19.01.2022- MERCOLEDI’ 2 SETT. T.O. – Marco 3,1-6 “È lecito in giorno di sabato salvare una vita o ucciderla”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo Marco 3,1-6

In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno DI SABATO, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA QUESTIONE DELLO SHABBAT, del SABATO è ancora al centro della disputa nei confronti di Gesù. LO ABBIAMO COMMENTATO A LUNGO, IERI, Fratelli e Sorelle.

Oggi riflettiamo sul fatto che chi detiene il potere, tende ad evitare qualsiasi novità.

Sin dall’inizio Gesù è riconosciuto nella chiesa come Colui che è venuto a dare una vita nuova.

Non a caso l’interesse dei presenti è tutto concentrato su due sole persone:

  • su colui che ha la mano inaridita,
  • e su Colui che si pone come il Salvatore.

Non c’è nulla di male in tutto questo, se non ci fosse di mezzo la malizia di alcuni che si pongono contro Dio. E per queste ultime qualsiasi pretesto va bene allo scopo, anche una lettura distorta della Legge.

E Gesù, senza volerlo, destabilizza le folle con la sua perfetta libertà interiore. E ci fa mettere di fronte a due interrogativi reali:

  1. Chi di noi, potendolo, non avrebbe guarito un poveraccio in giorno di sabato?
  2. E cosa rende maggiormente gloria a Dio: il rispetto del riposo sabbatico o la guarigione di un suo figlio?

E nel contempo ci fa vedere anche CHE IL CUORE DELL’UOMO È OTTUSO E MALVAGIO, SOPRATTUTTO QUANDO SI APPELLA ALLA FEDE E ALLA RELIGIONE.

E il brano ci mostra che GESÙ È L’UNICO CHE METTE IL MALATO AL CENTRO DELLA PROPRIA ATTENZIONE mentre questi discutibili credenti AL CENTRO METTONO LA NORMA.

DIMENTICANDO ANCORA UNA VOLTA CHE LA NORMA È FATTA PER L’UOMO E NON L’UOMO PER ESSERE ASSOGGETTATO ESCLUSIVAMENTE ALLA NORMA!

La saggezza popolare, che mai sbaglia, continua a raccontare all’uomo di tutti i tempi che “…il poter fare il bene non tiene mai conto del calendario”.

Ed è la grandiosa verità che ci viene narrata in questa pericope evangelica.

VUOL DIRE CHE CIÒ CHE HA VALORE MORALE DEVE ESSERE PRIMA DI CIÒ CHE È SOLTANTO RITUALE, PERCHÉ IL CUORE PRECEDE LA LEGGE.

Infatti bel ricordava un grande filosofo romano, Lucio Anneo Seneca «…ogni crudeltà nasce da durezza di cuore e debolezza».

E questo perché la cattiva volontà ci rende incapaci di vedere il bene. Chi vuole fare il male, fa di tutto per denigrare ed eliminare chi si oppone alla sua realizzazione.

Il fanatismo legalista conduce il cuore dell’uomo verso la grettezza di visuale che ci rattrista e impedisce ogni passo verso il bene.

E allora, Fratelli e Sorelle, stiamo bene attenti, noi discepoli del risorto, a non ripetere lo stesso errore. Ed a nasconderci dietro le nostre misere certezze umane, MA METTIAMO AL CENTRO SEMPRE L’UOMO, SEMPRE PRIMA DELLA NORMA, anche quando essa è pur giusta e pur doverosa.

Ma andiamo avanti nel testo.

Nel luogo dove gli Ebrei si radunavano e si riconoscevano come popolo nel celebrare il culto dei loro padri, la presenza di infermi, storpi, ciechi, era sotto il segno della tolleranza.

Era lo stesso Dio liberatore, quello venerato nel Tempio di Gerusalemme, dove uno stuolo di disperati giaceva presso i cinque portici della piscina di Betzatà (Gv 5,2-ss.).

E, premesso ciò, non siamo stupiti dal fatto che la santità di una sinagoga accogliesse un pover’uomo dalla mano inaridita, proprio in quel luogo ove si celebrava la magnificenza di Dio.

E le condizioni tristi di questo povero uomo, non era certo sfuggita al maestro di Nazareth: che aveva sempre a cuore e sempre si accorgeva di quest’umanità fragile e anonima, relegata ai margini di quella società del suo tempo di vita umana tra noi, e dei nostri tempi.

Quella mano era una provocazione, un’esca per vedere fino a che punto il divin Maestro avrebbe scavalcato la Legge per dare spazio all’Amore di Dio, sconosciuto di fatto, alla maggior parte degli scrivi, dei farisei e dei Dottori della Legge, nonché a gran parte dei Sacerdoti del Tempio.

Ma non dimentichiamo che in questo LA MANO RAPPRESENTA LA POSSIBILITÀ DI “FARE”. E nella tradizione simbolica di Israele È ANCHE QUELL’ORGANO CHE PERMETTE ALL’UOMO DI CONTINUARE L’OPERA DELLA CREAZIONE DI DIO.

Ecco perché Gesù entra in scena rimettendo in sesto l’uomo affinché possa essere ancora COLLABORATORE DI DIO.

Però a questa mano che si apre per poter continuare a collaborare con Dio, deve corrispondere un cuore che si apre, altrimenti c’è qualcosa che non funziona.

E Gesù non è lì solo per guarire l’uomo dalla mano rattrappita, ma soprattutto per guarire il cuore di coloro lo hanno di pietra.

E Gesù chiede all’uomo che aveva la mano essiccata, immagine di una mano che non può dare né prendere, di “…tendere la mano“.

L’azione di Gesù, ovviamente, È ALTAMENTE SIMBOLICA:

  • Guarire la mano dell’uomo che cammina sulle strade del tempo e della storia, che è ormai chiusa solo nel possesso e ormai mummificata dalla morte, perché venga RI-CREATA E ACCOLGA FINALMENTE E PIENAMENTE IL DONO DEL SABATO.

Dio pone al centro della sua azione il bene degli uomini, questo è lo straordinario messaggio della Parola di Dio.

La norma slitta al secondo posto, E AL PRIMO POSTO SALE LA GIOIA DELL’UOMO NELLA PIENEZZA DI DIO.

Gesù mette al centro l’uomo che soffre, e non abolisce il precetto, ma adegua la norma, sana e santa, al caso concreto.

Dio è felice se l’uomo si ricorda di essere figlio e dedica una giornata al riposo e alla festa.

Ma è ancora più felice se nel giorno della festa l’uomo viene restituito alla sua integrità fisica e morale!

Gesù, con questo miracolo, il più difficile che gli costerà la vita, COMPIE OGNI SUA RIVELAZIONE.

E Colui che vuol mondarci dalla lebbra È IL FIGLIO DELL’UOMO CHE PERDONA E CI DONA LA FORZA PER SEGUIRLO.

È Colui che mangia con i peccatori e si dichiara MEDICO e SPOSO.

È Colui che fa il dono del sabato e guarisce la mano per riceverlo.

ED È COLUI CHE FINIRÀ IN CROCE CARICANDO SULLE SUE SPALLE, LA NOSTRA LEBBRA, IL NOSTRO PECCATO, LA NOSTRA PARALISI, IL NOSTRO DIGIUNO, IL NOSTRO SILENZIO E TUTTA LA DUREZZA DEL NOSTRO VECCHIO CUORE DI PIETRA.

Diceva con grande sapienza Don Primo Mazzolari, grande testimone del XIX’ secolo “…creandomi Dio si è creato un giudice”. Come sono vere queste parole.

E il brano odierno è una triste conferma di come l’uomo sappia con estrema facilità giudicare e condannare.

Tutta la vita del “Figlio di Dio” e del “Figlio dell’uomo” è stata un processo, una sentenza già scritta ancor prima di essere pronunciata. Noi uomini siamo molto abili in questo, lo sappiamo bene.

Ed è vero che il giudizio nasce nel cuore, ma noi sappiamo bene che si rivela nello sguardo. “…e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo”.

Certi NOSTRI sguardi uccidono, perché esprimono una condanna.

L’UOMO, per sua natura non osserva mai per capire, per scorgere il bene, ma osserva SEMPRE per trovare un pretesto, una conferma ad una condanna già scritta nel cuore.

E Gesù è indignato per la durezza del loro e del nostro cuore.

A nulla è servito accettare la sfida dei suoi avversari, distoglierli dalla loro visione gretta e mortificante.

Neanche l’evidenza del miracolo è servita a rinverdire la loro fede, né parimenti a rinverdire tutto ciò che in loro era diventato sterile e arido, più arido della mano di quell’uomo.

Spesso il male ha una durezza ed irremovibilità davvero incredibile, che scatena l’odio e la più cieca e abietta avversione. Infatti «…i farisei uscirono subito con gli erodiàni e tennero consiglio contro di lui per farlo morire».

Sempre dobbiamo ricordarci che, in ogni uomo che soffre, c’è un fratello che ha bisogno di aiuto ed ha bisogno di essere difeso E NON IL PRETESTO PER APPLICARE PEDISSEQUAMENTE UNA NORMA, PUR BUONA, PER DIMOSTRARE CHE PREVALE LA NOSTRA IDEA DI RELIGIOSITA’.

Perché AMARE, Fratelli e Sorelle, significa ricordare CHE LE PERSONE VALGONO SEMPRE QUELL’ECCEZIONE CHE CONFERMA E NON ANNULLA LA REGOLA. 

Perché alla fine SAREMO GIUDICATI SOLO SULL’AMORE. E NON SUL RISPETTO FORMALE DELLA LEGGE.

Perché l’amore che ci viene da Dio ci guida a quell’unica Legge suprema, che Gesù ci ha lasciato nel comandamento nuovo «…che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato» (Gv 13,34).

L’AMORE È SEMPRE UNA QUESTIONE DI ECCEZIONE E NON DI SEMPLICE APPLICAZIONE DI UNA LEGGE. Ripeto: se pur giusta.

Un figlio vuole essere amato non per giustizia distributiva (uguale a tutti), MA DI UN AMORE PREFERENZIALE, COME SE FOSSE L’UNICO, COME SE AVESSE DIRITTO A UN’ECCEZIONE.

SANT’AGOSTINO, Vescovo di Ippona, nella sua Esposizione sul Salmo 91 (Salmo del cantico, per il giorno di Sabato, al n.2) dice «…Chi ha la coscienza in pace, è tranquillo, e questa stessa tranquillità è il sabato del cuore».

E tra le lacrime vi dico che in Gesù, IL SABATO SI APRE GIÀ AL DONO DELLA DOMENICA DI RISURREZIONE.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!