18 agosto 2024 DOMENICA 20’ P.A.  B – GIOVANNI 6,51-58 “la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”

 

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 6,51-58

+ In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».  Parola del Signore

Mediti…AMO

Comprendere la vita di Gesù ma anche Gesù stesso, è sempre  una opera ardua.

Ancor meno lo è in questo capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, la cui lettura volge al termine dopo un mese di faticosa comprensione delle affermazioni che lo stesso Giovanni mette in bocca a Gesù, a seguito della moltiplicazione dei pani e dei pesci per i cinquemila, nel deserto.

Altre folle, ben più numerose, erano state sfamate nel deserto, nel corso della storia d’Israele, quando Dio, attraverso l’intercessione di Mosè, aveva dato “ai padri” la manna, un pane disceso dal cielo.

Nonostante avessero potuto mangiare questo pane divino, magari ritenendolo fonte d’immortalità, i padri del popolo d’Israele morirono comunque, e soprattutto la maggior parte di essi non entrò neppure nella terra promessa, per cui alla fine la manna ha liberato il popolo dalla fame nel deserto, ma non ha inciso radicalmente nella vita degli israeliti.

La loro esistenza non è stata “piena”, perché si è conclusa con la morte.

La pienezza di vita (la vita eterna) di cui ci parla più volte il vangelo, non va confusa con l’immortalità, né tanto meno con la vita futura, dataci come premio nella misura in cui mangiamo il Corpo di Cristo e beviamo il suo Sangue: sarebbe troppo facile conquistare l’accesso all’eternità con una quantità sempre maggiore di partecipazione alle Comunioni Eucaristiche.

La vita eterna di cui ci parla Giovanni è qualcosa di più, che si sperimenta già nella nostra vita presente, nella vita di ogni giorno, MA SOLO SE LA SAPPIAMO GUARDARE CON GLI OCCHI DI DIO.

Se ragionassimo in maniera puramente umana, la “VITA ETERNA” coinciderebbe per noi con l’immortalità (è così fin dal peccato originale, commesso perché volevamo diventare immortali come Dio), oppure con la vita che va oltre la morte, con l’eternità, con una vita “altra”, priva della dimensione corporea, che continuerebbe al di là della morte.

Dio però ragiona in maniera diversa.

Gesù, nel vangelo di Giovanni, parla a più riprese, e in molte occasioni, di vita eterna, non nel senso di una vita immortale o capace di andare oltre la morte, ma nel senso di “vita piena”, “vita in pienezza”, “vita in abbondanza” come dice nel discorso del Buon Pastore (al capitolo 10).

E che cos’è questa “vita in abbondanza“, se non il rimanere uniti a LUI, il Buon Pastore, da cui avremo vita in abbondanza.

Ma solo se rimarremo uniti a Lui come il tralcio alla vite, solo se daremo frutti abbondanti; solo se saremo una sola cosa con lui e con il Padre.

Perché solo così, vedendo la nostra testimonianza e la nostra Fede, il mondo crederà e sarà salvato.

Ma non basta…. oggi Gesù si spinge ancor più in là: per rimanere in Lui, bisogna “mangiare la sua carne e bere il suo sangue”., e ci rende edotti che noi siamo il Popolo di Dio adunato nel Nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo, per essere nutrito dalla PAROLA DI DIO e invitato alla Sua Mensa EUCARISTICA.

È importante il tema del “mangiare”, perché in natura, non ci può essere vita senza nutrimento.

Il cibo, di origine -vegetale o animale, che sia-, di cui ci nutriamo, è stato vivente prima di essere consumato per mantenere in vita un altro essere, cioè noi.

E, nel Vangelo di Giovanni, Gesù affronta questa condizione fondamentale per la nostra esistenza umana: DOBBIAMO NUTRIRCI DI LUI STESSO, DELLA SUA CARNE E DEL SUO SANGUE, SE VOGLIAMO COMINCIARE A CONOSCERE LA PIENEZZA DELLA VITA.

Grazie a questa nuova prospettiva, noi vivremo per sempre: perché il cibo che Egli ci dona, è diverso, così come diversa è la vita che esso ci conferisce.

Ed è un cibo che ha, sul credente, un effetto immediato (“ha la vita eterna”) ma contiene, nello stesso tempo, la promessa per un futuro immortale (“e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”).

Quando ci nutriamo del cibo naturale, siamo integrati nel ciclo biologico.

Ma se ci nutriamo “del pane del cielo”; per mezzo della trasformazione delle leggi biologiche, riceviamo la vita divina, venendo introdotti direttamente nella vita stessa di Dio.

Come ciò che mangiamo e beviamo, assimilato, diventa parte di noi, così, ricevendo nel Sacramento la Carne e il Sangue di Cristo, veniamo “incorporati” in Lui.

Ma attenzione!

Questo DONO non finisce qui!

Ma questo questo dono comporta una IMMENSA RESPONSABILITÀ, che è quella DI FARCI A NOSTRA VOLTA DONO PER GLI ALTRI.

Non dimentichiamo che il discorso del pane di vita del capitolo 6 di Giovanni sostituisce il racconto dell’Istituzione dell’Eucaristia nell’Ultima Cena, della quale diviene un complemento.

Nell’Ultima Cena narrata da Giovanni, infatti, Gesù istituì un altro sacramento, quello dell’amore e del servizio, attraverso il gesto della lavanda dei piedi.

Assimilarsi a Lui mangiando il suo Corpo e bevendo il suo Sangue, allora, significa assimilarsi a Lui anche nella dimensione dell’amore e del servizio: la responsabilità e l’impegno che derivano dal fare la Comunione ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia non sono, quindi, cosa di poco conto.

Perché l’Eucaristia richiede che, subito dopo, ci si metta a servizio degli altri, rispettandoli, e facendoci carico delle loro necessità, condividendo con tutti, specialmente con i più poveri, il pane di ogni giorno.

ALTRIMENTI, FARE LA COMUNIONE ANCHE FREQUENTEMENTE RISCHIA DI LASCIARE IN NOI IL TEMPO CHE TROVA…. MA DI CERTO, NON CI RENDE UNA SOLA COSA CON LUI.

Ragioniamoci sopra

Pax et Bonum tibi, frater in Christo!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!