19.04.2023 MERCOLEDI’ 2 SETTIMANA DI PASQUA – GIOVANNI 3,16-21 “Dio ha mandato il Figlio nel mondo”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 3,16-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il vangelo di Giovanni è come un tessuto fatto di tre fili diversi, ma simili. Combinati così tanto bene tra che, a volte, non si riesce a capire quando si passa da un filo all’altro:

  • Il primo filo sono i fatti e le parole di Gesù degli anni trenta, conservati dalle testimonianze oculari che guardavano le cose che Gesù fece ed insegnò.
  • Il secondo filo sono i fatti della vita delle comunità. Per la loro fede in Gesù e convinte della sua presenza in mezzo a loro, le comunità illuminavano il loro cammino con le parole e i gesti di Gesù. Questo ha un’incidenza sulla descrizione dei fatti. Per esempio, il conflitto delle comunità con i farisei della fine del primo secolo segna il modo di descrivere i conflitti di Gesù con i farisei.
  • Il terzo filo sono i commenti fatti dall’evangelista. In certi passaggi, è difficile percepire quando Gesù smette di parlare e l’evangelista comincia ad intrecciare i suoi commenti.

Il testo del vangelo di oggi, per esempio, è una profonda riflessione dell’evangelista sull’azione di Gesù.

E quasi non si percepisce la differenza tra il parlare di Gesù e quello dell’evangelista. Comunque, nessuna paura! SIA L’UN CHE L’ALTRO PARLARE, SONO PAROLA DI DIO.

Un’altra piccola premessa.

La parola “mondo” è una delle parole più frequenti nel vangelo di Giovanni: citata ben 78 volte ed ha vari significati:

  • può significare la terra,
  • lo spazio abitato dagli esseri umani (Gv 11,9; 21,25)
  • anche l’universo creato (Gv 17,5.24),
  • le persone che abitano questa terra, tutta l’umanità (Gv 1,9; 3,16; 4,42; 6,14; 8,12),
  • può significare anche un gruppo grande, un gruppo numeroso di persone, come quando parliamo di “tutto il mondo” (Gv 12,19 e 14,27).

Ma cerchiamo di riprendere in mano il testo, che fa parte del discorso di Gesù a Nicodemo che l’evangelista dice essere uno dei “notabili giudei” (Gv 3,1).

In particolare i versetti oggi proclamati, conclusivi del discorso, appaiono in verità come un monologo, un parlare di Gesù tra sé e sé, il quale – dopo aver annunziato ciò che lo attende: il suo “innalzamento” ovvero la sua morte sulla Croce (vv.13-15), iscritta nel più ampio disegno salvifico di Dio al quale sta molto a cuore il mondo (vv.16-18) – pone all’ascoltatore la necessità di schierarsi davanti a lui (vv.19-21).

In particolare il v.16a dice la motivazione che soggiace all’invio del Figlio da parte di Dio: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito».

Si tratta di un’affermazione di decisiva importanza perché su di essa poggia l’intero progetto divino di salvezza e ogni suo sviluppo.

Una parola quindi da assaporare e da accogliere nella profondità del nostro spirito e sulla quale fondare l’intera nostra esistenza di credenti.

Dio dunque “ama il mondo” ossia l’intera umanità e per questo nutre nel suo cuore un progetto di salvezza e di vita per attuare il quale “manda” il suo Figlio unico.

I vv.16b-17 dicono le finalità essenziali di tale invio. La prima delle quali è il dono della “vita eterna”, da intendere come comunione profonda con Dio che è già qui avviata in colui che “crede” nel Figlio inviato!

È questa, perciò, la “salvezza” che il Figlio viene a portare e che ha come conseguenza pratica, per chi crede, di sfuggire al “giudizio” ossia di non andare incontro alla “condanna”.

Come avviene per il dono della “vita eterna” che è fin d’ora accordata a colui che accoglie il Figlio mandato nel mondo, così è del “giudizio” che è già dato da ora come condanna per chi “non crede” ovvero non accoglie Gesù.

In sintesi, chi “crede” ha fin d’ora la “vita eterna”, chi “non crede” va incontro fin da ora al giudizio di condanna che, in ultima analisi, consiste nella privazione della comunione di vita con Dio e, di conseguenza, alla rovina eterna, alla morte!

L’ultima parte, perciò, del nostro brano (vv.19-21) mette tutti noi che ascoltiamo la parola evangelica davanti a una scelta: “credere o non credere” nel Figlio unico inviato dal Padre e alle conseguenze che da essa concretamente derivano.

Di conseguenza, come detto, chi accetta che Dio giunga fino a noi in Gesù, è già passato per la morte ed ha la vita eterna.

Ovviamente il Dio di cui parla Giovanni non ha niente di comune con gli antichi dei.

Dio ha effettivamente amato il mondo. E non soltanto il mondo ebraico, ma tutto il mondo.

In san Giovanni, il concetto di “mondo” ingloba, come ho detto, l’insieme delle creature, senza alcuna distinzione di popolo, razza, o nazione.

L’amore di Dio è rivolto anche a coloro che non sono membri del popolo eletto.

E tra essi, ci sono anche coloro che rifiutano il bene, perché non sopportano che Dio “metta il naso” nel loro discutibili affari.

Giovanni l’Evangelista dice che Dio ha amato molto tutti coloro che facevano il male.

Dio non si limita quindi a rendere migliori coloro che sono già buoni. Dio non prende le distanze nei confronti del male. Non osserva dall’alto tutte le cose così poco appetitose che sono nel mondo. Dio entra nel mondo cattivo e lo trasforma, rendendolo meraviglioso con la sua Luce, CHE FA NUOVA OGNI COSA.

  • «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,16-18).

Dio Padre ci ama da tutta l’eternità. L’idea, purtroppo diffusa, che mette in dialettica la giustizia e l’ira del Padre con la misericordia del Figlio non ha nessun appiglio nella Bibbia e nella Tradizione della Chiesa.

«L’amore di Dio per Israele è paragonato all’amore di un padre per il proprio figlio [Os 11,1].

È un amore più forte dell’amore di una madre per i suoi bambini [Is 49,14-15].

Dio ama il suo Popolo più di quanto uno sposo ami la propria sposa [Is 62,4-5]; questo amore vincerà anche le più gravi infedeltà [Ez 16; Os 11]; arriverà fino al dono più prezioso: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16)» ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n.219).

Ha detto un grande politico che partecipò alla formazione del Partito Comunista (1921), poi attivo nel Partito Socialista clandestino (1942) e scrittore italiano, giornalista [diresse le riviste Europa socialista (1946-47) e Tempo presente (1956-68)], saggista di stampo verista (partecipe della drammatica urgenza degli avvenimenti storici e nutriti di un sentimento acutissimo dei limiti della giustizia umana e del richiamo ai valori di un cristianesimo evangelico) e drammaturgo storico della figura del PAPA CELESTINO V’ [ne: L’AVVENTURA DI UN POVERO CRISTIANO (1968)], abruzzese del XX secolo, Ignazio SILONE, pseudonimo di SECONDINO TRANQUILLI:

  • “Non credo che ci sia, oggi, un’altra maniera di salvarsi l’anima. Si salva l’uomo che supera il proprio egoismo d’individuo, di famiglia, di casta, e che libera la propria anima dall’idea di rassegnazione alla malvagità esistente. Cara Cristina, non bisogna essere ossessionati dall’idea di sicurezza, neppure della sicurezza delle proprie virtù: Vita spirituale e vita sicura non stanno assieme. Per salvarsi bisogna rischiare”.

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!