«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MARCO 3,7-12
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse. Parola del Signore
Mediti…AMO
Da Cafarnao, Gesù si porta in una località non nominata e solitaria, nelle immediate vicinanze del lago di Tiberiade, qualificato qui come «mare».
Sono «con i suoi discepoli», cioè con quei cinque che ha chiamati direttamente e che ora fanno vita comune con lui, che egli sta istruendo e introducendo progressivamente nel mistero della sua persona.
«…Si ritirò» (anechòresen anachorèô), verbo usato solo qui da Marco. È la fuga, l’anacoresi, secondo l’originale greco tradotto con ritirarsi (da ‘anachórein’ che in greco significa “appartarsi, allontanarsi”).
Fuggire da coloro che tramano alle nostre spalle, per porsi seriamente di fronte alla vita e alla morte, nel combattimento decisivo, in comunione con tutta la Chiesa.
È la storia della Chiesa: i monaci del deserto, gli anacoreti che sfuggivano il mondo per gettarsi nella lotta con il demonio; Padre Pio, il Curato d’Ars e molti altri.
E tutti, nel profondo di quella solitudine anacoretica, divenivano segni di salvezza, e moltitudini li cercavano per essere sanati, nel corpo e nello spirito. Esattamente come Gesù.
Ma il significato di fondo di “ritirarsi” è quello di “…sottrarsi da un luogo con la fuga” e poi quello di “ritirarsi”, di andare semplicemente in un luogo appartato.
Come già abbiamo visto, Gesù aveva già cercato di procurarsi un po’ un po’ di silenzio orante – «si ritirò in un luogo deserto, e là pregava» (1,35), ma solo per breve tempo.
Ora il bisogno di solitudine è maggiore, sia per lui che per i discepoli, dopo le cinque discussioni che aveva sostenuto e dopo il progetto che farisei e erodiani avevano fatto di sopprimerlo.
Ma anche questa volta, Gesù non realizza il suo progetto, perché ci vien detto che «lo seguì molta folla dalla Galilea».
Notiamo che questa «molta folla» della Galilea si distingue da «una grande folla» proveniente «dalla Giudea», da lontano, anche dai territori pagani.
La sua fama si è diffusa, molti accorrono per ascoltare la sua parola e per essere guariti. Ancora oggi è così: là dove la gente spera di trovare una parola che li aiuti e li guarisca si radunano molte persone affamate e assetate di senso.
Gesù si ritrae percependo il pericolo che viene da coloro che hanno decretato la sua morte dopo il miracolo della mano guarita.
Ma la sua non è una fuga determinata dalla paura.
Al contrario, apre nuovi cammini, nuovi incontri. Il suo esodo determina un inizio sorprendente.
San Marco ci descrive l’affollarsi della gente, così precipitoso che Gesù deve salire su una barca “perché non lo schiacciassero”.
Egli attira la folla con la sua bontà, con la sua potenza, e non solo dalla Galilea, dalla Giudea e da Gerusalemme ma scrive l’evangelista “dall’Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone” quindi da paesi pagani.
Accorrevano a lui con i loro malati per averne la guarigione, ma anche con tutte le aspirazioni del loro cuore, per trovare la pace di Dio
Il rifiuto e la condanna a morte di Gesù, da parte dei farisei e degli erodiani, segna il nuovo inizio del popolo di Dio.
L’efficacia evangelica è molto diversa dall’efficienza umana: trae la sua forza dall’impotenza dell’uomo e dalla potenza di Dio: “Quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10).
Perché Dio, contrariamente all’uomo, sa trarre successo dall’insuccesso e vita dalla morte.
Le località nominate nel brano evangelico odierno, sono sette, un numero che indica completezza, totalità.
Questo afflusso massiccio di persone dalla Palestina e dalle zone limitrofe fa nascere in noi una limpida gioia perché tutti vogliamo bene a Gesù e siamo contenti che le persone vadano a Lui.
Queste vengono oltre che dalla Palestina, da nord a sud, anche dalle varie regioni e città circostanti.
Per Giovanni il Battista, l’Evangelista Marco aveva scritto «…accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme» (Mc 1,5). C’è un afflusso, tutti accorrono dalla Giudea e da Gerusalemme.
Tutti accorrono a Cristo per formare la sua Chiesa. Egli non ha raggiunto il successo mediante la brama di avere, di potere e di apparire, origine di ogni male, ma ha vinto tutto questo proprio con il suo insuccesso, con la povertà, con il servizio e l’umiltà di chi ama.
Gesù è presentato come il centro di un ampio movimento di gente che cerca e trova in lui la possibilità di guarire. L’uomo è malato e il pellegrinaggio verso Gesù nasce da questo bisogno di salvezza.
È bello vedere Gesù pressato da tanta gente che accorre no, non per fede, ma perché è attirata dall’azione guaritrice di Gesù, non dalla fede.
Questa gente non è spinta quindi dal desiderio di ascoltare la Parola ma dalla speranza di essere guarita, perché vede in Gesù l’unica possibilità per vincere il male.
Ma noi sappiamo che Gesù non è venuto per guarire le malattie che consumano il corpo, MA PER ANNUNCIARE UNA PAROLA CHE APRE L’UOMO ALLA GRAZIA E GLI PERMETTE DI RITROVARE UNA NUOVA COMUNIONE CON DIO.
Allo stesso tempo, però, Gesù comprende quella gente, e non la allontana con fastidio, ma, al contrario l’accoglie con amore, le permette di avvicinarsi e di toccarlo.
Ma non può vendere illusioni, per questo si sottrae all’abbraccio soffocante della folla e chiede ai discepoli di mettergli a disposizione una barca, non solo per evitare di restare schiacciato, come annota l’evangelista, ma anche per avere la possibilità di comunicare quella Parola che cambia il cuore dell’uomo.
Da ciò, possiamo e certamente dobbiamo comprendere che ogni uomo ha bisogno di aiuto e necessita di una grande carità. E, certamente Cristo Gesù ha costituito l’amore più grande come unica e sola via per giungere alla Fede vera. Lui è la persona che ama sempre, che ama tutti, giusti e peccatori, fedeli e non fedeli, che mai rifiuta una Grazia, un miracolo, e nemmeno il perdono.
Per questa sua grande carità, tutti i popoli accorrono, vengono a Lui, si prostrano, chiedono, vengono esauditi, ritornano pieni di gioia.
La fama del Signore è la unica e vera via di conversione a Lui. E noi sappiamo bene che la Scrittura Santa, ci fa vedere che sono molti coloro che si convertono a Dio per la fama delle sue opere.
E di conseguenza se la fama è la vera via di conversione, perché determina avvicinamento e interessamento, è altrettanto vero che se il cristiano non si eleva in fama di verità, carità, giustizia, misericordia, compassione, perdono, che devono essere i suoi miracoli quotidiani, nessuno mai si accosterà a lui e nessuno mai attraverso di lui potrà conoscere Gesù Signore.
LA FAMA DEL CRISTIANO È NECESSARIA, ESSENZIALE ALLA FEDE.
E questa deve essere costruita non artificialmente, ma deve essere viva e vitale.
La vita del cristiano vero deve essere un miracolo quotidiano di amore, perché solo così potrà attrarre ogni altro uomo a Cristo Signore.
E deve stare attento come parla. Perché se parla di Cristo con amore e con un a santa testimonianza, la sua parola è piena di Spirito Santo e conquista i cuori.
Quando invece parla nella vanità della sua vita -Dio non voglia- e dal basso del suo peccato, la sua parola è sterile, vuota, inefficace. È una parola muta, che non porta salvezza, ma coinvolge nella morte.
Quindi testimoniare santamente e metterci a disposizione. Questo è l’insegnamento del vangelo odierno.
Di conseguenza, se vogliamo essere testimoni credibili, noi viatori nel tempo, eterni suoi discepoli, siamo chiamati a mettere la barca della nostra CREDIBILE VITA a disposizione del Signore. Poco importa se la userà o se resteremo in attesa: egli sa che può fare di noi ciò che vuole.
Se il Signore ha bisogno di noi, servi inutili, anche solo per avere spazio in mezzo alla folla, cerchiamo di essere sempre disponibili.
Siamo collaboratori di Dio, nel nostro piccolo, il Signore ci rende discepoli e apostoli, ci usa come strumento per la sua gloria, per l’annuncio della sua salvezza.
È lui che opera in noi, è lui che raggiunge i cuori attraverso la nostra disponibilità e l’amore che siamo chiamati a dare è lo stesso che abbiamo ricevuto abbondantemente incontrando Lui.
Ancora oggi milioni di uomini e donne cercano salvezza, senza sapere a chi rivolgersi. Mettiamo a disposizione del Signore la barca della nostra vita, per metterlo in condizione di dialogare con essi.
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!