19.03.2023 DOMENICA 4 DI QUARESIMA A “LAETARE” – GIOVANNI 9,1-41 “Andò, si lavò e tornò che ci vedeva”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG
Dal Vangelo secondo GIOVANNI 9,1-41
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane». Parola del Signore. Parola del Signore
Mediti…AMO
Continua la catechesi battesimale proposta dall’anno A.
Questa domenica il discorso gira attorno alla luce, al vedere e al non vedere, SIMBOLO DELLA FEDE.
Il capitolo 9 si apre con Gesù che esce dal tempio dove ha avuto un dialogo un po’ acceso con i Giudei, tanto acceso che essi avevano portato delle pietre per lapidarlo (Gv 8,59).
Egli si era nascosto e poi se ne era andato.
Uscendo dal tempio dunque trova il cieco, gli ridona la vista e sparisce dalla circolazione.
I racconti di guarigioni di ciechi nei vangeli hanno la funzione di mostrare che con Gesù i tempi messianici sono arrivati.
Ricordiamoci che ai discepoli del Battista, venuti ad accertarsi chi fosse veramente, Gesù ha risposto citando Isaia “i ciechi vedono“.
In questo brano si aggiunge un altro significato: il cieco miracolato rappresenta la figura del credente illuminato dalla fede.
Questa la collocazione del brano odierno.
Ecco allora che nel cammino verso la Pasqua, dopo il tema dell’acqua viva che Gesù Cristo dona al credente in Lui, la chiesa ci fa meditare sulla luce, e sulla sua azione, compiuta affinché noi vediamo e siamo strappati dalle tenebre.
Ecco perché la liturgia della terza domenica di quaresima ci aveva fatto riascoltare il dialogo che Gesù aveva avuto con la donna Samaritana, uno dei dialoghi più belli e profondi del vangelo, nel quale Gesù chiede da bere, chiede l’acqua e a sua volta dà l’acqua viva che dà la vita.
Il dono dell’acqua è un simbolo della rivelazione che Gesù fa di sé stesso.
In questa domenica ci viene presentato Gesù QUALE LUCE CHE ILLUMINA IL CAMMINO DI OGNI BATTEZZATO e, attraverso il miracolo della guarigione del cieco nato, ci viene svelato il significato del perché Cristo sia la nostra luce.
IL CIECO VEDE LA LUCE QUANDO SI LAVA NELLA PISCINA DI SILOE (CHE SIGNIFICA INVIATO), e ATTRAVERSO LA LUCE, DIVENTA L’INVIATO DEL SIGNORE, PERCHÉ RICONOSCE IL CRISTO.
E la “luce” è uno dei simboli più originali che si trovano nelle Sacre Scritture, che annuncia la salvezza di Dio.
INFATTI NON È SENZA MOTIVO CHE LA LUCE È STATA LA PRIMA COSA AD ESSERE CREATA PER METTERE UN TERMINE ALLE TENEBRE DEL CAOS (Gen 1,3-5).
Ed ecco una delle più belle professioni di fede dell’autore dei Salmi:
- “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?” (Sal 28,1).
Parimenti il grande profeta Isaia, dice “…alzati, Gerusalemme, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60,1).
Non bisogna quindi stupirsi se il Vangelo di san Giovanni attribuisce a Gesù il simbolo della luce.
Già il suo prologo dice della Parola divina, del Logos “In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1,4-5).
La luce è ciò che rischiara l’oscurità, ciò che libera dalla paura che ispirano le tenebre, ciò che dà un orientamento e permette di riconoscere la meta e la via.
SENZA LUCE, NON C’È VITA.
Ma torniamo al testo evangelico odierno.
Il lungo racconto della guarigione di un uomo cieco dalla nascita in realtà è la narrazione di un lungo processo, in diverse tappe, intentato contro Gesù.
Un processo a Colui che è “la luce del mondo” (Gv 8,12), quella che illumina ogni essere umano.
Eppure è una luce che non è riconosciuta e non è accolta da coloro ai quali era stata inviata (Gv 1,4-5.9-12).
Fratelli e Sorelle, certamente questo racconto è paradossale, perché ci racconta che chi è cieco, non vedente, quando incontra Colui che è “la luce del mondo” diventa “capace di vedere”.
Al contrario di quelli che vedono, che, incontrando Gesù rimangono abbagliati fino a rivelarsi ciechi, incapaci di vedere.
La prospettiva giovannea abbraccia il mistero nella sua totalità: venendo nel mondo la luce illumina oppure abbaglia, secondo la capacità del singolo di accoglierla.
La missione di Gesù acquista in questo testo due connotazioni: egli è venuto a rivelare il Padre (attraverso le sue opere -Gv 9,3-5), ma è venuto anche per fare una discriminazione, per distinguere tra coloro che accettano o non accettano la sua rivelazione.
Questo brano è altamente cristologico, in quanto presenta molti titoli attribuiti a Gesù, titoli che ritmano la progressione dalla cecità al vedere, dalle tenebre alla luce, dall’ignoranza alla fede testimoniata.
È davvero interessante notare anche che questo cieco per tre volte (numero che indica la perfezione) ha riconosciuto la sua ignoranza, e per tre volte i farisei hanno affermato di sapere chi è Gesù.
Ne è conseguito che, la scienza dei farisei si dimostra ignoranza, mentre la semplicità sincera dell’uomo guarito, che non ha la presunzione di conoscere, arriva alla fede in Gesù, e questo è testimoniato dai titoli con cui, questo poveretto, parla di Colui che lo ha guarito.
Dice infatti che lo ha guarito:
- un uomo che si chiama Gesù,
- un profeta, viene da Dio,
- che è Signore.
Nella libertà dell’incontro tra Gesù e quest’uomo nato cieco, il poveretto è come accompagnato a una conoscenza sempre più profonda della Verità, fino a una fede autentica che diventa adesione di vita.
È ovvio che diviene sempre più stridente, il contrasto tra quest’uomo rinnovato dall’incontro con Colui che è la Luce del mondo, e il nuovo dialogo che segue.
Dialogo che, ancora una volta, ci mostra i farisei arroccati sulle loro posizioni, tanto che la conclusione è durissima: il vostro peccato rimane!
Perché?
Perché non riconoscono di essere ciechi!
Eppure lo hanno chiesto al Signore: “siamo forse ciechi anche noi?”
Purtroppo la loro domanda è retorica. Essi sanno di non essere ciechi, in senso fisico.
Perché è questo l’unico significato che attribuiscono a questa parola, perché, purtroppo, essi non sanno andare al di là dell’esperienza fisica, concreta, e di conseguenza non riescono e entrare veramente in dialogo con Gesù.
Ciò che li blocca in modo ostinato è la loro OTTUSA sicurezza: noi vediamo.
Come è evidente il contrasto con l’uomo guarito! LUI SA SOLO UNA COSA: ERA CIECO E ORA VEDE.
È anche interessante commentare questo versetto:
- “12 Gli dissero: “Dov’è costui?”. Rispose: “Non lo so”. 13 Condussero dai farisei quello che era stato cieco”.
L’ex cieco ignora dov’è l’uomo che l’ha guarito.
Anche lui anche se ha acquistato la vista, dovrà fare un cammino alla scoperta di Gesù e verso la sua professione di fede.
Ora che il prodigio è stato costatato è opportuno sottoporlo ai responsabili della Sinagoga, cioè ai farisei, che realizzano una regolare inchiesta: interrogano il miracolato due volte, convocano anche i suoi genitori.
I farisei (termine che significa separati) erano dei laici che, al tempo dei Maccabei, si erano opposti all’ellenizzazione della Giudea e tendevano a realizzare l’ideale di santità richiesto a Israele.
Da qui il loro studio della Legge e la cura di insegnarla al popolo, con cui (a differenza dei sadducei) si mantenevano in contatto.
Esperti della tradizione orale essi cercavano di rendere praticabili alla gente le esigenze della Legge nella vita quotidiana.
Dopo la distruzione del tempio, avvenuta nel 70 d.C, il gruppo dei farisei finì con l’identificarsi con il potere della nazione giudaica e la loro ortodossia divenne intransigente.
Gesù di Nazareth ebbe tutto sommato delle relazioni positive con i farisei del suo tempo. Il quadro qui presentato riflette soprattutto la situazione al tempo in cui scriveva Giovanni, segnato dal conflitto tra Chiesa e Sinagoga, principalmente a causa della pretesa che Gesù fosse il Messia tanto atteso.
È dunque davvero interessante e bello il vangelo di Giovanni, come abbiamo detto il vangelo dei “segni”.
Esso è una stupenda composizione teologica attraverso cui il quarto evangelista cerca di illustrare la persona e la missione di Gesù, più che richiamare episodi concreti della sua vita.
È interessante notare che per Giovanni l’essenza di questo “segno” non consiste semplicemente nel fatto che venga restituita la vista, ma che venga donata la luce a chi non l’aveva mai posseduta.
La luce che Gesù è venuto a portare non appartiene per diritto agli uomini, ma è un puro dono di Dio offerto per mezzo di Gesù Cristo: l’uomo, in questo senso, è per natura cieco nato.
Nel racconto si nota la tensione con il giudaismo, raffigurata non solo nel processo al cieco perché neghi l’opera di Gesù, ma anche in una nota che in realtà riflette la situazione del tempo in cui scriveva l’evangelista:
- “I Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga”.
Ma un filo conduttore è quello affidato alla sequenza dei titoli attribuiti a Gesù, destinati in crescendo a mostrare che il vero approdo non è tanto quello della vista fisica ma quello della fede:
- “quest’uomo” Gesù,
- “inviato”,
- “profeta”,
- “colui che è da Dio”,
- “Figlio dell’uomo”,
- “Signore”,
- con l’adorazione finale: “Io credo Signore” e gli si prostrò innanzi.
La finale del racconto giovanneo del “segno” del cieco nato ha al centro la piena conversione del miracolato che proclama la sua fede nel Cristo come Kyrios “Signore”, termine greco con cui si traduceva il nome divino JHWH della Bibbia ebraica.
Il cammino del cristiano, allora, è un cammino di luce, è il cammino della risurrezione.
Fratelli e Sorelle, ecco allora che siamo chiamati, leggendo questo brano, ad appropriarci di tre indicazioni:
- la luce vince le tenebre e suscita un giudizio.
- il dibattito che percorre l’episodio riecheggia le dispute fra i giudei e i cristiani. Quali i punti del dibattito? C’è una disputa intorno al sabato, che certo era viva e attuale, ma non è l’elemento centrale del dibattito: passa subito in secondo ordine, rimane sullo sfondo. Infatti la vera discussione è sull’origine di Gesù. Nei versetti si intravede l’asprezza della polemica fra la chiesa e la sinagoga. Quando l’evangelista scrive, la sinagoga condannava duramente i gruppi cristiani.
- Infine si può vedere in questo episodio la dimensione battesimale che emerge prepotentemente (il lavaggio alla piscina di Siloe).
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!