con Dio sono avvolti nel mistero. E noi sappiamo bene che ci vuole un gran coraggio e una grande fede per dire “Qui c’è il Signore!”
Ci vuole molta fede per credere che quel pezzo di pane costituisca la primizia della salvezza e che, partecipando al sacramento, noi partecipiamo già della salvezza inaugurata da Cristo…
Se guardo a me stesso, mi trovo sempre piccolo, imperfetto, peccatore, pieno di limiti.
Eppure Dio mi ama, come ama tutti gli uomini, fino a farsi nostro cibo e bevanda per comunicarci la sua vita divina, farci vivere la sua vita di amore.
L’Eucaristia non è credibile se rimane un rito, il ricordo di un fatto successo duemila anni fa.
È invece una “scuola di vita”, una proposta di amore che coinvolge tutta la mia vita: deve rendermi disponibile ad amare il prossimo, fino a dare la mia vita per gli altri.
Secondo l’esempio che Gesù ci ha lasciato.
Quando il Maestro parla, chi lo ascolta non avverte altro bisogno che stare con Lui. Chi lo ascolta dimentica persino di mangiare e di dormire: perché sa di essere di fronte a Dio.
Ma è Gesù ad avere premura che i suoi ascoltatori si rifocillino. Egli non vuole che si viva in modo disincarnato e non ci si curi del proprio corpo, che ci manchi il cibo per vivere.
Ci insegna che la sua Parola deve incontrare l’umanità: senza pane terreno, non possiamo arrivare al Pane del cielo.
Senza sperimentare la nostra umanità, non possiamo conoscere a quale santità siamo chiamati.
E di fronte all’atteggiamento di Gesù, gli apostoli mostrano tutta la nostra povera miseria umana.
Infatti, giunti a fine giornata i discepoli vorrebbero mandare a casa le folle; e invece Gesù li “spinge” ad uscire fuori da sé stessi «…voi stessi date loro da mangiare».
Consapevoli della loro povertà, i Dodici fanno notare al Maestro l’impossibilità di poter provvedere a tutti con “cinque pani e i due pesci”.
IMPOSSIBILE AGLI UOMINI, MA CERTAMENTE, NON A DIO!
Gesù chiede ai discepoli di mettere a disposizione ciò che hanno:
- loro con-dividono,
- lui moltiplica!
Il Maestro fa suddividere le folle in gruppi di 50. Sta invitando all’ordine, perché senza ordine esteriore non ci potrà essere un ordine del cuore e viceversa.
Quindi prende i pani e i pesci e, dopo averli benedetti, inizia a spezzarli.
E i pani e pesci si moltiplicano, manifestando un’abbondanza sorprendente, al punto che tutti mangiarono a sazietà, e ne avanzano infine 12 ceste piene.
È L’ABBONDANZA DELL’AMORE DIVINO CHE NON SOLO SI DONA A TUTTI, MA È PIÙ CHE A SUFFICIENZA PER TUTTI!
È quell’amore che sazia, anzi, come diceva S. Tommaso d’Aquino «…Dio solo sazia».
E questo perché il Maestro non ha mai mandato via nessuno.
Vuole fare di quel luogo deserto, di ogni deserto, una casa, dove si condividono pane e sogni.
Per questo risponde “…date loro voi stessi da mangiare”. INTENDEVA DIRE LORO “…fatevi voi pane!”
Ma gli apostoli non capiscono, perché rimangono su un altro piano “operativo”.
Essi sono fermi al cibo terreno, per cui non possono operare, perché non sono in grado, in quanto possiedono soltanto cinque pani e due pesci.
Ma a Gesù non interessa la quantità, e sposta l’attenzione da che cosa mangiare a come mangiare: fateli sedere a gruppi.
È come se dicesse create mense comuni, comunità dove ognuno possa ascoltare la fame dell’altro e faccia circolare il pane che avrà fra le mani.
INFATTI NON SARÀ LUI A DISTRIBUIRE, ma i discepoli, anzi l’intera comunità.
Il gioco divino, al quale in quella sera tutti partecipano, non è la moltiplicazione, ma la condivisione dei pani e dei pesci.
Un pane che diventa una benedizione (alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, e lo spezzò).
E tutti furono saziati. C’è tanto pane nel mondo che a condividerlo davvero basterebbe per tutti.
È inutile sforzarci di capire l’Eucarestia, se non c’è un incontro di preghiera quotidiano con la Parola di Dio.
Senza la luce della Parola di Dio, che ci fa guardare la vita con lo sguardo della Fede, che è capace di contemplare il regno di Dio in mezzo a noi, la Celebrazione Eucaristica diventa un rito vuoto e un dovere da adempiere con grande fatica.
L’incontro orante con la Parola di Dio ci rende uniti (identificandoci ai dodici), consapevoli del pochissimo che abbiamo e siamo (considerando quei soli cinque pani e due pesci), sensibili alle necessità della nostra umanità.
L’incontro orante con la Parola di Dio ci fa aprire gli occhi sul dono della Chiesa, che si rivela a noi per mezzo di una comunità cristiana organizzata: i gruppetti di cinquanta persone rappresentano le comunità cristiane sparse nel mondo.
E così, arricchiti di Parola di Dio, che già ha riempito il vuoto della nostra povertà, il primo atto che facciamo, nella Celebrazione Eucaristica, è quello di presentare davanti al Signore Gesù, il pochissimo che siamo e che abbiamo rappresentato dall’inconsistenza e povertà di quei cinque pani e due pesci.
Ha detto Papa Francesco, in una omelia del 30.05.2013:
- “…da dove nasce l’invito che Gesù fa ai discepoli di sfamare essi stessi la moltitudine? Nasce da due elementi: anzitutto dalla folla che, seguendo Gesù, si trova all’aperto, lontano dai luoghi abitati, mentre si fa sera, e poi dalla preoccupazione dei discepoli che chiedono a Gesù di congedare la folla perché vada nei paesi vicini a trovare cibo e alloggio (cfr. Lc9,12). Di fronte alla necessità della folla, ecco la soluzione dei discepoli: ognuno pensi a sé stesso; congedare la folla! Ognuno pensi a sé stesso; congedare la folla! Quante volte noi cristiani abbiamo questa tentazione! Non ci facciamo carico delle necessità degli altri, congedandoli con un pietoso: “Che Dio ti aiuti”, o con un non tanto pietoso: “Felice sorte”, e se non ti vedo più… Ma la soluzione di Gesù va in un’altra direzione, una direzione che sorprende i discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare» […] È un momento di profonda comunione: la folla dissetata dalla parola del Signore, è ora nutrita dal suo pane di vita. E tutti ne furono saziati.”
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!